Sommario
ANALISI DEL DNA E SORVEGLIANZA SATELLITARE:
è con questi strumenti che si cercherà di tenere sotto controllo la caccia alla balena. Nonostante la Commissione Baleniera Internazionale (IWC) abbia stabilito da anni la moratoria alla caccia ai grandi cetacei, alcune nazioni al suo interno hanno continuato a perseguitarle con il pretesto della ricerca scientifica. La carne delle balene catturate viene poi venduta; ma l’analisi genetica ha dimostrato che in molti casi apparteneva a specie rigorosamente protette. il Piano di Gestione per i Cetacei che verrà presentato alla 54a riunione della Commissione Baleniera Internazionale (IWC) prevede il rafforzamento di questo tipo di controllo, per smascherare le catture illegali. “Il piano prevede diversi aspetti” chiarisce Giuseppe Notarbartolo di Sciara, presidente di Icram (Istituto Centrale di Ricerca Applicata al Mare). “Oltre all’analisi genetica della carne è previsto il controllo via satellite delle navi baleniere e l’adozione del Revised Management Procedure, una formula matematica estremamente conservativa per calcolare le quote di balene cacciabili senza rischio per le popolazioni. In questo modo, le attività delle nazioni baleniere verrebbero attentamente monitorate e dovrebbe essere maggiormente assicurata la tutela dei cetacei.”Il pericolo però è che sotto le pressioni di Giappone e Norvegia, che in passato si sospetta abbiano promesso aiuti economici alle nazioni che in seno alla Commissione li avessero appoggiati, alla riunione annuale, passi invece un Piano più “morbido”.
NAVI DI 300 METRI SOLCHERANNO LE AUTOSTRADE DEL MEDITERRANEO.
E’ un progetto di cui si parla da anni: sviluppare il traffico marittimo per alleggerire il trasporto merci su gomma. Ma con la firma dei ministri dei Trasporti di Italia, Spagna e Francia il progetto sembra essere prossimo a diventare realtà. Anziché intasare le autostrade, e rendere la circolazione più pericolosa, i TIR viaggeranno nel prossimo futuro su navi lunghe 300 metri. Entro la fine di maggio verrà presentato il documento conclusivo. “All’Italia”, spiega il ministro Lunardi, che ha firmato l’accordo sotto lo sguardo del Presidente della Repubblica Ciampi “toccherà occuparsi delle linee marittime e della tipologia di navi da utilizzare, alla Spagna il compito di sviluppare la logistica e le infrastrutture portuali, alla Francia tutta la materia amministrativa, fiscale e di incentivi”. Per incoraggiare l’uso delle “autostrade del mare” gli esperti pensano di aumentare le tariffe autostradali dei TIR, offrendo allo stesso tempo aiuti fiscali sia agli autotrasportatori che decideranno di utilizzare i nuovi servizi sia agli armatori che invieranno navi appositamente progettate per questo scopo. “Si tratta di navi a doppio scafo”, dice Lunardi, “sicurissime ed ecologiche, un settore nel quale l’Italia è al primo posto in Europa”.
EL NIÑO AI TEMPI DEI CORSARI.
Tra le pagine dei diari di bordo dei galeoni, i climatologi cercano le tracce della presenza e della frequenza tra il ‘500 e il ‘700 del famigerato El Niño, l’anomalia nella circolazione delle correnti marine e atmosferiche nel Pacifico che ha ripercussioni climatiche in tutto il mondo. E hanno scoperto che in quel periodo una variabilità meteorologica in quell’oceano ben più pronunciata di quanto lo sarebbe poi stata nei due secoli successivi. I dati sono stati estratti grazie ai tempi di viaggio dei galeoni che da Acapulco (Messico) trasportavano argento, denaro, missionari, soldati e passeggeri a Manila, nelle Filippine. Dopo aver lasciato Acapulco, di solito verso la seconda metà di marzo, le navi scendevano sino al 12° parallelo Nord per agganciare gli alisei e quindi compiere nel giro di tre mesi la traversata. I ricercatori spagnoli e americani hanno ricostruito circa 150 viaggi di navi con caratteristiche simili nel periodo 1591- 1802 e hanno notato che verso la metà del Settecento la media di percorrenza era salita di oltre 40 giorni. La causa sembra essere legata quasi esclusivamente al monsone estivo del Pacifico occidentale; assai maggiore, nei viaggi lunghi, anche la frequenza dei tifoni.
LA BWA PER LO STUDIO E LA SALVAGUARDIA DEI DELFINI.
L’azienda produttrice di battelli pneumatici ha scelto di contribuire alla tutela del mare sostenendo il Progetto Delfino Costiero, un programma nazionale promosso dal CTS. Una flotta di battelli pneumatici BWA con potenti motori fuoribordo a basso impatto ambientale, per silenziosità e contenimento di emissioni inquinanti, è stata messa a disposizione dei ricercatori nei due centri di ricerca di Caprera e Lampedusa, per il loro lavoro di osservazione in mare. Obiettivo: verificare la presenza, la consistenza numerica, la distribuzione, il comportamento e lo stato di salute del tursiope nelle acque costiere.
UN’INVASIONE DI MEDUSE. FOSSILI!
Sono composte per il 98% di acqua e non hanno parti scheletriche: quando le meduse finiscono sulla spiaggia si dissolvono nel giro di poco tempo senza lasciare praticamente traccia. Immaginate quindi la sorpresa dei ricercatori del California Institute of Technology quando si sono imbattuti in un vero esercito di migliaia di meduse fossili, alcune di oltre un metro di diametro, nelle rocce del Wisconsin! Una mareggiata o una burrasca devono averle ammassate in una laguna e fatte spiaggiare; nel giro di pochissimo tempo una marea più alta del solito o una tempesta di sabbia le deve aver poi ricoperte, isolandole dagli elementi che le avrebbero fatte decomporre, dando così avvio al processo di fossilizzazione. Nella sabbia trasformata in roccia è rimasta impressa anche l’azione delle onde sul fondale, un elemento che permetterà di risalire all’ambiente in cui vivevano.
UNO TSUNAMI IN LABORATORIO.
Sarà una vasca in grado di ricreare onde gigantesche, quella progettata da Stephan Grilli dell’Univrsità del Maryland per simulare gli effetti delle valanghe sottomarine provocate dai maremoti. Sono questi a innescare la reazione a catena che dà vita alle gigantesche onde anomale, gli tsunami. “In mare aperto queste onde sono alte poche decine di centimetri, una barca nemmeno se ne accorgerebbe” spiega Grilli. “Ma non appena arriva su fondali bassi l’onda si impenna e può raggiungere altezze di 15, 18 metri”. I maremoti innescano spesso delle valanghe sottomarine che contribuiscono alla formazione degli tsunami: anche maremoti di modesta entità, in zone di fondali particolari, possano dare vita a onde di dimensioni mostruose. Sono probabilmente migliaia gli tsunami che ogni anno percorrono gli oceani del mondo, soprattutto il Pacifico, anche se fortunatamente di dimensioni troppo contenute perché vengano rilevati. Statisticamente però, ogni dieci anni, due o tre di essi provocano stragi e devastazioni: l’ultimo in ordine di tempo, nel 1998, ha colpito la Papua Nuova Guinea uccidendo duemila persone. “I maremoti che ci preoccupano sono soprattutto quelli che nascono in acque basse costiere, perché gli tsunami si abbattono rapidamente sulla costa senza preavviso. Quando colpiscono zone basse e pianeggianti, le onde possono spingersi molto all’interno e provocare devastazioni in zone vastissime” aggiunge Grilli. Il suo modello di previsione degli tsunami, per il quale sono stati stanziati oltre 200.000 dollari, sarà pronto nell’autunno del 2003. Sulla base dei suoi risultati sarà possibile rilevare le aree a rischio e attuare dei piani di emergenza ed evacuazione.
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