Per la traina di altura l’uso delle esche artificiali è diffuso, ma non troppo. Nelle nostre acque i predatori che si possono insidiare con un pesce finto, una piuma o un cucchiaio, non sono poi molti, a differenza di altre parti del mondo dove questo tipo di esca è assai diffuso. Ma i pesci mediterranei, e in particolare quelli che passano al largo delle nostre coste, sono smaliziati, non si fidano di un’insidia che non è buona da mangiare, anche se si tratta di un’imitazione ben fatta, presentata come si deve. Per questo, la prima cosa da prendere in considerazione è il tipo di pesce che si desidera insidiare.I pesci muniti di spada, come le aguglie imperiali e lo stesso pesce spada, e con essi gli squali, non si curano neppure di un’ esca artificiale,che i primi potrebbero anche giungere ad afferrare, ma che rifiuterebbero sicuramente, visto che nel loro modo di predare c’è un momento di sosta del cibo nella bocca prima di inghiottire. E le esche artificiali, morbide o rigide, non hanno sapore di pesce fresco e vengono quindi sputate. Il problema diviene ancora più evidente con gli squali che, dotati di notevole olfatto, non si lasciano certo ingannare da una cosa che con il loro cibo non ha niente a che fare.

Tuttavia vi sono specie che attaccano l’esca artificiale metodicamente, se essa viene loro presentata come le circostanze richiedono. Fra di esse si possono citare i tonni, i tonni di branco, le alalunghe, le palamite e le lampughe, che della traina sono così i bersagli principali.Ancora una volta siamo in mare con Roberto Steiner che, pur preferendo i suoi sistemi di traina con esche naturali, non rifiuta l’artificiale e ne conosce i segreti di impiego.

“Ci sono due tipi di traina – sostiene Steiner – quella prettamente di superficie e quella profonda, e con questa seconda intendo sia quella a mezz’acqua che quella veramente a fondo. Le differenze sono enormi, sia perchè si tratta d’incontrare pesci del tutto diversi, sia perchè cambiano le esche, le montature, gli attrezzi, la velocità di spostamento della barca,e le tecniche di pesca. Mi viene da sorridere quando vedo usare degli artificiali in modo casuale o addirittura controproducente. Si – continua Steiner – c’è molta confusione in materia”.

Egli sostiene che esiste una serie di motivazioni di tipo scientifico che porta un pesce ad attaccare un’esca imitante o a rifiutarla. Al di là delle ragioni teoriche ( sulle quali sarebbe poco utile il dissertare) rimane il fatto che alcune specie apprezzano un tipo di artificiale in un modo statistico, così da poter far affermare che si tratti di un’esca sicura. In altre parole, se trainando con una piuma da 20 centimetri ad un metro dal pelo dell’acqua, in cento uscite di pesca si avessero per ipotesi cinquanta abboccate di tonni, significa che quella esca è adatta per quel pesce, in quelle circostanze. Ma ciò non vuol dire in assoluto che lo sia sempre. Perciò, in linea di massima, si può tentare un quadro di preferenze.Tonni, lampughe, alalunghe, palamite, sembrano preferire le piume di tipo giapponese, nei vari colori e dimensioni nelle quali sono disponibili. Spostandosi più sottocosta (sempre traina, ma non più in mare aperto), le ricciole possono attaccare sia le piume che i cucchiai, mentre sul fondo i dentici sono attratti dai cucchiaini luccicanti. Sono funzionali anche i grandi pesci finti che imitano sgombri, sugarelli, aguglie, o pesci di fantasia, ma bisogna saperli usare, pena l’insuccesso più assoluto.Steiner sostiene che anche nella traina si possa eseguire una sorta di pastura, appunto “a traina”. Si tratta di mettere in acqua a poppa della barca un sacco di brumeggio speciale (e magari anche una rete con le sarde pestate), così da creare una scia dietro la barca stessa che procede battendo vaste zone di mare, con un’andatura che tenga conto del tipo di pesce che si vuole insidiare. Se si riesce a mettersi nella scia, ad esempio, un tonno attratto dagli odori della pastura, rilevandolo sullo schermo dell’ecoscandaglio, si deve far in modo che l’incontro del pesce con l’artificiale sia come casuale, ma che avvenga.

Come si sceglie una piuma per trainare a tonni? Soltanto l’esperienza propria, unita a quella di altri pescatori che operano nella stessa zona, potrà dire dimensione e colore di una piuma. Basti pensare che esche artificiali risultate ottime nel Mar Ligure sono divenute non pescanti nell’alto Adriatico.

Un criterio che è risultato valido (a parità di acqua, temperatura, momento stagionale) è il seguente: impiegare piume di tipo chiaro, quindi bianche, bianche/gialle, bianche/rosa, dall’alba fin verso mezzogiorno; poi, nelle ore di massima luminosità, dalle 12 alle 15 circa, scegliere piume più scure, rosse, giallo scuro, giallo/blu, giallo/verde; quindi, nelle ore successive tornare alle precedenti.Una citazione va fatta a proposito di un artificiale che viene realizzato artigianalmente. Si tratta di un pesce finto, di circa 30 centimetri, che somiglia molto ad uno sgombro; armato con un amo singolo di notevole dimensione, ha al suo interno una piccola cavità, con apertura posteriore, all’interno della quale si può inserire un prodotto attirante ( o il materiale da pastura). Mentre viaggia, questa esca conserva un odore naturale ed emana anche, attraverso il tappetto in retino metallico, una specie di piccolo alone attirante; se un pesce è arrivato in scia ( o si è riusciti a portarcelo) avvicinandosi a questo artificiale ne sentirà l’odore che sembrerà molto naturale.

Steiner dice che in materia di traina è difficile dare consigli, perchè mentre un’esca naturale è un boccone prelibato sempre e comunque, un artificiale è infinitamente più soggetto ai capricci del mare e delle sue condizioni, alla singola volontà di reazione di ogni grande pesce. Sostiene anche che non si può andare a traina a caso, ma che si deve provare nella stagione idonea per ogni singola specie. Quindi, solo dopo che si è accertata la presenza del pesce conviene uscire ad incrociare sul mare.

Steiner per pescare con gli artificiali preferisce le giornate nelle quali il mare non è perfettamente liscio, ma ha quella sorta di increspaturache lo rende ruvido senza essere molesto. “Si sta meglio in barca – dice – con un po’ di vento e i pesci hanno meno buona la visione dello scafo da sotto e l’esca sembra più vera”.

Convinto assertore della “scientificità” della pesca, insiste sull’importanza dello studio da parte di ogni singolo angler dell’intera azione. Per stabilire con una base di certezza l’efficacia di un’esca artificiale, occorre rilevare per ogni singola giornata molti elementi: la data – le condizioni meteorologiche generali – le condizioni meteorologiche dei diversi momenti del giorno – la situazione della superficie del mare (liscia, increspata, mossa,ecc) – la trasparenza delle acque – la temperatura delle acque – la presenza di correnti – la presenza o meno di pesce di mangianza e sua natura – la presenza o meno di uccelli e loro comportamento – la direzione del vento dominante – la direzione della barca rispetto al vento – le diverse velocità tenute dalla barca – l’uso o meno di eventuali pasture e loro natura – colori e dimensioni delle esche usate – ore di impiego delle singole esche – profondità di lavoro delle esche – tipo di finale impiegato con le esche – montature dei finali – lenza madre usata – mulinello impiegato – canna usata – rapporto fra canna, mulinello, lenza, finale, esca – più canne operanti insieme e come – comportamento a bordo durante l’azione di pesca (rumori, movimenti, ombre, ecc) – in caso di abbocchi, ora e condizioni dell’attacco del pesce – tenuta dell’amo o degli ami – lotta e recupero – osservare dove il pesce è rimasto agganciato e come.

Con tutti questi elementi, esaminati alla fine di una stagione, si possono trarre conclusioni e dare giudizi. Ma la pesca, viene fatto di chiedersi, non è un divertimento? A qualcuno, sotto certi profili, può sembrare un lavoro. E quanto detto pare essere tutto, e tuttavia non è tutto. Vi sono altre cose da memorizzare che sono solo figlie dell’istinto e di quel certo che in più che di un pescatore fa un grande pescatore sportivo. Vero, Steiner?