CINTRA, UNA STORIA

Se è vero, come dice qualcuno, che il mare nasconde tanta poesia, è probabile che i versi più belli nascano a bordo delle barche d’epoca.Perché il legno vive, parla, e racconta storie di un altro mare, di altri uomini, di altri tempi, forse più belli, forse no, comunque lontani e già per questo carichi di suggestione. E a toccare l’anima possono essere legni incisi da rughe profonde ed indelebili, o forme snelle ed eleganti riportate all’antico splendore. Comune resta la matrice di barche ancorate ad un passato di cui conosciamo poco: a volte solo il nome dei diversi proprietari, qualche foto d’epoca, i vari successi in regata, o le trasformazioni strutturali rimaste sui libri dei cantieri di maggior tradizione.

La storia di Cintra, ad esempio, uno dei primi 12 metri S.I. costruiti da William Fife, può essere seguita solo attraverso notizie frammentarie ed episodiche: sappiamo più o meno come nacque e per grandi linee sappiamo anche come visse e come rischiò di finire miseramente la sua vita. In compenso, caso assai raro, abbiamo potuto seguirne passo passo la rinascita, fino a vederla di nuovo solcare il mare, piena di vento, in tutto il suo splendore.

William Fife era figlio d’arte, e quando prese in mano l’azienda paterna aggiunse la sua profonda esperienza d’architetto alla già solida ed affermata tradizione del cantiere. In tempi in cui diporto ed agonismo velico erano riservati all’aristocrazia, di sangue o di denaro che fosse, i nomi che contavano erano pochi. Ciò nonostante l’amore per la competizione spingeva i cantieri di maggior nome ad una continua ricerca per migliorare forme e vele delle proprie barche, e arrivò inevitabile la necessità di regolamentarne la costruzione per potersi meglio misurare. Nacquero così, nel 1906, le classi di «Stazza Internazionale», con un regolamento di costruzione che fu in seguito modificato, ma che all’inizio vide nascere splendide imbarcazioni il cui scopo principale era correre, e soprattutto vincere. Cintra fu uno dei primi 12 metri S.I. realizzati in quell’epoca, il secondo disegnato da Fife, e passò i suoi primi anni di regata modificando più volte il proprio armamento per essere sempre competitivo al massimo.

Dileguati i fumi della Grande Guerra, Cintra cambiò proprietario e dalle acque del Clyde passò a quelle del sud dell’Inghilterra, dove si presentò con armamento bermudiano, e dove continuò a regatare fino al 1956. La «Round the Island Race» di quell’anno è l’ultima competizione documentata in cui figuri il nome di Cintra. Poi il nulla, l’oblio, la barca scompare nelle nebbie del Tamigi e vi riappare dopo una quindicina d’anni, semiabbandonata nel capannone di una vecchia chiatta. Al di là delle miserevoli condizioni molto è cambiato nella barca. L’armamento è passato a ketch, sulla coperta rigorosamente flush-deck è scomparsa un’orrida tuga a due livelli, lo slancio di poppa è stato accorciato, e «last but not least» (ma lo si scoprirà solo durante la restaurazione) la zavorra in piombo è stata sostituita da una forma di cemento che ha reso necessaria una modifica della chiglia.

Passa un’altra manciata d’anni, e nel 1984 Cintra passa in un cantiere della costa orientale inglese dove viene scoperta per caso dai «veteran boat scout» della Camper & Nicholson. È la fine di un lungo calvario. La barca viene segnalata alla Giorgetti & Magrini, e Franco Giorgetti la propone all’attenzione di Alberto Rusconi, editore di chiara fama, Commendatore e Grand’Ufficiale della Repubblica, ma soprattutto grande appassionato di barche d’epoca, specialità 12 metri S.I. (suoi sono anche Tomahawk» e «Vim»).

Il gioco è fatto. Cintra lascia le patrie acque e approda al cantiere «La Bussola» di Fiumicino, cantiere che sotto la gestione di Luca Sanpietro è andato specializzandosi nel restauro di barche classiche in legno, sia a vela che a motore. Cintra arriva in stato pietoso, con evidenti segni di restauri parziali e di pessima esecuzione, ma pur sotto abiti tanto dimessi si intravvede l’eccezionale purezza di linee e la validità di uno scafo di nobili origini. L’operazione parte in due direzioni. Da una parte la Giorgetti & Magrini inizia una difficile opera di ricerca, riuscendo a rintracciare presso un’associazione inglese il piano velico originale, il piano generale di costruzione e alcuni schizzi dell’alberatura disegnati dallo stesso Fife. Dall’altra il cantiere parte con un’opera di demolizione di tutto ciò che appare fatiscente, tracciando un piano di quel che può essere salvato o al limite restaurato.

Alla resa dei conti la situazione è che circa il 50{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} del fasciame in mogano Honduras potrebbe essere recuperato (in realtà per maggiori garanzie di durata verrà quasi interamente rinnovato), così come tutte le ordinate in acacia (il che ha consentito di sostituire ordinate e madieri in ferro zincato senza compromettere le forme della barca) e i bagli del ponte in olmo. Totalmente recuperabili apparivano anche la chiglia, la ruota di prua e il dritto di poppa, tutti realizzati in olmo. Poiché il restauro mirava ad una ricostruzione assolutamente fedele al progetto originale, il lavoro è stato pianificato con una cura e un’attenzione al dettaglio veramente unici, addirittura ricorrendo alle stesse essenze indicate da Fife anche quando queste erano di difficile reperimento.

Il lavoro è così iniziato con l’asportazione del fasciame non idoneo, sostituito da nuovi corsi in mogano da 35 mm, mentre con un giusto compromesso fra tecniche antiche e tecnologie moderne il fasciame, posato e calafatato come si faceva a inizio secolo, è stato poi trattato con uno strato di West System. Realizzato secondo una tecnica tipica di Fife, lo scafo di Cintra presenta un’ossatura con ordinate alternate di acacia e ferro zincato, struttura che garantisce massima robustezza senza appesantire eccessivamente la barca. Essendo irrecuperabili, tutte le ordinate e i madieri in ferro sono stati tolti e rifatti a modello.

La coperta è stata invece interamente smantellata e rifatta su una base di compensato marino da 20 mm di spessore, rivestito da doghe di douglas (essenza originale della coperta) da 15 mm, mentre mastre, trincarini, e tambucci sono stati rifatti in mogano con massima fedeltà al progetto. Con lo stesso spirito è stato totalmente ricostruito il coronamento dello slancio di poppa, del tutto mancante quando la barca è arrivata in cantiere, ed è stata ripristinata una zavorra in piombo simile a quella originale. La losca del timone, la barra e la parte alta dell’asta sono state invece recuperate al 100{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} mentre la pala ha richiesto un’abbondante ricostruzione.

Nata per correre prevalentemente in regate di triangolo, Cintra non prevedeva interni da crociera, e tale è stata ricostruita. Al salottino d’ingresso con annesso tavolo da carteggio, segue un locale servizi con la cucina e una toilette «a giorno», mentre tutta la parte di prua è destinata a cala vele. Per le ragioni di cui sopra la barca inizialmente non prevedeva alcuna motorizzazione, ma le moderne esigenze di manovra hanno imposto un piccolo propulsore, un Perkins da 20 HP, alloggiato in una sala macchine che ospita anche serbatoi e batterie.

Non restavano che alberi e vele, questi interamente rifatti visto che la barca nel corso della sua storia aveva più volte cambiato tipo di armamento. Tutto è stato ricostruito secondo quanto previsto da Fife. L’albero, incluso l’alberino di gabbia che è incappellato, arriva a m 24,65, mentre il picco della controranda misura m 8,05 e il boma è di m 13,18: il tutto realizzato in douglas a sezione cava, essendo oggi praticamente introvabile il silver spruce che era probabilmente l’essenza originale.

Da notare che tutte le ferramenta necessarie all’attrezzatura dell’albero sono state ridisegnate secondo il modello originale e forgiate in cantiere. Nelle barche d’inizio secolo le manovre delle vele erano solo muscoli e paranchi. Su Cintra sono state addolcite dall’aggiunta di 6 piccoli winches (due drizze, scotta della randa e volanti basse), ma di base non hanno subito modifiche e offrono preziosi dettagli come bozzelli realizzati dalla Picchetto di Genova, i canestrelli della randa in lamellare di frassino inguainato in cuoio inglese e tutte le impiombature fatte a mano e anch’esse rivestite in cuoio.

Per le vele è intervenuta la Murphy & Nye, che oltre a rispettare alla lettera il piano originale, ha scelto un dacron color avorio, esteticamente assai simile al cotone con cui erano realizzate le vele originali. Randa, controranda, fiocco, trinchetta, yankee e uccellina danno una superficie velica totale di circa 217 metri quadri a cui vanno aggiunti i 190 metri quadri di una grossa vela portante assimilabile ad un moderno gennaker.

Entrata in cantiere a dicembre del 1990, la barca è stata ricostruita a tempo di record, ed è tornata in acqua il 20 agosto del 1991, alla vigilia di quel «Veteran Boat Rally» di Porto Cervo a cui l’armatore teneva moltissimo. Tanto che, per arrivare in tempo alle regate, Cintra è partita senza alcuna messa a punto né di vele né di motore, e in pratica il battesimo della barca è avvenuto direttamente in regata, peraltro senza il minimo problema. Cintra può essere oggi ammirata a Rapallo, suo porto base, ma in realtà è più affascinante seguirla nelle regate per barche d’epoca, regate che in un mondo sempre più tecnologico vanno trovando un numero di consensi sempre maggiore.

Progetto originale: William Fife
Costruzione: William Fife and Son, Fairlie
Anno: 1909
Ristrutturazione: progetto di Giorgetti & Magrini
Realizzazione: cantiere «La Bussola» di Fiumicino
Lunghezza ft: m 18,82
Lunghezza al galleggiamento: m 11,96
Baglio max: m 3,36
Pescaggio: m 2,44
Superficie velica: mq 217.

Articolo di
Stefano Navarrini

Pubblicato su Nautica prima del 1993