Decreto salva Italia: la premessa di un tragico tracollo di un settore fiore all’occhiello del “Made in Italy”

Aggiornamento 2011/12/28 10:30
Sulla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2011 n. 300, Supplemento Ordinario n. 276, è stato pubblicato il testo della Legge 22 dicembre 2011 n. 214 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici. Pertanto da oggi il c.d. decreto salva Italia entra definitivamente in vigore.

La nautica, in questi giorni, sta pagando un pesante tributo alla crisi economica del Paese. Oltre al danno della recessione europea e della crisi internazionale dei mercati – il settore sta già pagando la recessione con riduzioni dei fatturati nell’ordine del 70-80{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} – deve far fronte a provvedimenti demagogici che oltre a non portare assolutamente liquidità alla manovra del Decreto Salva Italia costituiscono la premessa di un tragico tracollo di un settore fiore all’occhiello del Made in Italy, che chiedeva solo di poter lavorare e ora invece si dibatte nel tentativo di non scomparire. Invece di investire sulla nautica, la si colpisce mortalmente nell’utenza, perseguita solo per essere amante del mare e delle barche.E senza utenza, senza mercato interno – com’è noto ai nostri lettori, sostanzialmente dall’ottobre 2008 non si vende più una barca – nessun comparto produttivo pur eccellente può sopravvivere.

La demagogia verso la nautica vuole come al solito ammorbidire le reazioni agli interventi sulle pensioni, ma certamente non darà risultati per un contributo di liquidità all’ardua operazione intrapresa da Monti. Ci aspettavamo si investisse sul settore, artefice di splendidi indici di sviluppo a doppia cifra nell’ultimo decennio, stiamo invece ricevendo il colpo di grazia. In un Paese dove l’arte e la storia sono tenuti in maniera rovinosa, dove è normale chiudere un museo la domenica, dove non si è ancora capito che l’unica industria sostenibile su larga scala è il turismo, sembrerebbe normale fare a meno della nautica. E invece dal punto di vista sociale, culturale, economico, occupazionale o da qualsiasi altro aspetto lo si consideri, è pura follia. Potremmo essere la Florida del Mediterraneo, diventeremo invece sterilizzati alla nautica. Ciò comporterà la perdita di decine di migliaia, forse anche centomila posti di lavoro, con grave contraccolpo sul PIL nazionale, ma tant’è: qualcuno deve avere le sue vittime sacrificali.

Negli eventi il settore nautico ha anch’esso molte colpe, avendo abbandonato da decenni una politica di sviluppo per la piccola nautica, quella che con oltre sessantamila natanti – su un parco barche di 100.000 – costituisce la vera nautica italiana.

Affermare che nella nautica non si annidino evasori fiscali sarebbe una bugia, le mele marce si trovano ovunque, ma individuare in ogni appassionato del settore un evasore, un criminale è la più sporca bugia che si potesse divulgare, perché l’utenza è controllata da sempre e nessun armatore “normale” esce in mare senza essere perfettamente in regola. Per l’una o per l’altra ragione è in atto e crescerà una vera e propria fuga dalla nautica. Lo Stato italiano è stato capace di distruggere una delle sue poche galline dalle uova d’oro.

A questo punto che fare?

  • Prima di tutto, protestare ad alta voce per ciò che sta accadendo, riaffermando il diritto del diportista ad andare per mare in serenità e nel pieno godimento della propria passione. Indiciamo per questo gli Stati Generali della nautica all’inaugurazione del Big Blu, a Roma, il 18 febbraio – in collaborazione con RAI Sociale e rappresentanze di utenti e operatori – per raccogliere tutte le proteste e dare voce alle richieste del settore nel difficile momento.
  • Intervenire ove possibile per migliorare la normativa introdotta col Decreto Salva Italia.
  • Riportare l’attenzione del grande pubblico e della politica sulla funzione sociale, educativa e culturale della nautica.
  • Ribadire l’importanza economica della nautica a livello locale e nazionale, con posti di lavoro creati dal privato senza intervento da parte dell’Ente Pubblico.
  • Eliminare le difficoltà normative tutt’ora presenti nello svolgimento delle attività professionali.
  • Ottenere il riconoscimento dei diritti dei diportisti comunitari ai fini della libera circolazione delle loro barche, senza tasse, nelle nostre acque, come per noi è possibile nelle loro.
  • Rivendicare fortemente finalmente l’IVA al 10{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} per la portualità turistica.
  • Individuare un protocollo per il riciclo delle imbarcazioni.
  • Stimolare la rapida realizzazione, possibilmente con “project financing”, di portualità alternativa – porti a secco, campi boa, scivoli ecc. – per favorire una crescita della concorrenza e un abbattimento dei costi di gestione della piccola nautica.
  • Combattere l’immagine elitaria della nautica, fortemente radicata nella nostra società, affinché il settore e i suoi appassionati non siano più vittime di quella demagogia che non perde occasione per colpirne la vitalità.
  • Ribadire l’importanza della collegialità nelle rivendicazioni del settore.

Come sempre il nostro Forum di discussione è aperto a tutti i commenti, le opinioni e… le proteste di chi ama la nautica.

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