L’OCCHIONE

Conosciuto anche come pezzogna o besugo, questo pesce è l’obiettivo principale del bolentino di profondità. La sua presenza è omogenea in tutto il Mediterraneo, Adriatico a parte. Predilige i fondali misti di roccia e fango a profondità comprese tra i 140 e 750 metri. Si nutre prevalentemente di piccoli crostacei e cefalopodi, ma non disdegna tutti i piccoli organismi presenti sul fondo ad alte profondità.Negli ultimi anni le profondità ottimali di pesca si sono stabilizzate tra i 350 e i 600 metri, a causa del prelievo indiscriminato con i palamiti di profondità a profondità inferiori.L’occhione può arrivare a oltre 5 chilogrammi di peso, ma gli esemplari considerati grandi sono quelli che passano i 2 chilogrammi.Vive in fitti banchi ed è proprio questo il motivo che li rende vulnerabili ai prelievi sconsiderati, è buona abitudine, infatti, trovando una posta vergine, di non esagerare con le catture per non “finire” i pesci presenti in zona.

La pesca dell’occhione si effettua con canne abbastanza sensibili, in modo da avvertire bene le mangiate. Si utilizzano ami ad alta penetrazione, con punta ad artiglio d’aquila, meglio ancora se circle hook, 2/0 – 4/0.L’esca regina è il cappellotto, ma anche la sardina dà ottimi risultati.Si pesca tutto l’anno, con una diradazione considerevole delle catture nei mesi di febbraio e marzo, quando gli occhioni vanno in riproduzione.

Questo pesce è particolarmente ricercato per l’eccezionale bontà delle sue carni. In Campania viene considerato, a ragion veduta, uno dei pesci di maggior valore culinario.E’ proprio il suo valore che lo rende oggetto di pesca professionale intensiva, ma data la profondità di reperimento, la macchina della pesca industriale non riesce a eliminarlo dalle batimetriche più profonde.

Il medio e alto Tirreno è tempestato di secche e cigliate idonee per il bolentino di alta profondità. Molte sono già note al grande pubblico e sfruttate da anni, ma altre sono ancora totalmente o quasi vergini. La scoperta di una cigliata vergine, consente di realizzare carnieri favolosi, ma proprio per questo è necessario ottimizzare le catture.Per questo motivo il bolentino di profondità mirato a questa preda, è una tecnica emergente che raccoglie un numero sempre maggiore di appassionati.

LE ALTRE PREDE

Come già accennato, questa tecnica è molto affascinante proprio per le sorprese che spesso possono capitare e che gratificano il pescatore. Gli squali di profondità (gattuccio, palombo e capo piatto) sono soliti abboccare con voracità, specialmente sulle secche che sono state “ripulite” da cernie e occhioni. Questi pesci, che soprattutto nel caso del capo piatto, possono aggiungere dimensioni considerevoli, vengono spesso apprezzati per la difesa che oppongono alla cattura, ma essendo di scarso valore alimentare, è sempre preferibile liberarli. Purtroppo, pur possedendo una dentatura in grado di rompere il nylon, molto spesso si agganciano con più ami sul corpo e non è possibile ridargli la libertà.

Oltre agli squali che vivono in profondità, non di rado è possibile ferrare altri squaliformi che attaccano le prede durante il recupero o appena allamate. Sono infatti stati allamati verdesche e squali volpe, oltre ad altri grandi squali, tra cui un bianco.Un’altra preda che spesso attacca le esche ad alta profondità, è il pesce castagna. Particolare nella sua forma, con la coda tipica a rondine, può raggiungere i dieci chili e possiede delle carni ottimeI pesci sciabola o lama, sono una disgrazia per la battuta di pesca, sono in grado di distruggere i terminali con rapidità incredibile, rendendo impossibile continuare a pescare. Quando s’incontrano questi pesci è preferibile cambiare zona.Sicuramente meno frequenti degli occhioni, ma altrettanto ricercati da chi pratica questa tecnica, i merluzzi che si catturano ad alta profondità sono sempre di taglia generosa: tra i 2 e i 6 chili di peso.

Si spostano seguendo batimetriche e temperature ben precise, di conseguenza non è facile individuarli. Se si verifica una cattura è necessario immediatamente memorizzare il punto e riuscire a capire a che distanza dal fondo è avvenuta l’abboccata, per riproporre le esche in mezzo al branco. Il merluzzo gradisce prevalentemente la sardina, meglio ancora se intera e assicurata all’amo con il filo elastico. Pur essendo un predatore molto vorace, è molto raro effettuare numerose catture, ma le sue carni ripagano del tempo perso alla ricerca del pesce.Molto rari, ma al tempo stesso ricercatissimi, sono i totani di profondità, che in casi rarissimi si allamano agli ami, ma che di norma puliscono le esche o mordono le prede. Per la loro pesca specifica, bisognerebbe armare il terminale con totanare e dedicarsi solo a loro.Esistono poi tantissime altre prede occasionali che rappresentano le sorprese di questa tecnica, rendendola affascinante e unica nel suo genere.