Il funzionamento dell’elica viene generalmente spiegato – semplificando – associandolo a quello di una vite che avanza nella sua madrevite. O, se vi piace di più, a quello di un cavatappi che avanza nel suo tappo. La realtà è però ben diversa.

Associare il funzionamento dell’elica a quello di un cavatappi è semplice ed intuitivo. La realtà è però ben diversa.

Va innanzi tutto ricordato che l’acqua in cui si muove l’elica non è un solido ma un fluido e le pale dell’elica sono ali che ruotano… cosa ben diversa dall’elicoide della vite o del cavatappi: l’elicoide è una superficie generata da una retta o una curva che avanza e ruota allo stesso tempo.

Non dobbiamo tuttavia sentirci ignoranti se abbiamo sempre utilizzato, e continuiamo a utilizzare, questa equiparazione, che scientificamente non è corretta in primo luogo perché per capire come funziona effettivamente l’elica è necessario comprendere come funziona un’ala, cosa per nulla banale, tanto più quando si tratta di un’ala che gira. Senza contare che il tutto accade in un fluido molto più denso dell’aria, altra complicazione non da poco.

La vite idraulica di Archimede da Siracusa (287-212 a.C.), detta anche coclea, e la “vite aerea” di Leonardo da Vinci sono dispositivi alla base della nascita della moderna elica navale.

In secondo luogo, se abbiamo sempre associato il funzionamento dell’elica a quello della vite che avanza nella sua madrevite, siamo in ottima e illustre compagnia, a partire da un certo Archimede da Siracusa (287-212 a.C.) inventore della vite idraulica che porta il suo nome, detta anche coclea, per arrivare al più grande genio di tutti i tempi, un certo Leonardo da Vinci che aveva immaginato proprio un elicoide che ruota per far volare la sua “vite aerea”, quella macchina che, per certi versi, è il precursore dell’elicottero.

Sì, perché proprio la vite idraulica di Archimede e le successive evoluzioni sono alla base della nascita della moderna elica navale. Non a caso le prime applicazioni di inizio ‘800 erano ancora definite “viti”, per poi diventare, verso la fine dello stesso secolo, delle vere e proprie eliche navali che funzionano, prevalentemente, sulla base del gioco di pressioni e depressioni che si sviluppano sui due lati di ogni pala, la faccia e il dorso. Successivamente, in oltre cento anni di evoluzione, l’elica ha poi continuato a migliorarsi e trasformarsi per differenziarsi a seconda degli utilizzi e della situazione in cui opera. Ancora oggi l’elica è in continua evoluzione ed è, più che mai, la parte della nave o della barca dalla quale si possono ottenere i maggiori miglioramenti.

Vediamo allora, per quelli che non si accontentano delle spiegazioni semplici e che non vogliono fermarsi alle apparenze, come realmente funziona l’elica.

Le prime applicazioni dell’elica come propulsore navale risalgono all’inizio del XIX secolo, ma già nel 1775 David Bushnell utilizzò un’elica a propulsione manuale per il suo progetto di sottomarino, il Turtle. In linea con il modo di utilizzo dell’elica e il suo funzionamento, si parlava ancora di “vite”.

Percorso della pala dell’elica

Abbiamo detto che le pale dell’elica sono come le ali di un aereo che però, oltre ad avanzare con un moto rettilineo, ruotano. Di fatto le pale percorrono una traiettoria che è la composizione di due moti, uno di traslazione (il moto della barca che avanza) e uno di rotazione (la rotazione dell’elica collegata al motore che gira).

Il passo è la distanza che un’elica percorrerebbe in un giro completo se si muovesse in un mezzo non cedevole. L’elica però si muove in un mezzo cedevole, l’acqua, per cui l’avanzo effettivo sarà inferiore al passo di una quantità detta regresso.

Per analizzare questo percorso torniamo al nostro cavatappi che quando ruota nel sughero, un materiale solido non cedevole, avanza di una quantità pari alla distanza tra le superfici inclinate della vite (che sono inclinate proprio al fine di avanzare), quantità detta passo … e, così, ci possiamo bere un buon bicchiere di vino!

Se volessimo stappare la nostra bottiglia con una piccola elica, anche questa avanzerebbe nel sughero di una quantità legata all’inclinazione della pala, ovvero del passo. In altre parole, il passo è la distanza che un’elica percorrerebbe in un giro completo se si muovesse in un mezzo non cedevole, esattamente come una normale vite che avanza nella sua madrevite, o il cavatappi nel tappo.

L’elica però si muove in un mezzo cedevole, l’acqua, per cui l’avanzo effettivo sarà inferiore al passo di una quantità detta regresso (figura 4). Il regresso è quindi la differenza tra la corsa teorica e quella reale dell’elica ed è una quantità indissolubilmente legata all’angolo di attacco della pala, cioè l’angolo con cui, similmente all’ala di un aereo, la pala incontra il flusso e genera portanza, che nel caso specifico diventa spinta propulsiva.
Eccoci dunque arrivati alla parolina magica: la portanza.

Quando un’ala si muove in un fluido con il giusto angolo (angolo di attacco α, le particelle di fluido percorrono traiettorie diverse con differenti velocità. Ciò provoca una differenza di pressione tra il lato superiore e quello inferiore dell’ala, che crea una forza che può essere scomposta in portanza verticale, o lift, e resistenza orizzontale, o drag. Banalizzando, possiamo dire che l’ala dell’aereo viene “risucchiata” verso l’alto, mentre la pala dell’elica viene “risucchiata” in avanti.

La portanza e il passo

La portanza, che gli inglesi chiamano lift, è quella forza che si genera su un profilo alare, ovvero su un’ala di adeguata forma che incontra il fluido (che sia aria o acqua non cambia il principio di funzionamento) con un angolo tale da determinare un’asimmetria nel campo di pressione del fluido stesso e, quindi, una differenza di pressione tra il lato superiore e quello inferiore. È questa differenza di pressione che crea la portanza: la spinta verso l’alto che solleva l’aereo o che fa spingere l’elica. Banalizzando possiamo dire che l’ala dell’aereo viene “risucchiata” verso l’alto, mentre la pala dell’elica viene “risucchiata” in avanti (figura 5 e 6).

Nella figura 7, in alto. è rappresentato il cosiddetto triangolo delle velocità per un’elica: in corrispondenza della sezione di pala a un raggio generico r il segmento orizzontale rappresenta la velocità di rotazione ωr (ω è la velocità angolare pari a 2πn, dove n è il numero di giri), mentre verticalmente sono riportate le velocità assiali teorica, ovvero quella riferita al passo geometrico che rappresenta la velocità di avanzamento dell’elica se operasse in un mezzo non cedevole, e la reale velocità di avanzamento Va inferiore a quella teorica per effetto del regresso, il “cedimento” del fluido. Le due linee inclinate, rappresentano invece le effettive velocità con cui la pala incontra il fluido risultante dalla combinazione dei due moti (rotazione e avanzamento): la velocità teorica, riferita al passo geometrico θ, e quella effettiva riferita al reale avanzamento. Come si vede il regresso determina l’angolo di attacco (o di incidenza) della pala α, cioè l’angolo con cui la pala incontra il flusso e genera portanza, che nel caso specifico diventa spinta propulsiva. Il regresso non è quindi un qualcosa di indesiderabile, ma è un fattore che deve assumere il giusto valore per assicurare il buon funzionamento dell’elica.
Nella figura in basso, dove V1 rappresenta la velocità di incontro risultante dalla combinazione tra la velocità con cui avanza la barca V0 e la velocità di rotazione dell’elica V2, si vede come la portanza (lift) e la resistenza (drag) generata sulla pala dell’elica si trasformi in spinta propulsiva (thrust) e coppia resistente (torque).

È quindi fondamentale che l’ala incontri il flusso con il giusto angolo di attacco. Nel caso della pala dell’elica, il giusto angolo di attacco – e quindi il buon funzionamento dell’elica – è determinato dal passo geometrico unito al giusto regresso, generalmente compreso tra il 10 e il 20 {2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} del passo effettivo dell’elica. Se infatti il regresso è nullo significa che l’angolo di attacco della pala è pari a zero: di conseguenza non c’è alcun tipo di pressione sulla pala e non si genera alcuna spinta. Invece il regresso massimo, pari cioè al passo, si ottiene quando, ad esempio a barca ferma, si innesta la marcia avanti e si dà gas: l’elica gira e inizia a spingere acqua ma non avanza. Poi, pian piano, la barca inizia a muoversi e il regresso diminuisce (figura 7).

Le cose si complicano ulteriormente se pensiamo che, per avere un passo e un regresso più o meno costanti su tutta la pala, dalla radice alla sua estremità, sarà gioco forza svergolare la pala stessa in modo che l’avanzo teorico sia costante. In termini più tecnici si dice che il passo è variabile in funzione del raggio. Dal disegno costruttivo di una vecchia elica riportato in figura 8 si notano, insieme allo svergolamento, altre caratteristiche costruttive peculiari che rendono la pala dell’elica navale radicalmente diversa dall’ala di un aereo … anche se entrambe sono ali e profili alari. Vediamole.

Figura 8. Rappresentare graficamente un’elica navale non è banale, soprattutto quando bisogna farlo su un foglio piano. Da questo vecchio disegno costruttivo, dal quale si evince la complessità dell’elica nonostante si tratti di un’elica molto semplice, è possibile notare sia lo svergolamento della pala (in basso a destra) sia la variazione significativa del profilo della sezione di pala al variare della distanza dal mozzo (in basso a sinistra).

La prima differenza è quella che abbiamo appena detto: la pala dell’elica è svergolata e l’angolazione del profilo è variabile a differenza dell’ala dell’aereo dove, quasi sempre, l’angolo di attacco è costante e l’ala è piana.

Per renderla più efficiente, l’ala dell’aereo è molto lunga (si parla infatti di allungamento alare), mentre l’elica navale ha un diametro molto contenuto, per motivi sia di ingombro sia di cavitazione di cui parleremo dopo.

Le sollecitazioni che deve sopportare la pala dell’elica, che allo stesso tempo spinge e ruota velocemente, sono decisamente maggiori di quelle sopportate da un’ala. Per questo motivo la radice della pala ha un profilo molto robusto che, però, poco somiglia a un profilo alare. Di conseguenza contribuisce quasi per nulla alla generazione della spinta propulsiva perché è poco efficiente dal punto di vista idrodinamico.

9 – Profilo della pala di un’elica.

Per i motivi appena detti (pala di lunghezza contenuta con il profilo alla radice poco efficiente), la spinta propulsiva della pala dell’elica è quasi tutta concentrata nella sua metà esterna (tra il 50-60{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} del raggio fino al 90-95{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}), mentre sull’ala dell’aereo la portanza è distribuita uniformemente su tutta la lunghezza a meno delle perdite di efficienza confinate nella zona di attacco dell’ala (disturbo della fusoliera dell’aereo) e alla sua estremità (vortice di estremità).

A differenza dell’ala dell’aereo che incontra un flusso indisturbato, l’elica navale si trova generalmente a lavorare dietro la carena in un flusso molto perturbato che determina fluttuazioni molto importanti della spinta propulsiva e notevoli sollecitazioni impulsive con ricadute sia sull’efficienza dell’elica sia sulla sua struttura resistente.

Pur essendo un’ala a tutti gli effetti, la pala dell’elica funziona quindi in modo molto differente rispetto all’ala di un aeroplano.

Figure 10 – Il grafico, in funzione del coefficiente di avanzo dell’elica J dato dalla relazione J = VA/(N D), dove VA è la velocità a cui avanza l’imbarcazione, N il numero di giri dell’elica e D il suo diametro, mostra indicativamente il campo di velocità ottimale delle tre grandi famiglie di profilo esistenti in base alla loro modalità di funzionamento idrodinamico: sub-cavitante, trans-cavitante e super-cavitante, i cui profili sono illustrati nella figura qui in basso.

Tornando al passo dell’elica, che insieme al regresso è direttamente collegato all’angolo di attacco della pala che varia al variare delle condizioni in cui si trova a lavorare l’elica, è evidente che esso necessariamente assume un valore di compromesso che tiene conto dei vari fattori che incidono sulla propulsione, come la potenza disponibile, la velocità di avanzo, i giri e la spinta richiesta, le forme di carena. Generalmente il passo è scelto in modo da permettere al motore di raggiungere il suo regime di funzionamento massimo senza però superarlo. Ecco perché i cataloghi propongono famiglie di eliche con vari passi, cioè eliche con caratteristiche omogenee a eccezione del passo, che può variare anche del 400{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}.

Per inciso, va ricordato che, convenzionalmente, il passo dell’elica viene fornito alla sezione di pala corrispondente al 70{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} del raggio (0.7R), raggio nell’intorno del quale la pala ha la massima efficienza come visto sopra. Inoltre, è consuetudine esprimere il passo in rapporto al diametro dell’elica (rapporto P/D).

Profilo di pala

Se la forma dell’ala, il suo profilo, è la magia che fa volare l’aereo sviluppando la portanza di cui abbiamo appena parlato, è evidente che la forma delle pale dell’elica è la magia che la fa spingere e, così, fa avanzare la nostra barca (figura 9).
Come mostra la figura 7, le pale dell’elica, ruotando e avanzando nell’acqua, producono una depressione sul dorso (la parte di pala rivolta verso la direzione di marcia che viene per così dire “aspirata”) e una sovrappressione sulla faccia (la parte di pala rivolta verso poppa). In pratica la pala produce una portanza più o meno orizzontale che si trasforma in spinta propulsiva, a differenza dell’aereo in cui la portanza serve a tenerlo in aria. Per un funzionamento efficiente è quindi fondamentale la forma della pala-ala, cioè il profilo, che dovrà essere diverso a seconda delle condizioni in cui lavorerà l’elica, in primo luogo della velocità della barca.

Il grafico della figura 10a mostra indicativamente proprio il campo di velocità ottimale delle tre grandi famiglie di profilo esistenti in base alla loro modalità di funzionamento idrodinamico: sub-cavitante, trans-cavitante e super-cavitante. In particolare, è necessario abbandonare il profilo tipico della pala di un’elica, con faccia piana e dorso più o meno ellittico, quando si supera la condizione di funzionamento sub-cavitante, termine con cui si indica l’assenza di cavitazione o una sua presenza limitata al massimo al 10-15{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} della superficie di pala, percentuale che non determina sensibili perdite di efficienza.

Oltre tali valori, generalmente quando si superano i 20-25 nodi, è necessario passare a un tipo di elica trans-cavitante, un’elica in cui la spinta è prodotta quasi esclusivamente dalla faccia mentre il dorso è avvolto per larga parte da un mantello di acqua in cavitazione. Questo è un tipo di elica che consente un rendimento propulsivo accettabile anche a velocità intermedie. Quando ci si spinge ad alte velocità, generalmente oltre i 40 nodi, se si vuole continuare a utilizzare la propulsione a elica è necessario passare a un’elica super-cavitante (o iper-cavitante) che opera in regime di totale cavitazione e in cui la spinta propulsiva è generata solamente dalla faccia delle pale.

Il profilo di pala di questo tipo ha una forma cuneiforme affilata con curvatura elevata, con il bordo di entrata affilato e il bordo di uscita tronco, al fine di generare una bolla di vapore che interessi tutto il dorso della pala e di dimensioni tali da implodere a una distanza pari a due-tre volte la lunghezza della corda così da ridurre il rischio di erosione della pala stessa (figura 10b).

11 – Eliche di superficie montate su una trasmissione Arneson a poppa di un motoscafo, con il loro tipico profilo di pala tronco, adatto a lavorare metà in acqua e metà in aria lasciando la tipica scia che si nota nella foto in basso, scattata nella vasca navale di Roma.

Partendo da questo tipo di eliche sono poi state sviluppate le cosiddette eliche di superficie o ventilate, eliche che lavorano metà in acqua e metà in aria. Si tratta di eliche adatte alle alte velocità (non per niente sono nate per le competizioni di motonautica) che, nella parte immersa, lavorano in una bolla di acqua e aria che viene aspirata dalla superficie, quindi in una situazione analoga a quella in cui si trovano le eliche super-cavitanti, anche se generata in modo differente (figura 11).

Le diverse famiglie di eliche proposte nei cataloghi si differenziano proprio in base al profilo (figura 12) che ne determina l’idoneità per un particolare utilizzo (carene veloci, lente ecc.) Ovviamente le velocità sono puramente indicative in quanto, oltre alla velocità della barca, bisognerà tener conto dei giri del motore e del rapporto di riduzione e delle altre caratteristiche dell’elica.

12 – La figura mostra la varietà di profili utilizzati da un produttore di eliche al fine di permettere la scelta di quello più appropriato alle performance richieste, in primo luogo la velocità attesa, primo elemento che caratterizza la scelta del profilo che potrà essere aerodinamico (aerofoil), ogivale, a spicchio di luna (crescent), supercavitante (SC) o per eliche di superficie (SPP – Surface Piercing Propeller). Ovviamente la scelta del profilo dovrà essere attentamente valutata insieme agli altri parametri caratteristici dell’elica come il passo, il rapporto AE/A0, lo skew, il rake ecc. Infine, nella colonna di destra, è mostrata la serie sistematica da cui il profilo deriva (dal catalogo ZF propeller).

Al profilo di pala si aggiungono poi fattori locali come la forma dei bordi di entrata e di uscita, il cupping o incurvatura (la cosiddetta orecchietta dell’estremità di pala), tutti elementi molto importanti che consentono di aumentare l’efficienza ma, allo stesso tempo, sono elementi da maneggiare con estrema cura perché bastano piccolissime variazioni e/o modifiche per generare fenomeni cavitativi non desiderati e, così, far crollare le prestazioni e generare vibrazioni. È esperienza diffusa che basta un lieve urto che deformi leggermente il bordo di entrata di una pala per far nascere vibrazioni e ridurre le prestazioni.

Ovviamente, come già accennato, il reale profilo di una pala sarà poi legato allo spessore necessario a garantire una sufficiente resistenza: in pratica non è possibile mantenere il profilo ideale su tutta la pala perché, ad esempio in prossimità del mozzo, è necessario uno spessore maggiorato che, se da una parte permette alla pala di rimanere saldamente unita al mozzo, dall’altra rende il profilo localmente poco efficiente.

13 – La figura in alto mostra schematicamente le zone dell’elica dove più frequentemente si sviluppa la cavitazione, mentre la foto in basso mostra il fenomeno durante un test sperimentale con l’elica funzionante dietro carena.

Cavitazione

Come si vede, la cavitazione riveste un ruolo fondamentale nella scelta del profilo e, più in generale, nella determinazione delle caratteristiche dell’elica. Perché?

Partiamo dal ricordare brevemente cos’è la cavitazione. Tutti sanno che l’acqua bolle a 100°C alla normale pressione atmosferica al livello del mare. Tuttavia, l’acqua può anche bollire a temperatura ambiente se si abbassa a sufficienza la pressione, cosa che avviene, ad esempio, sul dorso della pala di un’elica in movimento dove, come abbiamo già detto, si sviluppa una elevata depressione.

Quando la pressione diminuisce fino a raggiungere il livello della cosiddetta tensione di vapore, si formano delle bolle di vapore acqueo: l’acqua, localmente, sta bollendo! Ciò accade abbastanza frequentemente su un’elica in prossimità del bordo di entrata, o in altre zone dove ci sono bruschi cambiamenti di curvatura (figura 13). Quando la velocità dell’acqua invece diminuisce, la pressione aumenta repentinamente e le bolle ritornano allo stato liquido, implodendo su sé stesse e liberando al contempo elevate quantità di energia molto concentrata che può erodere il materiale.

14 – in alto, particolare della cavitazione sulle pale di un’elica in prova presso l’Istituto di Ingegneria del Mare del CNR di Roma. L’implosione delle bolle di vapore che si notano nella foto, oltre a provocare fastidiose vibrazioni e rumore, a lungo andare può provocare pericolosi fenomeni di erosione che possono compromettere localmente l’integrità strutturale, come si può vedere nella foto in basso dove l’elica, oltre all’erosione all’attacco di pala e sul bordo di uscita, presenta anche bruciature sulla superficie della pala.

Questo è in estrema sintesi il fenomeno della cavitazione, fenomeno che può generare fondamentalmente due problemi:
– il primo è legato alla presenza di vapore intorno ad alcune zone della pala, che fa precipitare il rendimento dell’elica che si trova in parte a lavorare in un fluido (vapore) circa 1000 volte meno denso dell’acqua;
– il secondo dovuto al fenomeno implosivo della cavitazione che può avvenire sulla pala stessa oppure nelle strutture poste nelle immediate vicinanze (timone, fasciame della volta di poppa) e generare vibrazioni e rumore, nonché, a lungo andare e quando il fenomeno ha una certa rilevanza, pericolosi fenomeni di erosione che possono compromettere localmente l’integrità strutturale (figura 14).

A valle di questa chiacchierata, speriamo sia chiaro perché le pale di un’elica possono essere così macroscopicamente diverse tra un’elica e un’altra. Molto più della forma delle ali tra un aereo e un altro. E non abbiamo parlato delle altre macroscopiche differenze che, più in generale, contraddistinguono un aereo, che di ali ne ha sempre (o quasi) due, e un’elica che di pale ne può avere fino a otto, almeno fino ad oggi.

A parte il numero delle pale/ali, parliamo di forma della pala e dell’estensione della sua superficie, dell’angolo di inclinazione delle pale (Rake) e di altri aspetti che rendono l’elica navale un oggetto estremamente complesso da studiare e da progettare, ancora oggi nonostante l’ausilio dei nuovi strumenti di calcolo, primo tra tutti la CFD (Computational Fluid Dynamics), ovvero dei codici di calcolo che permettono di prevedere su un computer le performance di un’elica (figura 15).
D’altronde si sa, quando le pale girano tutto diventa più complicato!

15 – Studio del funzionamento dell’elica con la CFD (Computational Fluid Dynamics).