Nautica 697 Maggio 2020

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L’editoriale

PRUDENZA, PRUDENZA E ANCORA PRUDENZA

Mi si accusi pure di essere ipercritico ma considero la frase “andrà tutto bene” – scritta un po’ ovunque, di questi tempi – uno slogan motivazionale di pessima qualità. Certamente più adatto a un corso accelerato di vendita porta-a-porta che non a una situazione nella quale tanta gente, a causa della pandemia in atto, ha perso e sta perdendo la vita, ha perso o sta perdendo il lavoro. Dunque un falso ottimismo, paragonabile per fondatezza a quello di chi vive pericolosamente la propria vita all’insegna del “tanto a me non succede”.

La penso così essendo fermamente convinto che un automobilista che guida scambiando messaggi con il suo telefonino corre più rischi di un acrobata circense che volteggia con il trapezio. E poiché di incoscienti che guidano in quel modo ne ho visti più o meno tutti i giorni, cerco di capire chi è che chiede di poter riprendere la propria attività promettendo di seguire per filo e per segno le regole sanitarie che gli verranno imposte. Mi chiedo: è qualcuno che assomiglia a quel guidatore incosciente o a quel trapezista consapevole? Assomiglia alle persone che in questi giorni di segregazione organizzano per strada rumorosi assembramenti senza la minima difesa, sfidando le forze dell’ordine, o a quelle che fanno la fila ordinatamente al supermercato sotto casa, protette da guanti e mascherine?

pericoloOvviamente la risposta non può essere univoca. Tanto è vero che gli esperti – che se sono veramente tali sono anche prudenti – a domande di questo tipo rispondono premettendo che l’Italia è un Paese diversificato. E infatti io sono preoccupato in modo diversificato. Perché, anche in anni recenti, mi è capitato di visitare troppi cantieri – specifico a scanso di equivoci: tanto al Nord quanto al Sud, tanto in Italia quanto all’estero – nei quali, in tema di sicurezza sul lavoro, non vengono rispettate neppure le norme più elementari: operai che respirano stirene a pieni polmoni, che lavorano a cinque metri di altezza senza la minima protezione, che non hanno mai indossato casco o occhiali protettivi.

Così come, all’opposto, in altri casi non mi è stato permesso di dare nemmeno un’occhiata fugace allo stabilimento se non dopo essermi bardato dalla testa ai piedi con tutti gli stessi dispositivi di antinfortunistica correttamente indossati dalle maestranze. Un’abissale differenza di comportamento – ma soprattutto di mentalità – che, di fronte alle aumentate esigenze di salvaguardia imposte dalla pandemia, dovrà necessariamente essere colmata mediante una rapida, severa e costante attività di formazione e di controllo. Anche perché, in attesa del vaccino, la convivenza con il coronavirus sarà lunga e, quando il pericolo di contagio sarà passato, la buona educazione acquisita durante questo difficile periodo resterà.
Corradino Corbò


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