L’ESCLUSIVITÀ DELLA VELA
Sarà perchè è tra le più vicine al vecchio continente, o perchè con le sue 365 spiagge offre un riparo diverso per ogni giorno dell’anno (per i bisestili ci si può arrangiare), sta di fatto che la tradizionale traversata di inizio stagione, quella che parte sempre, come regola, dalle Canarie, spesso ha come prima meta Antigua. È qui che arrivano certamente tutte le barche con uno skipper inglese, che per tutta la traversata non ha pensato ad altro che all’ormeggio in rada che farà, coscenziosamente ed invariabilmente a vela, sotto l’occhio critico dei suoi amici che sono arrivati prima di lui ed a cui si unirà per criticare i nuovi arrivi. Una specie di circolo, un appello annuale a cui è indispensabile essere presenti. Solo la partecipazione ad una navigazione più lontana, opportunamente documentata da messaggi lanciati nell’etere e saltuariamente raccolti dagli amici può giustificare l’assenza.
Insomma Antigua è praticamente la sede naturale del club degli atlantici, non a caso Peter de Savary, l’eccentrico miliardario patron della sfida inglese alla Coppa America 1983, quella di “Azzurra” per intenderci, l’ha scelta come sede dell’esclusivissima seconda sede del St. James’s Club. Del resto non si può neanche dimenticare che le numerose baie, formate da ciò che resta dei crateri dei vulcani, circondate dalla barriera corallina e accessoriate di sabbia invariabilmente bianca e palme da cocco, offrono la giusta base per quella che è considerata la più importante regata dei Caraibi.
Solitamente fissata per i primi giorni di maggio, la settimana di Antigua è un vero e proprio festival della vela e dei giochi acquatici. Un modo di riunirsi tutti nella stessa località, per raccontarsi le storie della stagione terminata e per darsi appuntamento dall’altra parte, solitamente in Mediterraneo.
Insomma Antigua, scoperta da Cristoforo Colombo nel suo secondo viaggio e così battezzata in onore di Santa Maria de Antigua, come la cattedrale di Siviglia dove il navigatore aveva pregato qualche giorno prima di partire, ha sempre avuto un posto predominante nella storia dei Caraibi. La rese famosissima Horatio Nelson, che ne fece una base della Reale Marina Britannica e che la rese definitivamente dominio inglese, come lo è stata fino al 1981, quando ottenne l’idipendenza.
Grande come tutte le isole dell’arcipelago toscano, fa stato a sé con la vicina Barbuda, che dista una trentina di miglia e con Redonda, uno scoglio di un paio di chilometri quadrati distantre quindici miglia. St. John’s, la capitale è da visitare il sabato mattina in occasione del mercato , ma ciò di cui non si può certamente fare a meno èuna visita ad English Harbour, vicino Falmouth, che rappresenta una delle baie più sicure della zona, certamente adatta a sostenere l’impeto degli uragani estivi. Qui era il quartier generale di Nelson, qui molto probabilmente approderete proveniendo dal mare. Gli arsenali e la veleria del Nelson’s Dockyard, sono stati completamente restaurati e contengono un simpatico museo e qualche negozio di souvenir. Barbuda invece è una piattaforma corallina lunga 24 chilometri e larga otto, circondata da acque limpide e pescosisime in cui si immergono le candide spiagge che la circondano. Da non perdere il santuario ornitologico di WàOmoni Beach Parch, nella zona della palude, dove le fregate ed i pellicani si addensano incedibilmente, per alzarsi in volo all’avvicinarsi dei visitatori. Le fregate specialmente, con il loro tipico gozzo rosso della parata nunziale, sono molto particolari e copletamente disinibite nei confronti del visitatore.
Volendo allargare il tour alle isole sottovento da non perdere è Montserrat, una specie di Irlanda tropicale, così come la videro i primi visitatori, dopop Colombo, che arrivavno proprio dall’irlanda che la soprannominarono subito l’isola di smeraldo. E smeraldo sembra proprio, con le scoscese pareti del Chanchès Peak contornato dalle solfatare del vulcano attivo. Unica concessione alla civiltà occidentale, la moderna sala di incisione costruita da George Martin, l’impresario dei Beatles, in cui vanno ad incidere molti divi amanti della zona. Plymouth, la capitale è una delle più ridenti cittadine dei Caraibi e di qui si può partire alla scoperta del Bird Sanctuary o della Great Alps Waterfall, una cascata di una ventina di metri. In barca si arriva invece alle spiagge più belle: la Fox e la Rendezvous Bay.
Per chi voglia invece un momento di solitudine più riservato, farebbe bene a raggiungere Anguilla, così battezzata dal solito Colombo, per la somiglianza con l’animale. È la più settentrionale delle isole sottovento, alta sul mare al massimo una settantina di metri, è in effetti una immensa spiaggia, circondata da acque straordinarie. Vicino c’è l’soletta di Sandy Island, solo palme e sabbia Prickly Pear Cay popolata di molte forme di uccelli marini. Sembrano invece due sorelle aristocratiche St. Kitts e Nevis che insieme, viste dall’alto sembrano un punto esclamativo. La prma, molto montuosa, dominata dal vulcano Misery, di 1155 metri, è dedicata alle piantagioni di canna da zucchero. La capitale, Basseterre, apparteneva alla zona francese, gli inglesi si erano stabiliti più verso nord. Comunque le due colonie riuscirono a scacciare gli indigeni e a convivere fino a quando dei loro rapporti non si ocuparono i rispettivi governi che si contesero l’isola a cannonate per ben due secoli. Alla fine prevalsero gli inglesi, ma spostarono la loro capitale da Old Road Town, a quella attuale. Da non perdere il lago nel cratere del monte Verchilds. È proprioun monte che spunta dal mare Nevis, con la punta perennemente incappucciata dalle nuvole. Questa è stata sempre inglese che ne fecero un rinomato posto di villeggiatura, in funzione anche delle acque termali che l’arricchiscono. Il villaggio termale di Bath rappresenta ancora oggi una meta da non perdere.
Quale che sia l’itinerario, quel che è certo è che le isole sottovento, rispetto alle altre isole caraibiche hanno a volte matenuto alcune caratteristiche che le altre hanno immolato all’inflazionato turismo. Una zona più vera di un arcipelago, che rimane pur sempre una delle più interessanti palestre per il charter invernale, grazie al clima tropicale, alla bellezza delle acque ed alla presenza del costante aliseo.
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