Un serio pericolo minaccia il Mediterraneo
Segnala la presenza di meduse
Non più solo i bagnanti: anche gli scienziati tengono ora sotto controllo le meduse. Un problema – soprattutto quello della Pelagia, la medusa rosata dai lunghi filamenti, la più urticante di tutte le specie mediterranee – che ciclicamente assume dimensioni di piaga biblica. Come negli ultimi anni quando, trasportata da vento e correnti, ha riempito baie e coste di Spagna, Sicilia e Sardegna colpendo migliaia di bagnanti. Un problema mondiale: dal Giappone all’Africa, dall’Alaska all’Australia, ovunque si registrano invasioni di meduse. Per i turisti è un fastidio, per il mare è un problema e per gli scienziati un chiaro segnale che l’ecosistema sta cambiando molto rapidamente.
Cosa sta succedendo
– Questi invasioni non sono una novità: ciclicamente la diverse specie di meduse si avvicinano in quantità notevoli lungo le coste, secondo un ritmo naturale proprio di ogni specie. Il ciclo della Pelagia (dodici anni circa) sembra però essere saltato: ora è presente in Mediterraneo anno dopo anno, in tutte le stagioni e in assembramenti sempre più densi. È la risposta delle meduse a ottime – per loro – condizioni ambientali: il cambiamento di clima, che rende il mare più caldo e salato, e la pesca intensiva che ha svuotato il Mediterraneo e ridotto drasticamente i loro predatori e concorrenti nella ricerca del cibo. Condizioni ideali per questi animali molto semplici, adattabili e, spesso, dal ritmo di riproduzione prodigioso. È questo il segreto delle meduse, dominatrici degli oceani fino a 500 milioni di anni fa, quando comparvero i pesci. Con la sparizione dei pesci e la proliferazione delle meduse sembra quasi di assistere a un’involuzione dei mari.
Quali conseguenze
– L’aumento delle meduse può avere gravi ripercussioni sull’economia: in Spagna gli scorsi anni sono state molte le spiagge chiuse e decine di migliaia i turisti trattati per le ustioni. Ma è notevole anche l’impatto sulla pesca: le meduse sono dei veri predatori di vertice poiché si cibano dei loro stessi predatori, quando sono larve o semplici uova: e se pensiamo che ogni piccola Aurelia aurita può consumare dieci piccoli pesci l’ora, è facile capire come legioni di meduse proliferate oltre controllo possano contribuire a decimare stock di pesce già in sofferenza per la pesca intensiva, assicurandosi un futuro sempre meno pericoloso. Com’è successo nel Mar Nero, quando una specie “esotica”, introdotta a causa del traffico marittimo, in assenza di predatori si è riprodotta a dismisura portando al collasso gli stock di acciughe.
Perché sono urticanti
– Corti e tozzi come nella medusa polmone o lunghi e sottili come quelli della Pelagia, i tentacoli sono una batteria di “dita” sensibilissime, robuste e soprattutto armate, pronte a scatenare una reazione immediata appena entrano in contatto con preda o nemico. È sufficiente infatti sfiorare anche un solo tentacolo perché da esso vengano sparati migliaia di “ramponcini” pieni di veleno: gli uncini penetrano nel suo corpo e si piegano, impedendogli di scivolar via. Dalle pareti comincia quindi a fuoriuscire un veleno, spesso specializzato per il tipo di preda preferito dell’animale. Quest’arma formidabile è non solo molto efficiente, ma anche estremamente selettiva, poiché è in grado di capire se l’oggetto sfiorato è un frammento inorganico e indigesto, una preda o un predatore. Il muco che li riveste, poi, fa sì che i tentacoli si “riconoscano” a vicenda, evitando di arpionarsi l’uno con l’altro.
Cosa fare in caso di puntura
– È importante non strofinare la parte per evitare ulteriori ustioni da parte di tentacoli non ancora “esplosi”. Sciacquate quindi solo con acqua di mare. Il ghiaccio dona sollievo ma, poiché l’acqua dolce potrebbe innescare i tentacoli, è necessario inserirlo in una busta di plastica.
Contribuisci alla ricerca: invia la tua segnalazione! Fernando Boero, dell’Università di Lecce, sta seguendo sin dal 1978 la situazione nelle acque italiane. Con il progetto “Occhio alla Medusa!”, in collaborazione con il Consima e Marevivo, chiede oggi ai diportisti di segnalare la presenza di qualunque medusa o assembramento massiccio di plancton lungo le coste italiane. I dati italiani confluiranno in un progetto, il CIESM Jellyfish watch, che fornirà una fotografia attuale della situazione in tutto il Mediterraneo. Gli animali da segnalare sono la Pelagia, ma anche altre meduse come la diafana Aurelia, la bianca medusa polmone, la verde Cothyloriza, oltre che animali come le salpe (organismi trasparenti che spesso formano delle lunghe catene), le Velelle (le barchette di San Pietro, con la loro caratteristica vela triangolare che spunta dall’acqua) e la nuova arrivata caravella portoghese, già segnalata in Sicilia.
Gli avvistamenti, corredati se possibile di fotografia, andranno inviati per email a boero@unisalento.it indicando anche la data di osservazione, il nome dell’animale (da identificare grazie al poster pubblicato su questa pagina o disponibile sul sito www.ciesm.org) e la zona di osservazione; se si trattava di individui in file longitudinali, in chiazze o individui piaggiati e la distanza approssimativa fra gli individui (10 cm, meno di 1m, 2m, 5m, 20, più di 20m). Ogni segnalazione è importante, quindi… Occhio alla medusa!
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