Nel panorama delle prede dell’altura mediterranea, il pesce che ci avvicina di più, concettualmente, alla traina tropicale è la lampuga. Questo predatore pelagico è in grado di affascinare anche il pescatore più navigato, sia per la sua splendida livrea, che per la tenace difesa che oppone alla cattura, caratterizzata da velocissime fughe ed evoluzioni a pelo d’acqua. Ci troviamo di fronte a un pelagico nel senso più classico della parola.

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Nasce, cresce e vive in fitti banchi, composti anche da migliaia di esemplari. Si sposta seguendo rotte e temperature ben precise, tanto da poter essere monitorato con facilità e diventare oggetto di una floridissima pesca professionale. Le sue abitudini sono caratterizzate da un’innata predilezione per le zone d’ombra, tanto che incontrando un relitto in mezzo al mare, è molto probabile trovarvi al di sotto i dorado che tranquilli lo seguono a corrente. La sua indole gregaria lo porta ad avere dei comportamenti, riscontrati anche in altri pesci, ma esaltati in maniera singolare. Uno tra questi è rappresentato dall’inseguimento fino a sotto la barca, da parte di altri esemplari, nei confronti di una lampuga allamata.

Generalmente è una preda che si può incontrare anche sotto costa, ma gli esemplari più grandi e importanti si trovano in mare aperto. Fino a qualche anno fa, la taglia massima che questo pesce raggiungeva nelle acque intorno all’Italia, si aggirava intorno ai 10 chilogrammi, ed esemplari di tale mole già venivano considerati da record, ma con il surriscaldamento dell’acqua riscontrato negli ultimi anni, sono state catturate lampughe di oltre 20 chilogrammi, prede decisamente da sogno.

Nelle nostre acque si ha un primo accostamento in primavera, con un arrivo massiccio alla fine dell’estate. Il periodo migliore per insidiare questo pesce è nei mesi che vanno da settembre a dicembre. È presente omogeneamente in tutte e nostre acque, con punte di massima presenza intorno alle isole maggiori, nel canale di Otranto e in Liguria. Pur essendo un pelagico d’alto mare, non di rado accosta in cerca di cibo, portandosi anche in pochi metri d’acqua. La pesca specifica alla lampuga generalmente si effettua sotto costa, ma, come accennato, per avere delle soddisfazioni bisogna dedicarsi all’altura, impostando le esche su questo pesce. In linea di massima si possono calare anche soltanto 4 esche, ma aumentando a 6 o addirittura a 8, le percentuali di successo aumentano considerevolmente. Come attrezzature si possono usare le 20 libbre, in considerazione del fatto che anche esemplari da 6-7 chilogrammi rappresentano già un buon risultato.

Si pesca prevalentemente a traina di superficie con piccoli octopus, testine piumate e minnow. Non di rado attacca i grandi minnow affondati a mezz’acqua o le esche vive destinate a serra o ricciole. Un innesco che riesce a dare sempre degli ottimi risultati si effettua ritagliando dal dorso di un calamaro o di un totano (freschi o congelati) una striscia oblunga, con la parte posteriore a coda di rondine. All’occhiello dell’amo legato al terminale, si fisserà il capo di un filo di rame lungo una ventina di centimetri. Si passa la striscia di calamaro nella parte piatta in modo che la punta combaci con l’occhiello dell’amo. Per finire, si assicura la striscia all’amo con il filo di rame, accertandosi che siano ben assemblati tra loro. La striscia di calamaro si copre davanti con un octopus o con un jet, in modo da arricchire l’esca e renderla più vistosa. Le sue abitudini gregarie fanno sì che se si verifica una cattura, sicuramente ci sono ottime possibilità di avere altre ferrate in zona.