di Ezio Grillo Rizzi Nelle loro infinite forme, superstizione e scaramanzia costituiscono una zavorra culturale per un’incredibile quantità di persone. In mare, come in molti altri posti e situazioni, possono diventare anche molto pericolose. Il mio caro amico Gianmario Longoni, grande teatrante e velista d’alta scuola, parafrasando l’immenso Eduardo De Filippo una volta mi disse: “Non essere superstiziosi porta male”. Cos’abbiano in comune teatro e tradizione marinara, escludendo ovviamente Gianmario, non saprei dire con precisione, ma credo di poter affermare che c’è molto di più di quanto si pensi: sicuramente sono entrambi mondi in cui l’imprevisto e l’imprevedibile sono sempre in agguato e in cui sono senz’altro il mestiere, l’intuizione e la conoscenza a far la differenza quando serve. E quando non bastassero più, in entrambi i mondi si ricorre a quell’impalpabile mistero che chiamiamo “fortuna”. superstizioni a bordo E quando si parla di fortuna, ovviamente non si può che non pensare alla sua grande antagonista, la sfortuna, e così nasce la superstizione. Come sappiamo la superstizione, il concetto di sfortuna o più modernamente di sfiga (vocabolo volgare di chiaro eco maschilista ormai descritto perfino dall’Accademia della Crusca), è ben presente in mare come nel teatro in mille modalità e sfaccettature diverse. Si tratta di una vera propensione intellettuale a volte positiva e divertente, spesso neutra e magari rassicurante, altre volte - mi sono reso conto negli anni - ahimè, dannosa.

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