di Bruno Geraci

Dalle origini ai giorni nostri

Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone – www.bibliotecadellimmagine.it
250 pagine – 14 Euro

«Bonita, por mi fè, y bien asentada (bella, in mia fede, e ben costruita)». Leggenda vuole che questa frase sia stata pronunciata dal balcone di Palazzo de Ferrera, uno dei tanti edifici ancora oggi perfettamente integri del centro storico di Alghero, dall’imperatore Carlo V, nell’ottobre del 1541, quando volle fare una deviazione con la sua possente flotta per visitare la cittadina.

Qui si cela la ricchezza di una delle sei varianti della lingua catalana. Come è stato possibile che sia stata tramandata da oltre sei secoli senza che niente e nessuno siano riusciti ad intaccarne le radici profonde?

Alghero, poco meno di 50 mila abitanti, separata da Barcellona da 280 miglia nautiche, è indissolubilmente legata alla Catalogna dalla lingua.

Ma Alghero è anche Sardegna, terra dei grandi silenzi, i silenzi dei nuraghi che si alzano verso il cielo, dei giganti di Mont’e Prama, del mistero che ancor oggi avvolge il popolo degli Shardana; dei grandi altipiani ricoperti dalle querce da sughero, delle vele che vanno per mare.