Gli effetti macroscopici dei cambiamenti climatici, ben visibili sulla terraferma, incidono altrettanto anche se in maniera poco visibile - sull’ecosistema marino: un ambiente meno difendibile e non meno importante.

Difficile pensare ad un altro mare che, come il Mediterraneo, racchiuda in sé tante peculiarità. Non solo perché è il mare sulle cui sponde sono nate le più antiche civiltà, non solo perché sui suoi fondali riposano le testimonianze di millenni di storia, non solo perché la bellezza delle sue coste ci viene invidiata da tutto il mondo, ma anche perché con i suoi 2.510.000 chilometri quadrati aperti solo a Suez e Gibilterra, questo lago mancato è soggetto a processi climatici assolutamente specifici.

 

I barracuda, oggi ampiamente diffusi anche in Mediterraneo, sono pesci antichissimi. Come i pesci pipistrello
della foto sotto, rimasti “impressi” nella pesciara di Bolca.

 

Mancano, o almeno mancavano, fenomeni estremi come monsoni e uragani e tutt’al più si arriva a qualche bella burrasca; le maree sono praticamente inesistenti, le correnti moderate, le temperature sono, o almeno erano, mediamente temperate: tutte caratteristiche che, unite alla morfologia estremamente variegata dei fondali, hanno consentito nel succedersi delle ere geologiche lo sviluppo di molteplici nicchie biologiche e, conseguentemente, di una straordinaria biodiversità che oggi conta circa 17.000 specie.

Il tutto sotto l’imprinting di una salinità molto elevata dovuta da un lato alla forte evaporazione, alla quale l’entrata di acqua atlantica da Gibilterra può solo dare un timido aiuto, dall’altro allo scarso apporto di acque fluviali. Un mare splendido, in sostanza, ma anche un ecosistema di grande delicatezza da curare come una specie rara e a rischio estinzione.

 

fossili
I pesci pipistrello rimasti “impressi” nella pesciara di Bolca.

 

Questo quadro idilliaco sta però cambiando sotto la spinta di cambiamenti climatici apparentemente irreversibili, almeno in tempi brevi, e destinati comunque a cambiare non poco la situazione. Abbiamo già visto i meteorologi creare un neologismo per battezzare come “medicanes” (mediterranean hurricanes) gli uragani di casa nostra, la cui violenza con piogge torrenziali e vento in grado di superare i 150 km/h, ha poco da invidiare a quelli tropicali (basterebbe ricordare quanto successo lo scorso anno sulle coste nord-occidentali della Corsica).

Il fenomeno è per altro aggravato quest’anno dalle conseguenze del Niño, una corrente termica anomala che ogni 2-7 anni (l’ultima fu nel 2016) comporta il surriscaldamento degli oceani di tutto il mondo con pesanti conseguenze e che, pur nascendo nel sud del Pacifico orientale, arriva ad influire anche sul Mediterraneo. E c’è da aspettarsi che l’impatto fra le variazioni termiche estive e l’abbassamento delle temperature autunnali arricchisca nei...

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