Anche per questo mese la nostra attenzione è incentrata sull’ambiente marino. Il 25 giugno 2022, un po’ in sordina direi, dopo un iter di quattro anni è entrata in vigore la legge 17 maggio 2022, n. 60 recante “Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare”, o meglio, la Salvamare.

Il disegno di legge presentato dall’allora Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Sergio Costa, fu approvato dalla Camera il 24 ottobre 2019 ed è un prodotto made in Italy poiché non deriva come molta normativa attuale dalla mera applicazione di direttive comunitarie.

Con essa si colmano numerosi vuoti normativi in materia ambientale applicata di interesse specifico delle comunità rivierasche e in genere di coloro che fruiscono dell’ambiente marino, notoriamente tra i più delicati e a rischio nell’attuale transizione ecologica.

L’inquinamento del mare e segnatamente quello derivante da plastica è un aspetto spesso trascurato o che riappare in modo pressante alla visione di delfini e tartarughe soffocati per ingestione di materiale plastico e/o per incidenti a petroliere ma non ci si rende conto che tutti stiamo pagando le conseguenze del disastro ecologico e basti notare l’enorme massa di rifiuti non degradabili che si accumulano sulle spiagge o rendono per plurimi aspetti difficoltosa la navigazione.

Pur non risultando ancora palese la formazione di vere e proprie isole galleggianti di materiale plastico nel Mediterraneo, possiamo tranquillamente affermare che il nostro mare è sicuramente afflitto da eccesso di rifiuti di ogni genere risultando essere la sesta grande zona per inquinamento da plastiche. Le conseguenze si riverberano sulla filiera alimentare poiché il pescato appare inevitabilmente compromesso dal livello di inquinamento.

Particolare attenzione nella nuova legge è riservata agli aspetti essenziali del riciclo dei rifiuti, tema su cui sarà necessario a breve un forte sviluppo e ripensamento anche in ambito tecnologico e scientifico. Il pensiero evidente è di incentivare i naviganti e specialmente i pescatori a recuperare materiale dal mare per avviarlo al ciclo del recupero.

Giova rammentare un importante precedente in materia costituito dalla legge sulla difesa del mare dell’ormai lontano 1982, che istituì tra l’altro le riserve marine protette comminando pesanti sanzioni a chi provocava inquinamento in mare. Si posero le basi operative del moderno diritto ambientale marittimo anche sulla scorta di fondamentali convenzioni internazionali tra cui ricordiamo per brevità la Marpol e Montego Bay di cui la legge Salvamare rappresenta un ulteriore spunto evolutivo oltre che applicativo.

Deve essere evidenziato che il nostro testo esce dal consueto schema azione/punizione per passare a una fase decisamente propositiva. Resta fermo l’impegno delle varie componenti interessate e quindi della Guardia Costiera, da sempre in prima linea su questa tematica, anche se i comuni rivieraschi e le Autorità di bacino hanno gran parte. In definitiva, tutti gli utenti del mare dovranno partecipare in modo cosciente, volontario e informato.

Il testo si snoda in 16 articoli di cui alcuni piuttosto complessi, per cui offriremo una breve sintesi comunque utile a livello informativo.

L’art.1 fissa gli obiettivi tra cui il principale è quello di contribuire al risanamento dell’ecosistema marino, alla promozione dell’economia circolare e alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi volti alla prevenzione dell’abbandono dei rifiuti negli specchi acquei. L’articolo prosegue con una serie di definizioni che sono necessarie per il lessico della legge.

L’art.2 tratta invece della modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati che devono esser conferiti dal comandante della nave (intesa anche come unità da diporto) all’impianto portuale di raccolta di cui al recente d. leg.vo 197/21 (che ha sostituito il 182/03) e di cui abbiamo trattato nel numero di gennaio: se non presente, il comune di approdo dispone che siano conferiti ad apposite strutture di raccolta, anche temporanee, allestite in prossimità degli ormeggi.

Nel caso in cui la nave approdi in un piccolo porto non commerciale, caratterizzato da un traffico sporadico di imbarcazioni da diporto, i rifiuti accidentalmente pescati saranno conferiti gratuitamente presso gli impianti portuali di raccolta integrati nel sistema comunale di gestione dei rifiuti. In altro punto nodale che segna una innovativa sinergia tra pubblico e privato per il comune obiettivo della salvaguardia del mare, si prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, siano individuate misure premiali nei confronti del comandante del peschereccio che provveda al conferimento dei rifiuti trovati in mare.

L’art. 3 vuole che i rifiuti di cui sopra o marine litter possano essere raccolti nell’ambito di specifiche campagne di pulizia secondo modalità individuate con decreto del Ministro della transizione ecologica di concerto con quello delle politiche agricole. Sono soggetti promotori delle campagne di pulizia gli enti gestori delle aree protette, le associazioni ambientaliste, le associazioni dei pescatori, le cooperative e le imprese di pesca, nonché i loro consorzi, le associazioni di pescatori sportivi e ricreativi, le associazioni sportive di subacquei e diportisti, i centri di immersione e di addestramento subacqueo (diving) nonché i gestori degli stabilimenti balneari. Altri possibili promotori sono gli enti del Terzo settore nonché, fino alla completa operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le associazioni di promozione sociale, le fondazioni e le associazioni con finalità di promozione, tutela e salvaguardia dei beni naturali e ambientali e gli altri soggetti individuati dall’autorità competente. Gli Enti gestori delle aree marine protette possono realizzare, anche di concerto con gli organismi rappresentativi degli imprenditori ittici, iniziative di comunicazione pubblica e di educazione ambientale, altro aspetto che la legge si propone di sviluppare.

Punto di sicura innovazione della Salvamare è lo sviluppo dell’economia circolare (art. 4) intesa come riciclaggio sistematico della plastica e degli altri materiali non compatibili con l’ecosistema marino.

Particolare attenzione merita inoltre la previsione dedicata alle biomasse vegetali spiaggiate (art. 5). È fatta salva la possibilità del mantenimento in loco o del trasporto a impianti di gestione dei rifiuti, la reimmissione nell’ambiente naturale, anche mediante il riaffondamento in mare o il trasferimento nell’area retrodunale o in altre zone comunque appartenenti alla stessa unità fisiografica. Il tutto previa vagliatura finalizzata alla separazione della sabbia dal materiale organico nonché alla rimozione dei rifiuti frammisti di origine antropica, anche al fine dell’eventuale recupero della sabbia da destinare al ripascimento dell’arenile onde combattere il preoccupante fenomeno dell’erosione delle coste. Nel caso di riaffondamento in mare, tale operazione è effettuata, in via sperimentale, in siti ritenuti idonei dall’autorità competente. Gli accumuli antropici, costituiti da biomasse vegetali di origine marina completamente mineralizzata, sabbia e altro materiale inerte frammisto a materiale di origine antropica, prodotti dallo spostamento e dal successivo accumulo in determinate aree, possono essere recuperati sempre previa vagliatura.

L’art. 6. è dedicato alle Misure per la raccolta dei rifiuti galleggianti nei fiumi con coinvolgimento delle Autorità di bacino distrettuali mediante un programma sperimentale triennale di recupero delle plastiche nei fiumi maggiormente interessati da tale forma di inquinamento e con previsione di spesa.

Al monitoraggio e controllo dell’ambiente marino, che dovranno essere conformi ad apposite linee guida operative, provvede l’art. 7 mentre sono previste campagne di sensibilizzazione (art. 8) per il conseguimento delle finalità della legge e delle strategie per l’ambiente marino secondo gli obiettivi contenuti nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015.

Al fine di dare adeguata informazione ai pescatori e agli operatori del settore circa le modalità di conferimento dei rifiuti accidentalmente pescati o volontariamente raccolti, sono previste adeguate forme di pubblicità e sensibilizzazione a cura delle Autorità di sistema portuale o a cura dei comuni territorialmente competenti nell’ambito della gestione dei rifiuti urbani anche attraverso protocolli tecnici che assicurino la mappatura e la pubblicità delle aree adibite alla raccolta e la massima semplificazione per i pescatori e per gli operatori del settore.

Particolare attenzione è poi dedicata ex art. 9 all’educazione ambientale nelle scuole di ogni ordine e grado per la salvaguardia dell’ambiente onde rendere gli alunni consapevoli dell’importanza della conservazione dell’ambiente e, in particolare, del mare e delle acque interne, nonché delle corrette modalità di conferimento dei rifiuti, recupero e riuso dei beni e dei prodotti a fine ciclo, con l’obiettivo della riduzione dell’utilizzo della plastica e sui sistemi di riutilizzo disponibili.

Sempre in campo di sinergia ambientale, i produttori ittici che nell’esercizio delle proprie attività utilizzano materiali di ridotto impatto ambientale, partecipano a campagne di pulizia o conferiscono i rifiuti accidentalmente pescati è attribuito un riconoscimento ambientale attestante l’impegno per il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità dell’attività di pesca da essi svolta. È altresì prevista per i comuni la possibilità di realizzare un sistema incentivante per il rispetto dell’ambiente volto ad attribuire un riconoscimento ai possessori di imbarcazione, non esercenti attività professionale, che recuperano e conferiscono a terra i rifiuti in plastica accidentalmente pescati o volontariamente raccolti.

Gli impianti di dissalazione formano oggetto dell’art. 12 in cui si prevede la loro sottoposizione a VIA – valutazione di impatto ambientale – escludendo però quelli in dotazione delle navi intese in senso onnicomprensivo, includendo quindi le unità da diporto, mentre l’art. 14 prevede l’istituzione di un tavolo interministeriale di consultazione permanente sul contrasto all’inquinamento marino di cui fanno parte due componenti delle Capitanerie di Porto/Guardia Costiera e che ricorda per alcuni aspetti la soppressa Consulta per la difesa del mare dall’inquinamento del 1979 abrogata nel 1998.

La chiusa della legge (art. 16) è nella tradizione consolidata visto che contiene la clausola di invarianza finanziaria ragion per cui non si prevede alcun onere aggiuntivo a seguito dell’applicazione della legge. In effetti, quindi, e alla fin fine, si tratta di norme programmatiche che dovrebbero regolare l’esistente a costo zero, cosa che rappresenta certamente un limite poiché alla fin fine ogni attività prevede per essere espletata in modo adeguato un costo specifico. I soldi previsti per la pulizia dei fiumi nell’art. 6 sono attinti da altri capitoli, in tal modo impoveriti. Come per molte altre leggi, anche la Salvamare abbisogna di numerosi provvedimenti attuativi per cui, per poterne saggiare l’effettiva operatività, sarà necessario del tempo.

Speriamo che lungaggini e decreti contraddittori non la affossino sul nascere, visto che la problematica affrontata necessita di risposte concrete ed efficienti. Sarà nostra cura fornire notizia sull’emanazione delle norme attuative e sul livello applicativo delle stesse.