Il pesce serra è un pelagico molto diffuso nell’Atlantico occidentale, lungo le coste degli Stati Uniti, alle Azzorre e lungo le coste del Portogallo, ma è presente in banchi massicci anche nel Mediterraneo nello stretto dei Dardanelli, lungo le coste del nord Africa e nel Tirreno centro-meridionale. Il suo corpo allungato ricorda molto quello della ricciola, ma la coda invece di essere composta da due falci, è più omogenea, simile a quella della spigola. La testa è grande con il muso spiovente, la bocca è caratterizzata da due file di denti piccoli ma eccezionalmente taglienti, che gli consentono di mutilare con precisione chirurgica le proprie prede. Il serra è un predatore molto aggressivo, tanto che si presume attacchi le prede, oltre che per fame, solo per l’abitudine a uccidere. Le sue abitudini sono gregarie e lo portano a spostamenti considerevoli, effettuati lungo batimetriche profonde, fino ad accostare per la riproduzione in primavera. Con l’arrivo dell’estate, terminata la riproduzione, si stabilisce in aree che fino a qualche anno fa erano ben circoscritte, ma che negli ultimi anni si sono allargate a quasi tutte le coste tirreniche centro-meridionali. Le dimensioni medie del serra si aggirano tra i 2 ed i 5 chili, ma sono stati catturati esemplari di oltre dieci chili. Le catture più significative sono state effettuate nel mar di Marmara; con pesci che hanno sfiorato i 20 chilogrammi di peso.

LA TRAINA
Il pesce serra si pesca prevalentemente a traina con le esche naturali, vive o morte. Essendo un predatore che combatte esclusivamente a galla, può essere insidiato con attrezzature ultra leggere fino a scendere alle 4 libbre, per i più esperti. La lenza in bobina sarà dimensionata a seconda della classe di lenza scelta, mentre per il terminale dovremo necessariamente affidarci all’acciaio, per eludere la formidabile dentatura di questo pesce. Le esche vive più gradite dal serra sono le aguglie, i cefali, gli sgombri, i sugheri e le occhiate, ma in mancanza di questi pesciolini, può essere innescato un qualsiasi altro pesce basti sia vivo e guizzante. Non sono da escludere quindi salpe, boghe, menole fino ad arrivare al comune ghiozzo. L’esca viva va sempre innescata con due ami ad artiglio d’aquila del 4/0, ma nel caso dell’aguglia, per i meno esperti conviene l’uso di tre ami. L’innesco classico del pesciolino fusiforme, è con il primo amo dal basso verso l’alto a chiudere la bocca, ed il secondo amo dall’alto verso il basso sotto pelle all’altezza della pinna caudale. L’esca va filata ad almeno 40 metri da poppa, a galla o con una leggera piombatura nell’ordine dei 100-150 grammi, inserita ad una decina di metri dall’esca. Si traina a velocità bassissime che consentano all’esca il nuoto naturale. Il freno del mulinello va tenuto alla minima trazione, chiuso appena per evitare alla lenza di fuoriuscire con l’attrito dell’esca. Una buona soluzione è quella di utilizzare una pinzetta da downrigger, fissata al mulinello o ad una parte della barca in prossimità della canna. Bloccando la lenza nella pinza che si sgancerà al primo tocco, il pesce non si accorgerà della trazione del mulinello ingoiando l’esca. Il serra infatti per quanto sia feroce e violento nell’attacco, è capace di dilaniare l’esca o di mutilarla chirurgicamente, senza sfiorare minimamente gli ami. Dal momento dello sgancio della pinza con relativa partenza violentissima della frizione, bisognerà attendere che il pesce abbia preso velocità, e portata la leva sullo strike o bloccata la bobina con il pollice, si ferrerà il serra in fuga. Come accennato questo pesce è molto attivo anche di notte. Le condizioni e le zone sono le stesse, ma lo si può insidiare anche con esche artificiali, come minnow galleggianti o affondanti e cucchiaini martellati. La velocità della barca deve essere più sostenuta (4-5 nodi) anche per dar modo alle esche di perlustrare una zona più ampia.