I pescatori delle coste laziali lo chiamano fragolino, mentre quelli dell’arcipelago toscano lo chiamano parago; e così via, con altri nomi o nomignoli dialettali per indicare lo stesso pesce, che nei ristoranti e in italiano viene chiamato col suo vero nome: pagello. Quando è appena pescato, il corpo mantiene colori brillanti, con il dorso rosso-rosato che sfuma nel bianco argenteo dei fianchi. Spesso sul corpo, e in modo particolare sulla parte superiore dei fianchi, si notano alcuni punti azzurri. Le pinne sono rosee. Il pagello è un pesce ricercatissimo per la bontà delle sue carni e viene quindi insidiato sia dai pescatori professionisti che da quelli dilettanti. E’ divertentissimo dal punto di vista sportivo, in quanto offre un’estenuante resistenza quando si usino lenze di ridotto libbraggio. Raggiunge una taglia media di circa 600 grammi, ma ne vengono pescati anche esemplari di oltre due chilogrammi. Esemplari di notevoli dimensioni, un po’ rari, vengono pescati talvolta su relitti e su scogliere sommerse poco conosciute.

Le barche occorrenti
La pesca al pagello si effettua col tradizionale ed antico bolentino, cioè con la lenza a mano opportunamente zavorrata o con la canna con mulinello, a una distanza variabile dalla costa, ad almeno una quarantina di metri di profondità ed oltre, fino a circa quota meno cento. Non saranno pertanto necessarie imbarcazioni di grande stazza: un buon gozzo di circa sei metri o un open center consolle di pari dimensioni andranno egregiamente bene. In alternativa, se il mare è assolutamente calmo, vanno bene anche i gommoni o quelle barche in vetroresina con carena ad ala di gabbiano. Naturalmente, per ragioni di sicurezza, il discorso suddetto è valido se le poste dei pagelli sono distanti dalla costa non più di tre miglia, altrimenti occorreranno imbarcazioni di oltre sei metri di lunghezza, magari con la doppia motorizzazione.

Le attrezzature con i relativi finali

Se si opta per la lenza a mano, avvolgeremo intorno a un telaietto di sughero circa duecento metri di monofilo dello 0,70, al cui capo finale fisseremo una girella-moschettone inox che farà da unione al calamento terminale. Se si usa la canna col mulinello potremo orientarci come segue: canna leggera, robusta, magari in carbonio e ad azione di punta, con vettino sensibile e all’occorrenza intercambiabile, lunga circa 4 metri; mulinello a dimensioni medie di marca e quindi dotato di una certa affidabilità, dotato di ottimi meccanismi interni compresa la frizione, che deve essere precisa, dolce e… sicura! Naturalmente, a bordo dovremo, possibilmente, disporre di altre attrezzature con elementi di ricambio sempre pronti per eventuali sostituzioni. Come accessori aggiungeremo una cassetta portaminuterie, per avere sempre a disposizione lenze, terminali di ricambio, ami di varia numerazione, piombi ecc., un freezer portatile per il pescato e, da non dimenticare, un buon guadino.

Tornando al classico telaietto di sughero, vi avvolgeremo la tradizionale lenza a mano, che sarà costituita da una lenza madre dello 0,70 al cui capo fisseremo un moschettone-girella in acciaio inox, da cui penderà il finale ad unica sezione dello 0,35 sia per il calamento che per i braccioli. In questo caso i braccioli saranno tre, tutti interposti sul calamento nel modo tipico a bandiera e avranno una lunghezza di circa 10-15 centimetri. La numerazione degli ami – del tipo fine, bianco ma forgiato – rispetterà rigorosamente quella del n° 3.

Adottando questo tipo di finale, e per facilitare con ciò le funzioni operative in pesca, occorreranno zavorre con grammature oscillanti da 150 a 250 grammi, a seconda delle correnti marine presenti sulla posta interessata. Andando sul “raffinato” e cioè sull’utilizzo della canna col mulinello, avvolgeremo in bobina uno 0,25 di qualità super che fungerà da lenza madre, e come finale vero e proprio adotteremo un calamento da realizzare con lo 0,22-0,20. A questo fisseremo, con lo speciale attacco “a girare” con perline, tre braccioli dello 0,20-0,18 lunghi ciascuno cm 25, distanti sul calamento circa 40 centimetri l’uno dall’altro; al capo libero del calamento fisseremo poi il piombo, con o senza girella.

La grammatura
del piombo varierà da 30 a 60, a seconda delle correnti presenti. Questo calamento può essere modificato con una variante tecnica e cioè potremo inserire il terzo bracciolo, sempre di tipo “a girare”, all’altezza del piombo; ma sarà lungo 50 centimetri, in modo che rasenti bene il fondo. Questa soluzione risulta più efficace per la cattura di specie bentoniche complementari come tracine, scorfani rossi (capponi) e gallinelle. Gli ami saranno anche questi di numerazione variabile a seconda della taglia delle prede, e andranno dal n° 3 al n° 6.

Le esche
Riguardo alle esche preferite dai pagelli, l’universo mare ce ne mette a disposizione una miriade: dal gambero al cannolicchio, dal paguro ai vermi. Di questi ultimi, ottimi il muriddu, l’arenicola, il saltarello ecc; e poi le striscioline di calamaro freschissimo e altri tipi di molluschi. Tra tutte le esche citate, il gambero innescato vivo e il paguro rappresentano il top delle aspettative.

I luoghi di pesca e i periodi migliori
Il pagello fa vita gregaria e ama sostare con i suoi simili nelle vicinanze del fondo marino, grufolando alla continua ricerca di cibo che si trova sui substrati ricchi di coralligeno, concrezioni madreporiche, conchiglie, maciotto, fango e rocce spartite. I fondali ricchi di questi substrati devono confinare con rocce e scogliere più o meno rilevanti ed estese. Questo è il regno incontrastato del pagello, nel quale “accosta” periodicamente unito in copiosi banchi. Per i nostri fini alieutici, la primavera e l’autunno rappresentano i periodi migliori; e le poste altrettanto valide si localizzeranno sulle scarpate e nelle vicinanze dei bordi delle secche e dei rilievi, a quota variabile da -40 fino a circa -100. Per la pesca dei pagelli, adottando appunto la tecnica del bolentino, non esistono orari specifici: gli umori alimentari spesso mutano col variare delle correnti sottomarine. Comunque, indipendentemente da questo, le ore del primo mattino, più precisamente alla levata del sole, la pesca darà sicuramente i suoi buoni frutti.

Come si svolge l’azione di pesca
Le tecniche di pesca del pagello sono numerose e abbastanza variegate tra loro; tutte varianti del bolentino classico e tradizionale. Nel corso degli anni, tutti i sistemi di pesca adottati hanno avuto evoluzioni spesso derivate ed acquisite dall’attività agonistica. Una buona tecnica è quella a sistema ibrido. Nel dettaglio, questo metodo di pesca prevede un’attività iniziale col bolentino classico (telaietto di sughero) con barca in deriva e a scarroccio, ed una centrale e poi finale, pescando a barca ancorata ma usando la canna e il mulinello. In sostanza, ci comporteremo come segue.

Dovremo raggiungere le poste dei pagelli, dandone per scontata la conoscenza; oppure, per i profani, è sufficiente disporre di una carta nautica del luogo e tracciare la rotta verso quelle batimetriche variabili, circoscritte con dei segni che evidenziano il rilievo; dopodiché non ci resta che provare,provare ancora e poi esplorare di nuovo i fondali limitrofi, con l’ausilio dell’ecoscandaglio e con le ripetute calate di lenza bene innescate, fino a che non si inizia a catturare i pagelli. Mentre stiamo scarrocciando e derivando sotto l’azione del vento e della corrente marina, cercheremo di prendere in seria considerazione quella zona di mare, tra le tante, dove le catture sono più frequenti, o magari dove si evidenzia una singola cattura ma di taglia notevole; dopodiché conviene ancorarsi, lasciare la lenza a mano e prendere canna, mulinello e i relativi finali sottili. Vi accorgerete subito che con una bella polpa di cannolicchio sapientemente innescata, o meglio con un paguro o gambero vivo coadiuvati dai braccioli “a girare” dello 0,18-0,20, cambierà la “musica”. Le catture a questo punto di solito saranno sempre più selezionate con esemplari di taglia significativa.