HANNO FESTEGGIATO LA DIMISSIONE DALL’OSPEDALE CON UNA BELLA NUOTATA
Carlo era reduce da un intervento chirurgico per eliminare un amo conficcato nello stomaco; Angelo era guarito da un’infezione agli occhi e da una spettacolare indigestione; le piccole Malù, Agnese e Penny avevano semplicemente preso troppo freddo, tanto da arenarsi senza forza sulle spiagge adriatiche, e avevano quindi passato i primi mesi dell’anno a riprendersi in una speciale vasca riscaldata. Il 18 aprile volontari e ricercatori della Fondazione Cetacea (www.fondazionecetacea.org) a bordo di una vedetta della Guardia di Finanza hanno restituito loro la libertà.
Sono le prime pazienti dell’Ospedale delle Tartarughe di Riccione a rivedere il mare quest’anno; un’altra dozzina attende nelle vasche del Delphinarium di ristabilirsi completamente prima di tornare a nuotare in Adriatico. È dal 1986 che la Fondazione Cetacea si occupa del recupero, della riabilitazione e della ricerca sulle tartarughe mediterranee. Perché le tartarughe, in Adriatico, sono di casa.
Sono soprattutto giovani, intorno a una quarantina di centimetri di carapace che corrispondono indicativamente a 10-15 anni di età; in questo mare sorprendente non mancano gli adulti – come dimostra “Briciola”, un colosso di 99 chilogrammi paziente temporaneo dell’Ospedale – e nemmeno i cuccioli: all’inizio di quest’anno ben due tartarughini sono stati recuperati dalle spiagge adriatiche.
Ed è questa la vera sorpresa: non se n’erano mai visti prima. “La loro presenza così a nord apre una serie di interrogativi” ci spiega Marco Affronte di Fondazione Cetacea. “Non si conoscono aree di deposizione in Adriatico. Quindi a meno che non ci siano state delle deposizioni in Puglia o in Molise – ma il gioco delle correnti adriatiche porterebbe a escluderlo, visto che corrono verso sud – i piccoli sono arrivati qui dalla Grecia, cioè dopo un viaggio di 850 chilometri in linea d’aria. Molti di più considerando il gioco delle correnti. Un viaggio straordinario per animali così piccoli”.
Misteri delle tartarughe, che noi conosciamo solo in piccola parte. Per scoprire da dove vengano e dove vadano Fondazione Cetacea in collaborazione con il CNR di Firenze e il CTS, il 16 dicembre scorso, avevano rilasciato una tartaruga equipaggiata con una sonda satellitare che ha consentito di seguire gli spostamenti dell’animale per l’Adriatico (la cartina con i suoi spostamenti su www.sea- stories.net/avvist2003.html). La sonda purtroppo per un malfunzionamento è andata perduta con il suo carico di preziosissimi dati scientifici. Il mistero rimane.
Sono tre le specie di tartaruga marina presenti in Mediterraneo: quella più comune – o meglio, la meno rara – Caretta caretta; assai meno numerose sono la tartaruga verde, Chelonia mydas, confinata a poche spiagge dell’estremo bacino orientale, e la gigantesca tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), visitatrice passeggera proveniente forse dalle coste della Guyana francese, dove ritorna dopo un periodo passato da noi in mare aperto.
Più piccola rispetto alle conspecifiche di altri mari (eccezionalmente arriva al metro per massimo 140 chilogrammi di peso, e ancor più piccole sono le tartarughe di Cipro, le più minute al mondo), la Caretta è onnivora: pesci, crostacei, molluschi, meduse, ricci e persino animali morti, purché non decomposti, fanno parte della sua dieta. È di bocca buona, insomma, ma ciò rende la Caretta caretta assai sensibile all’inquinamento: nei loro stomaci è stato trovato di tutto: dalle buste di plastica, assai simili alle meduse, a tappi, preservativi, bambole, portachiavi, bottoni, penne Biro e posate di plastica.
Dal punto di vista delle tartarughe il Mediterraneo è diviso nettamente in due bacini: quello occidentale, dove si trovano soprattutto esemplari giovani e di provenienza atlantica, e il bacino orientale dove, probabilmente grazie anche alle temperature più elevate dell’acqua, si registra la maggiore concentrazione di animali pronti alla riproduzione. Con le sole eccezioni dell’Adriatico e dell’Egeo settentrionale, quasi ovunque lungo le coste sabbiose orientali si trovano nidi: in Grecia, soprattutto, come in Turchia e a Cipro. L’Italia costituisce una barriera oltre la quale le tartarughe gravide raramente si spingono. Pochissime scelgono le nostre spiagge per la deposizione. Andava certamente meglio anche solo un quarto di secolo fa, quando molte delle spiagge siciliane e calabresi offrivano ancora tranquillità a questi rettili, ma tutto sommato il nostro paese non è mai stato frequentatissimo.
Qual è insomma la situazione delle tartarughe in Mediterraneo? Impossibile fare una stima del numero di animali presenti nel nostro mare. Il numero di nidi indica che quella mediterranea è una delle popolazioni di Caretta più numerose al mondo; ma si tratta pur sempre di cifre assai contenute. Ovunque il numero di nidi è in declino, di pari passo con lo sviluppo del turismo; di contro il numero di tartarughe che finisce incidentalmente nelle reti sia a strascico sia da posta e nei palangaresi rimane sempre troppo elevato.
La Caretta caretta pare costituisca nel nostro mare una popolazione geneticamente quasi del tutto isolata; giovani tartarughe provenienti dall’Atlantico trascorrono diversi anni tra le Baleari e il mare di Alboran ma poi ritornano nel loro oceano e solo lì si riproducono. I due gruppi, se pure si incontrano, non si accoppiano.
Così il prestigio del marchio “Mediterraneo DOC” porta con sé un notevole elemento di rischio: questi animali possono contare esclusivamente sulle proprie forze per sopravvivere. Assediate dall’uomo e minacciate da reti e palangari, inquinamento e indifferenza e incapaci di affrontare con elasticità i rapidi cambiamenti impressi dall’uomo sull’ambiente, le tartarughe marine hanno bisogno di una mano per superare indenni il prossimo secolo.
Perché siamo di fronte a una specie longeva e gli effetti di ciò che sta accadendo oggi li vedremo solo tra una decina di anni. Fondamentale quindi un programma efficace di protezione e, perché le misure di conservazioni siano efficaci, che sia comune a tutti i paesi rivieraschi.
COSA FARE IN CASO DI AVVISTAMENTO
L’avvistamento di una o più tartarughe vive e in buone condizioni di salute è di solito associato all’abitudine che hanno questi rettili di fare dei bagni di sole. Sostare a lungo in superficie permette loro di scaldarsi (e aumentare quindi il metabolismo) e di attivare la vitamina D coinvolta nei fattori di crescita e di calcificazione. Normalmente gli avvistamenti avvengono in condizioni di mare calmo o quasi calmo e non è insolito avvistare gruppi di tartarughe che si spostano portate dalla corrente, tutte nella stessa direzione, in mezzo a detriti galleggianti. Se avete la fortuna di incontrare una tartaruga in mare, rallentate la velocità dell’imbarcazione. Nella maggioranza dei casi l’avvicinamento provoca una reazione di fuga: la tartaruga si immerge rapidamente in verticale. Se doveste invece trovare una tartaruga spiaggiata o in difficoltà chiamate immediatamente il centralino della Fondazione Cetacea, Onde dal Mare: 0541 691557.
La Fondazione, nata cinque anni fa, è il referente per le tartarughe di Osservatorio Mediterraneo, una campagna di raccolta di avvistamenti di squali, cetacei, tartarughe e foca monaca. Maggiori informazioni su www.sea-stories.net.
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