DOVE NASCONO LE NAVI …  E NON SOLO!

Non solo navi! Ma anche motoscafi e sommergibili, piattaforme offshore e sistemi per produrre energia pulita dalle onde, dal vento e dalle correnti marine. Tutto ciò che l’uomo progetta e costruisce per muoversi e lavorare in mare molto spesso, prima di essere costruito, viene provato in un grande canale d’acqua, la cosiddetta vasca navale.

Vi siete mai chiesti come viene progettata una nave, o un sottomarino, o un idrovolante? Probabilmente penserete con il computer e tutti quei programmi ormai in grado di simulare e risolvere i più complicati problemi di aerodinamica o fluidodinamica. D’altronde siamo o non siamo in un mondo sempre più digitale e virtuale dominato dalla tecnologia? La realtà, invece, ci riserva una sorpresa! Computer e programmi di simulazione, ovviamente, esistono e sono ampiamente utilizzati, ma non sono sufficienti. Infatti, per essere sicuri che queste simulazioni diano i risultati affidabili bisogna verificarle nel modo reale, nel fluido acqua dove la nostra nave, o mezzo marino più in generale, si troverà poi a navigare. Tanto più quanto si progettano soluzioni o mezzi innovativi … che poi è molto più frequente di quanto si immagini. Tutto questo si fa in una vasca navale!

Cos’è una vasca navale

Ideata dal padre dell’idrodinamica navale William Froude, che per primo la costruì nel 1870 in Inghilterra, in questi lunghi bacini rettilinei si verificano le prestazioni delle navi, così come di ogni altro mezzo marino. Ovviamente parliamo di sperimentazioni su modelli che, comunque, tanto piccoli non sono. Infatti, per fornire delle misure realistiche e delle previsioni attendibili, una vasca navale non può essere lunga meno di 100, 150 metri. Si, avete capito bene, le dimensioni minime di una vasca navale sono quelle di un campo di calcio. Abbiamo detto minime perché, generalmente, una vasca navale ha una lunghezza di 200, 300 metri ed una larghezza di una decina. Fino ad arrivare alla vasca più lunga del mondo, quella del Krylov Institute di San Pietroburgo lunga ben 1324 m. Si, avete letto bene, un chilometro e trecento metri!

onde

Di conseguenza anche i modelli che vengono provati in vasca hanno dimensioni non proprio da salotto. Infatti, raramente si scende sotto i due metri di lunghezza del modello, soprattutto se le prove non si limitano alla semplice prova di rimorchio, il test più semplice che si esegue in una vasca che consiste nel trainare il modello alla velocità di prova e misurarne la sua resistenza all’avanzamento. Generalmente gli esperimenti si eseguono su modelli di 4,50 metri per arrivare anche a superare i 10 metri di lunghezza, se le dimensioni della vasca lo consentono.

Cosa si fa in una vasca navale

Come dicevamo all’inizio in una vasca navale si provano modelli di navi ma non solo.

Se quando le vasche navali nacquero, a fine ‘800, il loro scopo era quello di dare supporto all’industria cantieristica che, all’epoca, stava passando dalla propulsione a vela a quella a motore, oggi, dopo quasi 150 anni dalla prima vasca di Froude durante i quali le vasche navali si sono diffuse in tutto il mondo industrializzato, questi grandi impianti ricoprono ancora una importanza fondamentale nello sviluppo e nell’ottimizzazione del progetto di una nave, come poi vedremo nel prossimo numero di Nautica, ma non solo. Infatti, specie nel corso degli ultimi decenni, l’attività di una vasca navale, oltre ad essersi sviluppata dal punto di vista tecnologico con l’adozione di nuove metodologie e nuovi strumenti di misura, in molti casi si è ampliata andando oltre il semplice studio del comportamento del mezzo marino, arrivando ad indagare e studiare tematiche che vanno dalla fluidodinamica di base all’oceanografia. In pratica oggi, in una moderna vasca navale, si porta avanti sia la tradizionale attività di servizio per cantieri navali e progettisti che sono alle prese con il progetto di una nuova nave o di un altro mezzo marino, sia una importante attività di ricerca vera e propria all’interno di programmi di ricerca sia nazionali che, sempre più spesso, internazionali.

Gli impianti

E così oggi le più importanti vasche navali nel mondo sono dei veri e propri centri di ricerca di idrodinamica caratterizzati dall’avere una grande capacità di eseguire prove sperimentali utilizzando sia i “classici” bacini rettilinei che altri impianti sviluppatisi nel corso degli anni. Parliamo di bacini dotati di pareti mobili che generano onde per verificare la tenuta al mare dei mezzi marini (seakeeping) oppure di sistemi di refrigerazione che consentono di ghiacciare la superficie per eseguire le prove sui mezzi rompighiaccio nelle reali condizioni operative. Ma anche di impianti che nulla hanno a che vedere con i “classici” bacini rettilinei, come gli impianti per studiare la cavitazione delle eliche, i tunnel di cavitazione e canali di circolazione che sono una sorta di galleria del vento in cui, in una grande condotta ad anello, circola dell’acqua e non dell’aria. Oppure impianti specifici per lo studio della manovrabilità della nave o per altri aspetti oggi di frontiera legati alla sicurezza della navigazione o all’impatto ambientale del mezzo marino e, quindi, alla sua efficienza.

Ad esempio, ci sono impianti che permettono di studiare quello che accade all’interno dei grandi serbatoi delle navi petroliere o porta gas dove il movimento delle grandi masse di fluido può sincronizzarsi con il periodo di rollio della nave stessa e determinare un pericoloso fenomeno detto rollio parametrico, un particolare moto di oscillazione trasversale in cui la nave continua a rollare senza mai fermarsi. Si tratta degli impianti di sloshing, termine che in italiano si potrebbe tradurre con sciabordio, o qualcosa di simile, che tecnicamente indica il movimento di grandi masse liquide all’interno dei contenitori. In questi impianti, con un sistema meccanico a 6° di libertà simile a quello utilizzato nei simulatori di volo, si studiano, ad esempio, gli effetti del movimento del carico all’interno delle cisterne delle navi. Oppure studi di fluidodinamica di base grazie ai quali, tra le altre cose, si stanno definendo le caratteristiche delle superfici superidrofobiche artificiali, quelle superfici ispirate dall’osservazione di alcune piante, tra cui la foglia del fiore di loto, che hanno la capacità di intrappolare aria all’interno delle nanostrutture facendo rimbalzare le gocce d’acqua. Si tratta di superfici che permettono la riduzione della resistenza di corpi immersi e sono allo studio sistemi per la loro applicazione sulla carena delle navi.

aereo

Le attività

Un altro tema che spesso viene affrontato in una vasca navale è quello dell’aerospazio. Può sembrare strano che un aereo che viaggia nell’aria esegua dei test immerso nell’acqua. Basta però pensare che l’acqua è pur sempre un fluido, anche se ha evidentemente caratteristiche diverse. Sarà allora sufficiente tener conto di tali differenze per essere in grado di riprodurre lo stesso fenomeno aero-fluidodinamico in acqua, ad esempio su un aereo. E non è una novità degli ultimi anni. Nella vasca navale di Roma, l’attuale Istituto di Ingegneria del Mare del CNR, sono conservati dei modelli di treni risalenti al 1930, o giù di lì, provati in vasca, completamente immersi, per migliorare l’aerodinamicità dei vagoni e locomotori. Infatti, per alcune misure ed alcuni test le prove in vasca erano, e sono ancor oggi, più affidabili di quelle eseguite in galleria. Non a caso, qualche anno fa il colosso mondiale Airbus per mettere a punto il più grande aereo di linea del mondo, l’Airbus 380, un bestione con una apertura alare di quasi 80 metri ed in grado di trasportare oltre 500 persone, è venuto proprio alla vasca di Roma per studiare, in acqua, il particolare fenomeno della persistenza della scia lasciata dalle ali, la cui precisa conoscenza è fondamentale per poter gestire in sicurezza i tempi di attesa dei decolli e degli atterraggi in un aeroporto. Forte di queste esperienze, alla vasca di Roma lo scorso anno è stato inaugurato un enorme impianto, unico al mondo, per prove d’impatto ad alta velocità utilizzato per lo studio dell’ammaraggio di emergenza degli aerei. Vi ricordate quello spettacolare incidente aereo, avvenuto una decina di anni fa nella baia di New York, nel quale un Airbus appena decollato fu investito da uno stormo di uccelli che vennero risucchiati nei due motori spegnendoli? Si, ricordate bene, proprio l’incidente che fu il tema di “Sully”, il bellissimo film del 2016 co-prodotto e diretto da Clint Eastwood, con protagonista Tom Hanks. Il comandante dell’aereo, con eccezionale freddezza, decise che l’unica via di scampo era tentare un ammaraggio nell’Hudson, il fiume che corre accanto all’isola di Manhattan. La manovra riuscì alla perfezione e tutti i passeggeri uscirono indenni dalla brutta avventura. Ebbene l’industria aereonautica, a seguito di incidenti come questo, che purtroppo hanno avuto sempre esiti ben più drammatici, ha iniziato a studiare il modo per rinforzare la fusoliera degli aerei per renderli ancora più resistenti ad eventuali ammaraggi di emergenza, anche in mare con onde più alte delle increspature di un fiume. A tal fine si utilizzano dei programmi di simulazione al computer che però hanno la necessità di avere al loro interno dei dati sperimentali reali, dati ottenibili lanciando ad alta velocità la parte della fusoliera dell’aereo che per prima impatta l’acqua e misurando le enormi pressioni e forze che si sviluppano localmente. In questo caso, non potendo mantenere una similitudine omogenea di tutte le grandezze fisiche in gioco, la prova è in scala reale, per cui una lastra di alluminio di oltre 1 metro quadrato che rappresenta la parte di fusoliera viene lanciata a circa 200 chilometri orari sull’acqua con una traiettoria che simula quella dell’aereo durante l’ammaraggio. Tutto ciò è possibile grazie ad una gigantesca fionda di 60 metri caricata da un potente argano.

Potete leggere l’articolo completo sul numero di Nautica di agosto, in edicola.