di Carlo Romano

 

Croci e delizie della forma più itinerante del diporto: quella che prevede i trasferimenti più consistenti con la barca rimorchiata dalla propria automobile. Con molta ironia, un autentico appassionato ci racconta la sua lunga esperienza.

Chi ricorda i film degli anni ‘60, dove era facile vedere gente che con la mitica Fiat 600 e una barchetta a remi caricata capovolta sul tetto andava al mare? Erano gli anni del boom economico e anche dalla spiaggia era facile vedere motoscafi che sfrecciavano con gente a bordo.

carrello

Quindi scattava la domanda: “E io?” Ecco che, firmando un metro cubo di cambiali, si comprava una barchetta di 3-4 metri, la si caricava sul portapacchi e una volta arrivati – pantaloncini corti bianchi, maglietta a righe e berretto da capitano acquistato al gabbiotto dei souvenir in spiaggia – e saliti a bordo, ci si sentiva come Nemo a bordo del Nautilus. Poi l’evoluzione, portò a pensare a un gommone, di varie dimensioni e con varie motorizzazioni, messo su un carrello trainato dall’auto.

Certo, il sogno era ed è tuttora quello di una barca di dieci-quindici metri, in pratica un bilocale galleggiante. Ma a che prezzo? Dove tenerla? E, a seconda dei luoghi, per fare che cosa? Abbiamo migliaia di chilometri di coste, ma spesso davanti a queste c’è il mare aperto. A parte la Toscana col suo arcipelago, la Sicilia con le Eolie e le Egadi, il Lazio con le Ponziane, la Puglia con le Tremiti e poco altro ancora, se non si ha a disposizione tempo e voglia di spendere in carburante per arrivarci, può essere un problema. Proprio per questo, in molti marina mi capita di vedere barche importanti, a vela o motore, con persone a bordo, ferme lì per giorni e giorni.

 

carrello

In pratica è come avere un appartamento al mare, ma allora a che serve la barca? Per molti, la risposta più pratica si materializza in un piccolo cabinato da mettere su un rimorchio, da portare a spasso dove e come si desidera. Personalmente dopo varie esperienze anche importanti, ho optato per questa scelta. Vero che gli spazi sono quel che sono, in quanto le disposizioni di legge sulla strada impongono certi limiti.

Senza entrare nei dettagli, diciamo che in lunghezza il limite è di 18,75 metri tra auto e rimorchio; in larghezza il massimo è di 2,55 metri. Fin qui niente di particolare. Un buon cabinato di 24 piedi offre quattro posti letto, cucina, frigorifero, bagno con wc, doccia e qualcos’altro ancora per rendere la vita più comoda, ma attenzione alle problematiche che si sollevano. Un’auto anche di grossa cilindrata mediamente non va oltre i 2.000 chilogrammi di massa rimorchiabile, il che significa che con la normale patente di guida “B” non si possono eccedere i 3.500 di massa tra auto, che chiameremo motrice, e rimorchio.

 

carrello

Dunque, considerando che un’auto adatta può arrivare a pesare 16-18 quintali, si può trainare un rimorchio di circa 1.700-1.900 chilogrammi e qui la scelta si restringe. Se restiamo nel campo dei gommoni, possiamo pensare a un 18-22 piedi, oppure, come per me nel passato, a un Sessa Oyster 20 piedi che trainavo con una Citroen C5.

Ma se vogliamo qualcosa di più sostanzioso, dobbiamo pensare a un 24 piedi, facendo però i conti con la patente di guida. Superando i 3.500 kg tra motrice rimorchio, dobbiamo cioè essere in possesso dell’estensione “E” della patente, il che significa iscriversi a una scuola guida, seguire il corso di teoria e di pratica e poi dare l’esame presso una Motorizzazione Civile.

 

carrello

Una volta conseguita la patente idonea, dobbiamo valutare la capacità di traino dell’auto. Personalmente, ho dovuto cambiare passando a una Land Rover Discovery con una massa rimorchiabile di 3.500 kg: nessun problema, salvo le disposizioni del Codice della Strada circa eventuali limitazioni della stessa massa rimorchiabile.

Risolti questi problemi tecnico-burocratici, siamo liberi di prendere una carta stradale e una carta nautica per decidere dove andare a metter in acqua la nostra beneamata.

Il viaggio con il rimorchio può svolgersi alla velocità massima consentita di 70 chilometri orari sulle strade ordinarie e di 80 in autostrada, il che, a seconda della destinazione, può diventare molto faticoso in quanto occorre fare i conti con le nostre strade e autostrade che, in fatto di fondo, deviazioni e lavori in corso, non sono proprio il massimo: così, ogni avallamento o dislivello, si ripercuote sulla motrice che, a meno di non avere montato sul timone del rimorchio un anti-sbandamento in grado di rendere la guida più confortevole, ci fa sentire come alle redini di un Conestoga, il carro dei pionieri del vecchio West.

Durante il percorso abbiamo a che fare con autocarri, autoarticolati e veicoli di tutti i generi che mal sopportano di avere un convoglio (questo il termine corretto da Codice della Strada) che procede a velocità ridotta, perciò sentiamo suonare clacson e trombe da petroliera. L’atteggiamento migliore è il “Non ti curar di loro, ma guarda e passa” per dirla con il Sommo Poeta. Arrivato il momento di fare rifornimento, o di prendere un caffè o di andare al bagno, qualche problema può verificarsi nel trovare uno spazio per fermarsi, specialmente nelle aree di sosta autostradali. Ma sopportiamo anche questo.

scivolo nautico

Finalmente mare in vista, si esce dalla strada principale, quindi attenzione alle curve a gomito, alle strettoie, al traffico per arrivare al punto giusto per varare la barca. Anche qui non è detto che sia cosa semplice: se possiamo usufruire di uno scivolo, bene; ma se la nostra barca è posta sul carrello con invaso, occorre una gru e dove trovarla? Certo in un marina attrezzato o da qualche altra parte dove la si vede. E allora, mano al portafogli! Una volta in acqua, mica è finita: bisogna pur trovare un ormeggio.

Fatto tutto questo, meglio non pensare che a fine vacanza bisognerà ripetere ogni cosa al contrario. Per ora godiamocela.
Da questo momento in poi, carta nautica alla mano, si tratta di decidere dove andare. E qui si spalanca un mondo particolare. A volte capita di ritrovarsi in mezzo a barche di dimensioni più importanti e, perciò, che il vicino – in pantaloni e camicia ben stirati – ti guardi dal suo alto al tuo basso, seduto su un bel divano con una copia del Sole 24 Ore sulle gambe.

Magari – come è capitato a me – ostenta un prosecco Millesimato e bicchieri di cristallo (!!!). Volete sapere che cosa ho fatto? Ho tirato fuori dal mio frigo un ottimo Champagne, solennemente l’ho versato nei flûte d plastica – tanto chi se ne accorge – e, con un sorriso, ho platealmente alzato il calice alla sua salute.

 

carrello

Ironia a parte, per spiegare che cos’è la nautica carrellabile a chi non l’ha mai praticata può essere utile il paragone con la moto: sebbene ti costringa ad affrontare problematiche specifiche, ti dà un senso di libertà che a volte un’automobile – in questo caso, una barca “tradizionale” – non è in grado di dare. Questo ti fa digerire questioni assai antipatiche, come l’atteggiamento di quei cantieri che tentano – spesso riuscendoci – di spremerti come un limone.
Esempi personali? Varo e alaggio con la gru a Lefkada, in Grecia, 499 euro. Cosa folle. Al contrario, varo e alaggio a Lussino, in Croazia, sempre con gru, 75 euro. E così in altri luoghi, dando origine a delle disparità incredibili. Per non parlare dell’Italia, ovviamente, dove sarebbe opportuna una più attenta regolamentazione della materia.


Per fortuna, quando mettiamo in moto, lasciamo l’ormeggio e appena possiamo diamo gas quanto basta per andare in planata, il piacere di avere il vento sulla faccia immaginando i luoghi che ci attendono è impagabile.