Sommario
È ALLARME PESCA NEI MARI ITALIANI.
Dirottare un terzo dei finanziamenti europei verso metodi di pesca e strumenti più sostenibili, anziché ammodernare o costruire nuove barche da pesca: altrimenti tra dieci anni le nostre reti saranno drammaticamente vuote, con gravi ripercussioni per l’industria ittica, al sesto posto in Europa, e per l’ambiente. E’ il grido d’allarme lanciato dal WWF con la campagna europea: “Pesci e pescatori: due specie a rischio”. E il 2002 è un anno cruciale: entro dicembre l’Europa dovrà rivedere la sua Politica Comunitaria sulla Pesca e riformare l’intero settore. “L’Italia è uno dei 5 paesi contrari a questa riforma, insieme a Francia, Spagna, Portogallo e Irlanda – ha dichiarato Fulco Pratesi, presidente WWF Italia. Per salvare pesci e pescatori il WWF ha anche proposto un Decalogo per la Pesca: tra le misure suggerite la creazione di Distretti di Pesca in tutte le regioni italiane, l’istituzione di zone di protezione e di ripopolamento, l’installazione obbligatoria delle “Blue Box” (rilevatori di posizione satellitari) su tutti i pescherecci al di sopra dei dodici metri, la creazione di marchi di qualità e la valutazione di sostenibilità complessiva e dettagliata della spesa pubblica del settore. Il WWF sta promovendo questa azione in tutta Europa nei confronti dei ministri nazionali competenti. Ambasciatore d’eccezione per questa campagna: Enzo Maiorca.
APPARECCHIO ANTISQUALO PER I BAGNANTI.
Pesa mezzo chilo, costerà 240 dollari USA e promette di tenere lontani gli squali per almeno due ore. E’ lo Shark Shield, lo Scudo Antisqualo prodotto dall’australiana SeaChange per proteggere i nuotatori olimpici di Sydney 2000 e i pescatori di abalone e che verrà presto messo in vendita anche al pubblico. I test nelle acque dell’Australia meridionale e del Sud Africa, dove nuotano molte specie di elasmobranchi fra cui gli squali bianchi, hanno dimostrato che il campo elettrico emanato dall’apparecchio mantiene gli squali alla distanza di 2-3 metri da un nuotatore, mentre la versione per subacquei, più pesante e più potente, è capace di creare una “bolla di sicurezza” di 4-5 metri.
Lo Shark Shield emette un campo magnetico ben definito che interferisce con il sistema nervoso degli squali attraverso i recettori che essi portano sul muso. Così questi, avvicinandosi all’apparecchio avvertono all’inizio una sensazione di fastidio che va man mano aumentando via via che la distanza diminuisce, fino a trasformarsi in una serie di spasmi muscolari. Tanto insopportabili, assicurano i produttori, che lo squalo si allontana sin dalle prime sensazioni negative. Lo Shark Shield non ha effetti a lungo termine sugli squali né impatti negativi su altre creature marine o sugli uomini. L’azienda sta ora studiando un’unità più potente per creare delle zone di sicurezza intorno alle barche da diporto e persino per proteggere le spiagge. “Oltre al fattore sicurezza per i bagnanti, le unità di protezione per le spiagge consentirebbero di rimuovere le reti antisqualo attualmente utilizzate e che provocano la morte di una miriade di organismi marini, comprese specie protette come delfini, tartarughe e dugonghi” dichiara l’amministratore delegato della Sea Change Jerry Kleeman.
DAL MARE ANCORA NUOVE SPERANZE CONTRO IL CANCRO.
Umberto Veronesi e Filippo De Braud hanno presentato gli incoraggianti risultati di ET 743 nei malati di sarcoma dei tessuti molli, la forma di tumore che origina dal tessuto connettivo e di sostegno, come muscoli e cartilagini. La molecola è un alcaloide isolato da Ecteinascidia turbinata, un organismo che vive nelle lagune di mangrovie dei Caraibi. Su 150 malati trattati con il nuovo preparato di origine naturale, oltre la metà dei casi hanno mostrato l’arresto della progressione cancerosa. “Quella con ET 743 è una terapia relativamente poco tossica”, spiega De Braud, direttore della neocostituita Unità di farmacologia clinica dell’Ieo. “Ha effetti collaterali sul fegato e sul sangue, che però appaiono reversibili, e non provoca la perdita dei capelli. Si tratta insomma di una cura più umana, che lascia intravedere terapie in grado di cronicizzare la malattia, un obiettivo auspicabile e ora anche possibile”. Di sarcoma si ammala ogni anno in Italia un migliaio di persone, perlopiù sotto i cinquant’anni.
LA PRIMA CABINA TELE-FONICA SOTTOMARINA.
France Telecom ha messo a punto, in collaborazione con la società AMPHICOM, un dispositivo che ha consentito a un sommozzatore di effettuare una comunicazione telefonica sott’acqua. L’apparecchiatura assicura in ogni momento un collegamento chiaro tra un telefono fisso o mobile e la persona immersa, senza limitazioni di profondità. Il dispositivo comprende una boa di superficie dotata di trasmettitore telefonico GSM, che assicura la comunicazione bidirezionale con una stazione sottomarina. Collegata alla boa con un cavo, questa dispone di una tastiera telefonica, uno speciale boccaglio per parlare, una lampadina e un cicalino acustico per avvertire il sub dell’arrivo di una chiamata. Il dialogo tra gli interlocutori avviene grazie a un sistema d’ascolto sottomarino che funziona per conduzione ossea: basta serrare coi denti il boccaglio e azionare un interruttore perché l’onda sonora emessa dalla superficie attraversi il dispositivo. Le vibrazioni sonore si propagano fino all’orecchio attraverso la scatola cranica, che funziona come cassa di risonanza: in questo modo può percepire distintamente i suoni che gli giungono e parlare con la superficie in modalità bidirezionale. Con l’integrazione di una tastiera nel dispositivo, il sub può raggiungere, restando in immersione, qualunque interlocutore che si trova a terra sul telefono fisso o mobile, semplicemente componendo il suo numero. Questo telefono innovativo è destinato in particolare ai professionisti dei lavori sottomarini, migliorandone sensibilmente le condizioni di sicurezza. La sperimentazione è iniziata alla fine del 2000 ed entrerà nella fase d’industrializzazione alla fine del 2002; i ricercatori di France Telecom lavorano già per rendere i palombari completamente autonomi, eliminando il collegamento via cavo tra la boa e la stazione sottomarina. Si potrà allora utilizzare il telefono subacqueo per comunicare tra sommozzatori che operano nella stessa zona.
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