E’ morto Lowell North, fondatore della North Sails

La mentalità geniale e pragmatica di Mister Vele, Lowell North, ha cambiato il modo di andare per mare.

Nel 1957, all’età di 30 anni, Lowell North decise di lasciare l’ingegneria aerospaziale per diventare un velaio. Una scelta forte che racconta tutto di un uomo che è diventato “il” sailmakers per definizione, le cui idee, le cui visioni, le cui intuizioni hanno cambiato per sempre il modo di andare a vela e di fare le vele, di essere imprenditore. E oggi non c’è persona, anche molto lontano dalla passione del mare e dalla conoscenza delle regate, che non abbia sentito almeno una volta il nome North Sail. Fosse altro che per l’idea di affiancare la produzione con una linea di abbigliamento. I colleghi a un certo punto lo battezzarono “il Papa”, riconoscendogli subito una statura fuori dal comune. La scomparsa di North, a 89 anni, ci dà l’occasione di raccontare una storia straordinaria.

Quando Lowell ha 10 anni, la famiglia North si trasferisce a Los Angeles dove suo padre acquista uno scafo da pesca di 36 piedi. La barca ha un dinghy, di cui lui si appropria, lo fornisce di una chiglia e di una (la sua prima) vela. “Un inizio”, come amava ricordare, o una chiamata, come in ogni vocazione che si rispetti. Più tardi i North si trasferiscono a San Diego. Qui, a 14 anni, Lowell inizia a regatare con suo padre nella Star, ma con scarsi risultati. Così pensa di rifarsi le vele per conto suo. Nel 1957 vince il Mondiale della Classe e fonda North Sails. Subito nasce la prima intuizione imprenditoriale: prima velisti, poi velai. In coppia con Peter Barrett, vince la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, sempre nella Star, con la quale consegue anche cinque titoli mondiali, più una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Tokyo del 1964 nella classe Dragone. Così, un giorno, in un bar qualcuno appellò “dio” Paul Elvstrom, il velista danese per molto tempo recordman dei Giochi Olimpici, con quattro medaglie d’oro, superato molti decenni dopo solo da Ben Ainslie, il britannico che ai quattro ori affianca anche un argento. Secondo quanto racconta Michael Lewit in “Le vele più famose del mondo”, qualche avventore commentò: “e se Elvstrom è dio, North chi è?”. Il Papa, fu la risposta. E Papa sarà fino all’anno del suo ritiro nel 1984.

Le storie si rincorrono e diventano leggenda. Come quella che lo vuole testare l’invecchiamento dei tessuti durante i viaggi di due ore tra i loft di San Diego a Seal Beach, attaccando strisce di vela all’antenna radio della sua auto. Una volta arrivato paragonava il materiale affaticato ai campioni nuovi della stessa bobina. E’ solo l’inizio. Lowell si rende conto che le partite di dacron hanno differenti caratteristiche meccaniche. Per valutarle utilizza quindi un dinamometro di Scott. Poi introduce l’uso della fotografia, per valutare la forma assunta durante la navigazione.

Nel sito della North Sail si legge con orgoglio che il suo fondatore è lo Steve Jobs della vela. In effetti Lowell abbracciò l’uso del computer “anche quando era ancora un dispositivo relativamente oscuro e costoso”, molti decenni prima che diventasse uno standard per la progettazione delle vele. E’ durante la prova per un Soling, che incontra Heiner Meldner, professore di Fluid Dynamics presso l’Università di San Diego, con cui sviluppa l’idea di progettare attraverso un software. Dieci anni dopo, la sua società ha un tunnel del vento simulato dal computer, che effettua analisi strutturali, disegna al computer e taglia il materiale con un plotter laser connesso.

La prima veleria satellite apre nel 1961, a Newport Beach. Alle Olimpiadi del ’64 Lowell incontra il tedesco Eckart Wagner, timoniere di 5,5. Dopo un periodo di apprendistato, quest’ultimo apre una veleria North Sail in Germania che nel 1972 produce la metà delle vele usate per i Giochi di quell’anno. Nel frattempo a Tokyo ‘64, North ha conosciuto Peter Barrett: lui regatava sul Dragone, l’altro sul Finn, dove conquista l’argento. Al ritorno a casa, secondo la logica prima velisti (campioni di vela), chiede anche a lui se vuole diventare un velaio. E’ una super “tigre”, l’appellativo poi riservato ai migliori uomini dell’azienda. Per farsi un’idea, il nuovo acquisto porta con sé oltre all’esperienza di un argento olimpico, una laurea in legge, una in matematica e successivamente ne avrebbe conseguito una in economia. Con Barrett nasce la terza intuizione, quella societaria. La North viene strutturata come una holding dove ogni “tigre” ha una sua società separata della quale detiene il 40{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} delle azioni, il resto sono di North. “Nessuno avrebbe potuto o voluto compraci” commenterà il capo anni più tardi.

Per battere il velaio più famoso al mondo, il mitico Ted Hood, e farlo in casa sua, in Massachusetts, “ci voleva una super tigre”, ricorda Levitt nel suo libro. Ecco comparire all’orizzonte John Marshall. Laureato in chimica ad Harward, rinuncia al dottorato di ricerca in biochimica e genetica virale dopo la vittoria ai Campionati americani della Classe 5.5, perché capisce che la vela è una grande passione e vuole vivere vicino al mare. Soprattutto, alle Olimpiadi del 1968 del Messico – dove lui è una riserva e si occupa della messa a punto delle barche – incontra North e Berret. Risultato del team è l’oro nella mitica Star. Marshall torna a insegnare matematica all’Università, ma non tarda la chiamata di Lowell alla quale risponde su due piedi.

Nel ’75 arriva Tom Blackaller, la “rock star della Coppa America”, come lo definisce Lewitt, che apre il loft di San Francisco, e che comunque è laureato in ingegneria a Berkeley. Nel ’78 vuole partecipare al Campionato Nordamericano di Star, ma non ha il prodiere. Un giovanissimo Paul Cayard si offre di portargli la barca fino a Toronto in cambio dell’imbarco. Dopo il diploma, Blackaller gli procura un lavoro in veleria e poi lo porta con sé su “Defender” (Coppa America 1983) e su “USA” (Coppa America 1986), dove arrivano alle semifinali poi vinte dal “re” Dennis Conner. Un trampolino che porta il Cayard a divenire il popolare “baffo” del “Moro di Venezia” nel 1992. North Sail è anche questo. Nel 1977 Lowell introduce il Mylar nella Coppa America, anche se questa novità tecnologica è offuscata dalla forse unica macchia della sua carriera, avvenuta con l’esonero dal ruolo di timoniere a causa di una dura querelle con il miliardario Ted Turner.

Anche il neozelandese Tom Schnackenberg è una grande testa (fra le altre cose sarà il progettista di “Black Magic” la barca dei Kiwi che vincerà per la prima volta la Coppa America nel 1995). Prossimo a guadagnare un dottorato di ricerca in fisica nucleare viene attirato da Lowell a San Diego. Nel ’76 Schnackenberg visita il centro di ricerca di General Motors, il cui direttore del centro di ricerca aveva regatato con Lowell e capisce le potenzialità del programma utilizzato per studiare la forma tridimensionale delle lamiere delle auto. Nasce così la North Sails 2.0, attraverso la riscrittura da zero dei software di progettazione. Il nuovo programma fu battezzato “Tin Sails”, vele di latta, in omaggio all’idea originale. Già dagli anni ‘70 questa incredibile squadra di velai scienziati usava il computer. Adesso era possibile testare al computer migliaia di varianti nella progettazione di una vela in poche ore, l’equivalente di anni di lavoro in galleria del vento, e di avviare al taglio la soluzione migliore per le esigenze richieste. Poi, siccome un plotter per il taglio dei tessuti costava all’epoca qualcosa come due milioni di dollari, già che c’era Tom ne progetta uno da zero per circa 50.000 dollari.

Si deve a Schnackenberganche la comparsa dei primi gennaker – metà spi e metà genova – su“Australia II”, il 12 m Stazza Internazionale con le alette che stravince la Coppa America del 1983. Schnackenberg nota che le rigide norme della stazza non prevedono limiti alla lunghezza dell’inferitura del genova. Le nuove vele vengono quindi stazzate come fossero dei fiocchi dal profilo molto grasso, ma vengono utilizzati al posto dello spinnaker nelle andature di lasco stretto. Semplice e geniale, infatti nessuno ci aveva pensato. Oggi il gennaker non solo ha praticamente sostituito lo spi in molte competizioni, ma è praticamente l’unica vela utilizzata alle andature portanti sulle barche da crociera. Non basta. Sul 12 m S.I. australiano esordisce anche il taglio triradiale delle vele, dove ogni ferzo ha una sua forma: fino all’introduzione del 3DL non ci saranno alternative.

Dal 1980 la North Sail è diventata la veleria più attiva nelle campagne di Coppa America, la Formula 1 della vela.

Nell’86 si pone il tema di sostituire il plotter che taglia il tessuto con una lama calda con un laser e viene chiesto a Bill Slyne, poi capo del settore ricerca e sviluppo, di costruire un tagliatore laser. Non è solo un fatto di aderenza fra progetto e realizzazione, ma di replicabilità in qualsiasi parte del mondo del medesimo taglio. Un’altra rivoluzione di portata mondiale.

L’ennesima rivoluzione esordisce alla Coppa America del 1992 sulla barca di Dennis Conner. Il successo è tale che nell’edizione 1996 New Zealand, Defender, e New York Yacht Club, Challenger of Records, devono modificare il Protocollo che regola il Santo Graal della vela, consentendo la possibilità di costruire le vele in qualsiasi nazione, a patto che la progettazione fosse del team. Diversamente solo gli americani avrebbero potuto accedere allo stabilimento di Minden, nel deserto a sud di Reno, nel Nevada, dove si trova lo stampo 3DL.

Ma è solo la prima di quell’anno. Nel 1992 anche il Belpaese entra a pieno titolo in questa epopea, quando il “Moro di Venezia” condotto da Paul Cayard sfoggia un gioco di vele in carbonio disegnato da Guido Cavalazzi di North Sail Italia. Un progetto super segreto, persino agli stessi vertici della North, la cui elaborazione è durata oltre due anni, figlio della partnership fra North Sail Cloth e la Montedison, allora guidata da Raul Gardini. “America3” risponde una settimana dopo con vele in “cristalli liquidi”, in realtà un mix di spectra e carbonio realizzato stavolta da North USA.

Dal 1989 al 1996 Lowell North si è dato alla crociera; da giugno scorso naviga in altri lidi, mentre il suo imprinting continua a cambiare il modo con cui tutti i giorni andiamo in barca.

Estratto dell’articolo pubblicato su Nautica di luglio, in edicola.