L’ingente e crescente contaminazione da micro-nanoplastiche (MNP) degli ecosistemi acquatici e terrestri costituisce un’emergenza prioritaria, come testimonia la lapidaria “sentenza” pronunciata nel 2016 dal “World Economic Forum”: “Nel 2050 (vi sarà) più plastica che pesci nei mari e negli oceani del mondo”.

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A rendere questo scenario ancora più allarmante contribuisce il comprovato ruolo di potenti “attrattori e concentratori” esplicato dalle MNP nei confronti di una vasta gamma di “contaminanti ambientali persistenti”, ivi compresi metalli pesanti quali il metil-mercurio (MeHg), oltre a numerose categorie di composti organici quali le diossine, i policlorobifenili (PCB), gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS).

La “destabilizzazione”

A tal proposito, ritengo opportuno segnalare la consistente “destabilizzazione” arrecata alle catene alimentari in ambito marino e oceanico, con particolare riferimento alle balene, che da “consumatori secondari” (visto e considerato che di zooplancton normalmente si nutrono) si ritroverebbero “improvvisamente” a scalare numerose posizioni delle stesse, attestandosi in pratica sui livelli di “predatori apicali” quali delfini, orche e orsi polari.

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Le ricadute sulla salute

Le ricadute sulla salute e sulla conservazione di queste gigantesche quanto iconiche creature del mare, sempre più minacciate per mano dell’uomo, sarebbero particolarmente gravi soprattutto in quelle aree geografiche ove si registrano elevati tassi di contaminazione chimico-ambientale, come ad esempio nel Mare del Nord e nel Mediterraneo.

Ciò a motivo dei gravi effetti immunotossici e neurotossici prodotti da molti contaminanti ambientali persistenti, nonché dalle loro molteplici quanto variegate combinazioni, unitamente alla rilevante “interferenza” da essi esplicata nei confronti di molteplici attività e funzioni ormonali.

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Tale quadro verrebbe ulteriormente aggravato dalla comprovata azione vettrice esercitata dalle MNP nei confronti di svariati agenti patogeni, ivi compresi numerosi batteri antibiotico-resistenti, che potrebbero trasferire ad altri microorganismi una serie di geni coinvolti nel fenomeno dell’antimicrobico-resistenza.

“One Health”

Alla luce di quanto sopra, ritengo che un approccio multidisciplinare, ispirato al principio/concetto della “One Health” – la salute unica di uomo, animali ed ambiente -, rappresenti di fatto la migliore strategia sia per quantificare la reale entità di tali fenomeni sia per mitigare le nefaste conseguenze legate alla crescente esposizione alle MNP della cetofauna popolante i mari e gli oceani del nostro Pianeta.

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Giovanni Di Guardo, DVM, Dipl. ECVP, Professore di Patologia Generale e Fisiopatologia Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Teramo 

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