Per costruire una barca occorre molta pazienza e manualità

Oggi, vista la notevole evouzione tecnica dei materiali per la costruzione degli scafi, raramente in legno, anche i grandi appassionati e “pazienti” lasciano ai cantieri l’arduo compito della costruzione della propria imbarcazione.

Spesso per mare e nei porti incontriamo imbarcazioni costruite self made (in legno ma anche in materiali zincati) e quello che salta subito all’occhio è che sono poco armoniose e un po’ accroccate.

Per non incorrere in questo, coloro che si cimentano in questa ardua operazione e hanno esperienza nel settore, devono assolutamente sapere che la costruzione di una barca ha bisogno di cognizioni nautiche molto elevate e di un piano ben determinato con un kit in dotazione fornitissimo con istruzioni da seguire pedissecuamente (come nella pubblicità del 1965 nella quale si pubblicizzava un kit-fai da te per la costruzione della imbarcazione BOREA )

Gli Inglesi, che amano gli aforismi e i paradossi, ne hanno due su cui dovrebbe meditare a fondo chiunque si appresti ad acquistare una barca. Stando al primo la scelta della barca sarebbe, dopo quella della moglie, la più importante nella vita di un uomo. Il secondo sostiene, un pò cinicamente, che una barca regala solo due momenti felici, quello in cui la si compra e quello in cui la si vende.

Prendendo per buono quanto di vero c’è in essi mi limito a suggerire di dedicare alla scelta della barca molto tempo, indugiando con piacere in questa gradevole fase della propria vita nautica, informandosi a fondo, studiando, soppesando con cura tutte le possibili alternative. Seguendo questo consiglio otterrete un duplice risultato: la scelta sarà migliore e avrete prolungato il felice momento dell’acquisto, il tempo del sogno e del desiderio. Quello della vendita, ve ne accorgerete a suo tempo, tende a prolungarsi da solo malgrado i vostri sforzi in senso contrario.

La scelta della barca, già di per sé complessa, diventa ancora più impegnativa se siete orientati verso l’autocostruzione. In questo caso, prima di procedere, dovete sottoporre voi stessi ad un’accurata analisi (il termine non deve essere inteso in senso psichiatrico, per quanto alcuni vi diranno che è proprio questo ciò di cui avete bisogno).

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In primo luogo dovete chiedervi quali sono le vostre vere motivazioni. Occorre chiarire subito che la motivazione economica da sola non è sufficiente. Se vi costruite una barca perché non potete permettervene una già costruita partite con il piede sbagliato. È come decidere di andare da Milano a Roma in bicicletta anziché in macchina per risparmiare sulla benzina. È innegabile che si risparmia, ma forse non è quello il cuore della questione.

Un’altra motivazione valida ma non sufficiente è che il vostro desiderio si è orientato su una barca che non riuscite a trovare fra quelle prodotte in serie. Può succedere: la scelta tra le barche in commercio è diventata, malgrado le apparenze, relativamente limitata. C’è una grande omogeneizzazione nei prodotti offerti sul mercato ed è possibile che nessuno di essi susciti la vostra concupiscenza.

In questo caso fate bene a cercarvi una barca “su misura”: se una barca non viene concupita, se non vi “chiama”, non vi fa vibrare, non cambia il ritmo del vostro palpito cardiaco, è meglio non comprarla. Ma attenzione a costruirvi la barca di cui siete innamorati: passerà parecchio tempo prima che riusciate a veder materializzato l’oggetto del vostro amore e, se non siete maestri d’ascia, il risultato rischia di deludere le vostre aspettative.

Un passatempo piacevole

Nella sostanza l’unica motivazione realmente valida che dovete essere sicuri di avere è che sentite in voi il gusto della costruzione e considerate il farsi una barca un’attività piacevole, oltre che una stimolante avventura.

In altre parole la costruzione deve essere vista come un fine e non come un mezzo. Se è così fatelo e non resterete delusi, perché davvero costruirsi una barca è tutto ciò che vi aspettate: un divertimento, un modo intelligente ed originale di distaccarsi dallo stress della vita quotidiana, un’attività che impegna le vostre facoltà fisiche e intellettuali, un arricchimento culturale.

Superata la prima fase dell’analisi psicologica dovete valutare le vostre capacità e disponibilità di tempo e di spazio. Le capacita richieste per costruire una barca non sono, contrariamente a quanto si crede, straordinarie. Le tecniche moderne ed in particolare l’uso delle resine epossidiche associate al compensato marino perdonano molti errori ed imprecisioni: anche il più inesperto riuscirà a farsi una barca che galleggia e naviga. Sarà forse leggermente asimmetrica, si vedranno le colature della resina, i paglioli non combaceranno perfettamente, ma la barca, se realizzata fedelmente al progetto, sarà sicura quanto una costruita in serie.

Se la capacità può anche essere limitata gli ingredienti di cui invece dovete disporre in abbondanza sono la pazienza, la costanza e il tempo. Ho un criterio approssimativo per valutare il tempo di costruzione di una barca. Calcoliamo il valore indicativo della barca in base ai prezzi di barche di caratteristiche analoghe (per esempio una barca di 7 m può costare intorno ai 30 mila euro). Di questo prezzo possiamo considerare che il 60{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} è costituito da manodopera. Dividendo questo importo per un costo medio orario della manodopera (ipotizziamo 20 €/ora) otteniamo le ore di lavoro che un cantiere impiegherebbe per la costruzione.

Il dilettante deve moltiplicare questo numero almeno per 2; per ottenere i giorni di lavoro deve dividere le ore per 6, in quanto ben difficilmente il dilettante riesce a fare più di 6 ore di lavoro utile in un giorno (la costruzione deve restare un divertimento, mai diventare una schiavitù!).

Tornando alla barca di 7 metri il calcolo darebbe questo risultato:

€ 30.000 x 0.60: 20= 515 ore di lavoro per un cantiere;

ore 515 x 2 : 6 = 172 giorni, cioè circa un anno e mezzo dedicando tutti i week-ends alla costruzione.

Occorre segnalare che il tempo di costruzione varia non proporzionalmente alla lunghezza, ma in rapporto esponenziale ad essa, come d’altra parte anche il prezzo e il peso. Quindi mentre una barca di 7 metri costituisce già un impegno da non sottovalutare una barca di 3/4 metri può essere realizzata nell’arco di qualche fine settimana senza correre il rischio di soccombere alla noia o alla frustrazione a metà del percorso. Il consiglio quindi è sempre “start small!”, comincia dal piccolo.

Un’attività che si ha tendenza a non prendere in considerazione ma che può essere molto dispersiva e costosa in termini di tempo è la ricerca dei materiali. I fornitori di materiali per l’autocostruzione non sono moltissimi e spesso per un singolo dettaglio (per esempio la ferramenta del timone o il piede dell’albero) si perdono le giornate, rischiando magari di dover interrompere la lavorazione.

La scelta del kit

Sotto questo aspetto la scelta del kit, cioè della scatola di montaggio che include tutti i materiali per la costruzione, i pezzi in legno o compensato già pretagliati, alberi, attrezzatura velica e vele, semplifica di molto le cose. Il risparmio di tempo rispetto a una costruzione integrale può valutarsi fra il 15 e il 25{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}.

Se avete il tempo resta il problema dello spazio: in un articolo successivo analizzeremo qual’è il cantiere ideale, per il momento ci limitiamo ad osservare che lo spazio minimo richiesto è pari all’ingombro della barca finita aumentato di un metro per ogni lato. Lo spazio deve essere coperto ma non necessariamente riscaldato.

Una raccomandazione che nella sua ovvietà potrebbe sembrare quasi insultante, se non fosse per l’ampia casistica contraria, è che la barca una volta completata deve poter uscire dal cantiere possibilmente senza dover abbattere i muri o ridurre di nuovo la barca in pezzi.

È questo un esempio, forse il più banale, di come nell’autocostruzione sia sempre fondamentale pensare prima di fare. Uno strumento di lavoro indispensabile da tenere in prossimità del cantiere è una comoda poltrona, in cui sprofondare per meditare, contemplare, riflettere e programmare. A questa attività solo apparentemente improduttiva consiglio di dedicare almeno il 10{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} del tempo richiesto dalla realizzazione del progetto.

Una volta decisi al grande passo si tratta di iniziare. Le scelte da fare sono, nell’ordine:

  • materiale di costruzione
  • progetto
  • autocostruzione totale o parziale.

Il primo punto è talmente vasto da poter essere oggetto di interi volumi. La mia personale opinione, basata sull’esperienza e su colloqui con molti costruttori, è che per barche non superiori agli 8 metri la scelta del legno è per il dilettante una scelta quasi obbligata: il ferro e il ferrocemento non si prestano alle piccole dimensioni, l’alluminio richiede tecniche di lavorazione abbastanza sofisticate, quanto alla vetroresina, che con la tecnica del sandwich si presterebbe anche alla realizzazione di piccole unità, mi sembra che essa sia penalizzata dalla sgradevolezza del lavoro.

Tanto olio di gomito per la levigatura

L’aspetto meno piacevole, oltre che meno sano, dell’autocostruzione è la necessità di levigare accuratamente lo scafo per renderlo liscio e predisporlo a ricevere la vernice. La costruzione in compensato marino o legno non elimina completamente questo aspetto ma lo minimizza, e questo, se costruire, come non ci stancheremo di ripetere, deve essere un divertimento, ha il suo peso.

Il compensato marino è il materiale più semplice da lavorare: non richiede particolari conoscenze della tecnologia del legno, si taglia facilmente e soprattutto basta montare pochi pannelli perché il fasciame dello scafo sia completato. È quindi il materiale ideale per i principianti. Impone tuttavia un limite e cioè che consente di realizzare solo scafi con carena a spigolo.

È un limite più psicologico ed estetico che funzionale. Le qualità marine di una barca a spigolo possono essere identiche a quelle di una barca a carena tonda; addirittura, secondo quanto afferma il geniale ed anticonvenzionale progettista americano Bolger, barche con sezioni rettangolari, cioè a fiancate verticali, possono essere ottime barche e addirittura sotto molti aspetti funzionalmente superiori alle altre. Ma – cito Bolger – purtroppo è difficile convincere il pubblico che il comportamento che si apprezza in una certa barca è dovuto a caratteristiche così lontane sotto l’aspetto estetico dalle soluzioni convenzionali.

Per chi teme i commenti degli esperti da banchina quando la sua barca entra in porto e preferisce attenersi alla tradizionale carena tonda il legno offre varie tecniche costruttive, quali il clinker (fasciame sovrapposto), lo strip planking (strisce longitudinali incollate) o il legno modellato (strati diagonali incrociati sovrapposti e incollati). Nessuna di queste presenta difficoltà insormontabili, ma il tempo richiesto è assai maggiore rispetto alla costruzione in compensato a spigolo.

L’offerta di piani di costruzione di imbarcazioni è vastissima ed è difficile non trovare ciò che si cerca tra i cosiddetti “stock plans”. Si tratta di piani che i progettisti vendono “su catalogò’. Vengono offerti a prezzi relativamente modesti (da un minimo di 200€ fino a un massimo di 1400 €per barche di 6/7 metri), almeno in rapporto a quanto costerebbe un piano di costruzione realizzato “ad hoc”.

I cataloghi più completi si trovano negli Stati Uniti, dove l’autocostruzione ha diffusione e tradizioni superiori a quelle degli altri paesi. La rivista di riferimento per gli appassionati è “Wooden Boat“, nata da un piccolo gruppo di appassionati 20 anni fa e che oggi può contare su oltre 100.000 lettori.

Gli Americani sono specializzati in barche semplici, pratiche, che spesso uniscono la modernità delle soluzioni tecniche e dei materiali ad un intelligente richiamo alle ricche tradizioni nautiche del paese: troviamo così dei catboats, degli sharpies, dei dories rivisti in chiave moderna. Se, come quasi sempre accade, il progettista fa un buon lavoro, il risultato è di grande fascino ed efficacia.

In Inghilterra le riviste che, con minori tradizioni e diffusione, scelgono questo settore sono “Classic Boat” e, da poco tempo, “The Boatman”, pubblicato in Cornovaglia. L’Inghilterra è il regno delle barche “post-modernè’, più marcatamente fedeli alla tradizione, spesso pesanti, di linee tradizionali, di prestazioni mediocri ma confortevoli e marine. L’unico tributo che pagano alla modernità è l’adozione di tecniche costruttive aggiornate, che semplificano la costruzione e riducono drasticamente le esigenze di manutenzione.

Per chi sogna o desidera costruirsi lo yacht “de grand vagabondage océ aniquè’ (possibilmente in ferro, con attrezzature sovradimensionate e, dettagli fondamentali per conferire un carattere da “mari estremi”, gli scalini sull’albero e la cupoletta in plexiglass per la timoneria interna) il mercato migliore è la Francia e la rivista da leggere è “Loisirs nautiques”. La raffinata e patinata rivista bretone “Chasse-maré e” che con un pò di sussiego si autodefinisce rivista d’etnologia marittima, propone i piani e i kits di graziose piccole barche di aspetto molto tradizionale.

Sfogliando gli annunci pubblicitari di queste riviste si possono dunque trovare gli indirizzi dei progettisti e ordinare cataloghi in grado di soddisfare ogni gusto ed esigenza.

In Italia la scelta non è vasta e, salvo qualche eccezione, solo recentemente gli architetti hanno iniziato a curare questo campo che viene giudicato poco remunerativo. Nel riquadro potete trovare gli indirizzi utili per chi ricerca progetti commercializzati in Italia.

In genere acquistando da catalogo i piani di architetti noti non si corrono rischi quanto alla qualità della barca: si tratta per lo più di barche sperimentate e prodotte in vari esemplari. Per contro la qualità, la presentazione pratica, il grado di dettaglio del progetto possono essere molto diversi e sono del tutto indipendenti dal prezzo. È bene assicurarsi prima dell’acquisto che si tratti di piani espressamente studiati per l’autocostruzione.

Solo questi infatti indicano nel dettaglio i dimensionamenti di tutti gli elementi della costruzione. Ancor più importante per chi non è esperto nel “tracciato” (cioè nel ricavare dalle linee d’acqua della barca le forme del fasciame trasferendole sul foglio di compensato) e che i disegni diano lo sviluppo in piano dei pannelli del fasciame.

Nei disegni in lingua inglese in questo tipo di piani viene annotato “no lofting required” (non è necessario tracciare). Alcuni piani forniscono anche le sezioni in scala 1:1. Questo è molto utile per barche a carena tonda; per barche a spigolo i disegni in scala 1:10 (o, in America, più frequentemente 1:12, in cui ad un pollice corrisponde un piede) sono generalmente sufficienti per poter tracciare con precisione le forme delle paratie.

L’ordine dei piani è il primo passo, indispensabile e ancora non irreversibile, per iniziare l’avventura dell’autocostruzione. Quando lo si riceve è il momento di usare la poltrona di cui si è detto: sedetevi e studiatelo con calma, interiorizzatelo; aiutatevi con la lettura di uno o più manuali. Se il piano è in inglese armatevi di un buon dizionario tecnico. Se le misure sono in piedi, pollici o ottavi di pollice (è il caso dei piani americani, gli inglesi, sia pure controvoglia, indicano generalmente sui piani anche le misure metriche) confezionatevi una riga graduata in pollici.

Quando siete sicuri di aver ben capito i piani procedete pure; la fase successiva. assai utile e divertente può essere quella di costruire un modello in scala. È ancora un passo reversibile; quelli successivi comporteranno spese e impegni tali che vi sarà impossibile tornare indietro: o completerete la barca o essa rimarrà un monumento inutile, fastidioso e imbarazzante eretto alle vostre velleità.

Il cantiere dell’autocostruttore di barche

“Mentre lavoravo, le stagioni si susseguivano veloci. Le coste dello sloop erano appena state rizzate che già spuntavano i meli. Tosto spuntarono le margherite e le ciliegie. In prossimità del sito dove il vecchio Spray era scomparso, riposavano le ceneri di John Cook, un venerato Padre Pellegrino. Cosicché il nuovo Spray sorse su terra benedetta. Dal ponte dell’imbarcazione potevo stendere la mano e cogliere le ciliegie che crescevano sulla piccola tomba. Il fasciame del nuovo scafo, che presto fui in grado di sistemare, era di pino della Georgia, dello spessore di un pollice e mezzo”.

Questa lirica descrizione, come avrete intuito, si deve alla vivace penna del capitano Joshua Slocum e la barca in costruzione è naturalmente il mitico Spray. Possiamo azzardare che le straordinarie doti di cui questa barca avrebbe dato prova nel giro del mondo traggano origine anche dalle favorevoli condizioni in cui fu costruita. Non tutti, purtroppo, hanno il privilegio di poter lavorare in un ambiente così amabilmente bucolico; al contrario, gran parte degli autocostruttori si trova spesso a dover operare in situazioni che, con un’espressione del tutto impropria, si possono definire “di fortuna”.

Gli aneddoti sulle barche costruite nei posti più strani si sprecano: recentemente ho saputo di un giovane sposo che ha osato costruirla nella stanza da letto, l’unica della casa che avesse le dimensioni necessarie per contenere la barca. L’aspetto più curioso di questa storia è che non solo la moglie non ha chiesto l’immediato divorzio, che qualunque tribunale le avrebbe senza esitazioni accordato, ma è arrivata a dichiarare, una volta uscita la barca, che sentiva nella stanza un senso di vuoto, la mancanza di una presenza a cui, con il tempo, si era andata affezionando.

Non posso tuttavia suggerire di imitare questo esempio, se non ai mariti che desiderano offrire alla dolce consorte un buon motivo per lasciarli. Agli altri suggerisco di trovare un locale che sia ben isolato, in modo da poter lavorare a qualsiasi ora, senza essere di disturbo a nessuno, e accessibile in tempi rapidi dalla propria abitazione, per poter approfittare di tutti i ritagli di tempo.

Lo spazio minimo richiesto è quello necessario per potersi muovere intorno alla barca senza troppe acrobazie; si calcoli quindi l’ingombro della barca costruita più un metro da ogni lato. In un angolo del locale, nei pressi di una presa della corrente, dovrà trovar posto un banco da lavoro. Questo di cui parliamo è uno spazio sufficiente ma angusto: al di sotto di questo o si cambia il locale o si riduce la dimensione della barca da costruire.

Il locale deve essere coperto, molto ben illuminato, avere la disponibilità di energia elettrica e la possibilità, all’occorrenza, di essere ventilato. Se questa possibilità non esiste, alcuni lavori, quali il rivestimento dello scafo con resine epossidiche o la verniciatura (specialmente con vernici poliuretaniche) dovranno essere effettuati altrove, per il bene della vostra salute.

Il riscaldamento non è strettamente necessario: è ben vero che per lavorare con le resine epossidiche sono richieste temperature di almeno 15° ma non è difficile, con l’aiuto di una stufetta e disponendo opportunamente dei fogli di polietilene intorno alla zona dell’incollaggio, creare condizioni ideali anche quando la temperatura esterna è polare. Se il freddo non è troppo intenso, basta preriscaldare per qualche minuto con un phon la resina durante la miscelazione e la zona da incollare.

Qualora si preveda di lavorare soltanto nella bella stagione, una buona soluzione è quella di costruirsi una tettoia provvisoria all’aperto, in un cortile o nel giardino. L’aerazione è ottimale e l’ambiente di lavoro è più piacevole.

Quali sono gli utensili necessari alla costruzione di una barca

Nei sacri testi sulla costruzione di barche troverete una gran dovizia di suggerimenti in proposito, ma invito a considerarli con una buona dose di sano scetticismo. Non che siano cattivi consigli; al contrario, sono ottimi, ma in genere provengono da costruttori professionisti, nati e cresciuti fra le barche, che talvolta sono autentici artisti della carpenteria navale.

Non per cattiva volontà, né per supposizione, ma per forma mentis, essi sono lontani dal mondo del costruttore dilettante ed in particolare dal principiante. C’è molto da imparare da loro, ma non ora, e non per quello che per il momento desideriamo fare. Se la nostra aspirazione è imparare a strimpellare al piano “Oh, Susanna” con un dito, non credo che i consigli di un Benedetti Michelangeli ci sarebbero di grande aiuto.

Sugli utensili, poi, esiste fra questi artisti una sorta di attitudine mistica: in un alato articolo su “Wooden Boat” di qualche mese fa, l’autore parlava con accenti commossi della sua pialla e concludeva affermando che non poteva considerarla la “sua” pialla, ma qualcosa che aveva ricevuto dalle generazioni precedenti e che sentiva, quasi fosse la coppa del Santo Graal, di dover trasmettere alle generazioni future. Lungi da me l’idea di voler ridicolizzare questi atteggiamenti. Quale convinto assertore del fatto che le barche hanno un’anima, non vedo motivo per negare che anche le pialle possano averne una.

Il problema è che per l’autocostruttore in erba, la pialla è fondamentalmente un attrezzo che tende a portar via troppo materiale, o a non portarne via affatto, a incocciare nella fibra del legno sollevando fastidiosissimi riccioli, a render curvi i pezzi che si vorrebbero raddrizzare e viceversa, e così via. Verrà il momento in cui l’autocostruttore finirà per sentire la pialla come un naturale prolungamento del proprio braccio, ma può succedere che questo momento coincida con quello in cui egli ha terminato la propria barca e con essa la propria carriera di costruttore.

Quindi, quando il principiante si imbatte in consigli come “preferite gli utensili manuali a quelli elettrici”, “modificate voi stessi i vostri strumenti creando ciò che meglio risponde alle vostre esigenze” o “affilate spesso le lame delle vostre seghe” io penso che farebbe bene ad immagazzinare nel retro della propria mente questi distillati di saggezza e a tirarli fuori dopo un paio d’anni, quando sarà in grado di applicarli veramente.

Io do altri consigli, più banali, ma più pratici.

  1. Il primo è di leggere un buon libro di falegnameria, per rendersi conto di quante cose si possono realizzare con l’utensile appropriato.
  2. Il secondo è quello di spendere almeno una mezza giornata curiosando fra gli scaffali di un supermercato del “fai da te”, osservando e annotando, lasciandosi afferrare dall’infantile incantamento di ciò che si vede. Poi si può uscire senza aver comprato nemmeno un chiodo, ma avendo ben chiaro in testa ciò che si potrà comprare quando se ne presenterà il bisogno.
  3. Il terzo consiglio è quello di comprare poco ma di comprare bene, utensili di prima qualità, di dimensioni e di potenza adeguati. Se la vostra esperienza di costruttori è destinata a durare più di una settimana, uno strumento semi-professionale al posto di un giochino da bricoleur vi ripagherà abbondantemente del maggior investimento iniziale. Per quanto riguarda gli utensili elettrici da banco, cioè fissi, quali sega circolare o a nastro e piallatrice, il prezzo d’acquisto per utensili di buona qualità è elevato. Si trovano tuttavia occasioni nel campo dell’usato e, a parità di prezzo, conviene un usato semiprofessionale ad un nuovo di tipo amatoriale.
  4. Il quarto consiglio è quello di cercare di adoperare ogni utensile per l’uso a cui esso è specificatamente destinato e di avere per ogni esigenza lo strumento adatto. Mi rendo conto che con un’attrezzatura amatoriale può non essere facile seguire questo consiglio e spesso lo spirito del bricoleur è proprio quello contrario, di usare non quello che sarebbe giusto usare, ma quello che in quel momento è disponibile. Tuttavia spingere all’estremo questo spirito può essere pericoloso e rischia di compromettere, se non la propria salute, almeno certamente quella dell’utensile che si usa impropriamente.

Fatte queste premesse di ordine generale fornisco anche una tabella guida dell’utensileria di base dell’autocostruttore, sottolineando che essa è solo un punto di partenza che con il tempo l’interessato correggerà e renderà più”a sua immagine e somiglianza”.

È normale che con l’uso si finisca per simpatizzare più con alcuni utensili che con altri e non c’è nulla di male nel seguire queste tendenze del tutto soggettive. Mi sembra opportuno aggiungere che quando nella tabella un’attrezzatura viene definita “indispensabile” si intende dire che essa è necessaria per svolgere il lavoro in modo rapido, corretto ed economico. In teoria se ne potrebbe anche fare a meno, ma non conviene. Nella tabella ho indicato anche qualche elemento economico indicando il costo approssimativo dell’attrezzatura “indispensabile”, basandomi, coerentemente con quanto detto, sull’acquisto di materiale di buona qualità.

La tua barca in legno a costi contenuti

Come potete constatare uno dei vantaggi della costruzione in legno è che si può affrontare il lavoro anche con investimenti modesti. Tenete anche conto del fatto che l’avere ed il sapere usare un’attrezzatura di base vi permetterà di effettuare in proprio moltissimi piccoli lavori domestici che altrimenti dovreste affidare a professionisti: alla fin fine, quindi, la vostra spesa iniziale costituirà un risparmio.

Un ultimo (non certo per importanza) punto da trattare parlando del cantiere è quello della sicurezza. È innegabile che alcuni aspetti dell’attività del costruttore siano nocivi per la salute ed altri comportino dei pericoli potenziali che occorre conoscere, valutare ed evitare.

Per quanto riguarda il primo aspetto mi riferisco all’uso dei prodotti chimici ed in particolare di resine epossidiche, vernici e solventi. Di ogni prodotto occorre conoscere i principali componenti, il relativo grado di tossicità, i rischi connessi con l’uso o con il contatto accidentale con la pelle e con gli occhi. Le istruzioni d’uso, soprattutto quelle concernenti la sicurezza, devono essere accuratamente lette e rispettate.

Indossate sempre gli indumenti protettivi consigliati e, soprattutto, imparate a ‘lavorare pulito”. Servono solo un pò più d’attenzione, di ordine, di calma e la disponibilità a perdere qualche minuto di lavoro utile pur di non mettere a rischio la propria salute.

È ben vero che imbrattandosi di resina epossidica o di vernice poliuretanica e poi pulendosi con il solvente si fa più in fretta e non si vede alcun danno immediato. Si può anche pensare di star bene come prima. Ma se per centinaia di volte si insiste in questo comportamento sconsiderato il danno c’è, anche se può rimaner nascosto per altri vent’anni, ed è malauguratamente irreversibile. Prendendo le opportune precauzioni questo rischio diventa trascurabile.

In genere si ha la tendenza a considerare i prodotti naturali del tutto benigni e innocui per la salute. Non è sempre così. Anche la polvere di legno (in particolare di alcuni legni) può causare asma, bronchiti, irritazioni della pelle, può addirittura aumentare i rischi del cancro.

Quindi respiratene il meno possibile, indossate sempre una maschera protettiva, usate levigatrici dotate di aspiratore, ventilate l’ambiente.

Gli utensili da taglio, soprattutto le seghe circolari e a nastro, e tutta l’attrezzatura elettrica, espongono a rischi più evidenti e immediati. Per quanto gli utensili moderni, e in particolare quelli portatili, siano quasi sempre resi “a prova d’incosciente” con adeguati accorgimenti di sicurezza, questo non deve spingere ad abbassare la guardia.

Se avete dei dubbi su come si usa un utensile, consultate un esperto. Fate controllare che l’impianto elettrico risponda alle norme di sicurezza, in particolare per quanto riguarda la messa a terra; evitate, per quanto possibile, di avere cavi vaganti sul pavimento, pulite e riordinate frequentemente.

Per ogni evenienza una cassetta di pronto soccorso (ovviamente con dentro quanto serve!) e uno o più estintori (ovviamente carichi!) devono essere a portata di mano. Gli esclamativi in parentesi stanno a significare che questi oggetti non devono essere visti soltanto come un fastidioso ma inevitabile adempimento burocratico. Occorre saperli usare e informarsi su come si deve intervenire nelle possibili emergenze.

Con queste raccomandazioni non voglio mettermi a posto la coscienza, come quelli che scrivono sulle scatole delle sigarette “Nuoce gravemente alla salute”, né intendo fare dell’allarmismo che sarebbe fuori luogo. Al contrario, spero di non scoraggiare alcun aspirante costruttore dall’intraprendere questa attività pur illustrandone anche gli aspetti meno invitanti. Sarebbe un rimedio peggiore del male.

Di una cosa sono certo: al di là dei rischi di cui si è detto, che con un pò di buon senso si eliminano o si riducono ad un livello trascurabile, la costruzione di barche resta, nel suo complesso, un’attività fra le più benefiche per la salute fisica e spirituale di chi la pratica.

Chi vende i piani in Italia
La B.C.A.-Demco Kit di Milano (tel. 02/48708331) ha un catalogo di una quarantina di barche da 2,90 a 10 metri di progettisti esteri e italiani.

La Sibma Navale Italiana di Carignano (TO) – tel. 011/9697560) vende kit e progetti di barche in compensato marino di Mario ed Ernesto Qua0ranta.

Alcuni fra i più noti progettisti che propongono piani destinati agli autocostruttori sono:

Sergio Abrami di Brescia (tel. 030/398382)
Cabinati a vela e barche a motore

Franco Bertaccini di Forlì (tel. 0543/34443)
Piccoli cabinati a vela e pilotine anche in ferro

Carlo Bertorello di Napoli (tel. 081/7642905)
Cabinati a vela di aspetto tradizionale

Gabriele D’Alì di Milano (tel. 02/8323450)
Multiscafi

Rodolfo Foschi di Firenze (tel. 055/696190)
Barche a vela di varie dimensioni in compensato e in ferrocemento

Aldo Gatti di Milano (tel. 02/48005675)
Derive e piccoli cabinati

Bibliografia per il costruttore dilettante
Principali riviste estere:
Wooden Boat (Maine, U.S.A.)
Classic Boat (Surrey, England)
The Boatman (Cornwall, England)
Loisirs Nautiques (Bordeaux, France)
Chasse-Maree (Douarnenez, France)

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