Nonostante i teli di protezione, quando abbiamo scoperto la barca lo spettacolo è stato ancora più desolante del previsto: le panche del fantastico pozzetto-salotto erano ormai vicine al marciume; ma anche sul resto della coperta, a prua e lungo le fiancate, il mogano era ormai diventato grigio e screpolato.

Osservando inoltre alcuni dettagli si notava che dal legno privo della protezione della vernice l’acqua s’infiltrava anche nelle varie sovrastrutture della ferramenta di coperta e nella gomma di protezione delle giunzioni della tavola, minacciando le struttura stessa della barca e la solidità delle sovrastrutture. Forse, anzi certamente, avevamo aspettato troppo. Saremmo riusciti a riportare il legno a nuovo splendore e a sanare i danni del tempo?

Prima di tutto abbiamo smontato tutte le sovrastrutture di coperta perché il lavoro doveva essere radicale. Tolta la ferramenta (passacavi, bitte, piedi dei candelieri) si poteva notare, con un pò di malinconia, com’era la vernice originale rimasta integra sotto la protezione dell’acciaio e del silicone. Le operazioni da eseguire, come si sa, sono tre: sverniciatura completa dei residui di vecchia vernice, carteggiatura fino ad arrivare a legno nudo, pitturazione con la nuova vernice.

Abbiamo deciso di procedere per brevi tratti di coperta, due o tre metri al massimo, per due motivi: il primo è che sverniciare e carteggiare il legno fino a renderlo come nuovo è un lavoro che richiede molta pazienza e tenacia ed è fondamentale che sia fatto bene e a fondo; è da queste due prime fasi che dipende il risultato finale. Non era pensabile quindi poter riportare subito e presto a legno nudo tutta la coperta. Oltre tutto, ed è il secondo motivo della nostra tattica dei brevi tratti, lavoravamo all’aperto, per cui il legno riportato a nudo avrebbe dovuto essere protetto il più rapidamente possibile per evitare che un acquazzone ci compromettesse il lavoro.

Sverniciare

La tecnica di sverniciatura scelta è stata quella dell’uso del liquido sverniciatore, la più efficace su superfici brevi e articolate. Per applicarla bastano, oltre allo sverniciatore, un vecchio pennello e un raschietto. La prima e importantissima precauzione da prendere in questo lavoro è verso se stessi. Lo sverniciatore è un liquido corrosivo che a contatto con la pelle può provocare ustioni e ulcere. Se ci arriva addosso qualche schizzo, la cosa da fare immediatamente è lavare con abbondante acqua la parte del corpo colpita. Quando si lavora con questo prodotto è dunque buona norma tenere accanto a sè un secchio d’acqua e una spugna.

Particolare attenzione bisogna prestare quando si apre il barattolo: il liquido, soprattutto se il contenitore è rimasto esposto al sole o rinchiuso in un luogo troppo caldo, potrebbe, a contatto con l’aria, schizzarvi violentemente addosso. Bisogna quindi indossare guanti di protezione e porre, all’atto dell’apertura, un panno sopra il coperchio che ne prevenga la piccola esplosione. Si procede quindi con il pennellaccio a stendere lo sverniciatore in abbondanza. Si agisce per brevi tratti e si lascia quindi che la reazione chimica produca il suo effetto.

Dopo poco tempo si vede chiaramente la vernice distaccarsi e allora si procede a raschiarla via con l’apposito strumento. Appena terminata l’operazione di raschiatura bisogna lavare con abbondante acqua la superficie trattata, perché residui di sverniciatore potrebbero macchiare indelebilmente il legno. Su alcune superfici particolarmente dure bisogna ripetere l’intera operazione due volte. Con lo sverniciatore si fa un buon passo avanti verso il legno nudo. La differenza tra una superficie trattata e una ancora da trattare è evidente ma è solo il primo passo: ora viene la parte più dura, la carteggiatura.

Carteggiare

Per carteggiare occorrono molta tenacia e pazienza, una levigatrice e due tipi di carta vetrata, la prima a grana grossa (misura 60) per sgrossare e un’altra a grana più sottile (120) per rifinire. Al termine della carteggiatura però la soddisfazione è grande, perché è il passo più evidente verso la rigenerazione del legno e il raffronto con le parti non ancora trattate ne è una valida conferma.

L’uso della levigatrice (consigliamo le più piccole, meno potenti ma più maneggevoli; non è difficile ma è stancante e richiede attenzione. In alcuni punti, dove la superficie non è piana, bisognerà lavorare a mano con calma e perseveranza, puntando più sulla continuità dell’azione che sulla forza. Svuotate la mente e ripetete lo stesso gesto sistematicamente più volte e senza affanno e ad un certo punto il risultato verrà.
Verniciare
Dopo aver appreso e praticato “lo Zen e l’arte della carta a vetro”, oltre che più saggi vi sentirete finalmente a buon punto: ora si comincia a verniciare, un’operazione facile e di grande soddisfazione. Ma la pazienza non vi deve abbandonare, perché per ottenere un risultato valido e duraturo non basta una mano di vernice nè due, e nemmeno tre… Le mani di vernice, sul legno, non sono mai troppe.

Abbiamo dovuto però, a questo punto, scegliere il prodotto con cui proteggere il nostro prezioso legno. Flatting e vernici mono e bicomponenti si sprecano sul mercato e danno, in genere, grandi risultati estetici. Il problema è che la vernice, per quanto buona, non dura molto nel tempo e se si vuole mantenere sempre un buon livello di bellezza e protezione del legno, va rinnovata almeno una volta l’anno.

Ma, come abbiamo ormai capito, non è tanto il verniciare che costa fatica quanto il preparare la superficie, e cioè sverniciare e carteggiare. Le vernici infatti creano una pellicola che, sotto l’attacco delle intemperie e dei raggi del sole, a un certo punto si crepa e comincia a sfogliarsi e a staccarsi, lasciando a nudo il legno. Anche su consiglio di esperti falegnami del settore abbiamo perciò deciso di usare un “impregnante”, prodotto meno brillante delle vernici ma che garantisce risultati estetici ugualmente apprezzabili, assicura una protezione efficace e, soprattutto, quando presenta segni di decadimento è più facilmente rinnovabile: una leggera carteggiata e si può tranquillamente sovraverniciare con una o due mani.

Il prodotto da noi scelto si chiama “Xilocroma”, della ditta Dollmar e C.; ma, come per le vernici, esiste una vastissima gamma di impregnanti per il legno. Lo Xilocroma è a legante oleo-alchidico, semilucido e rende da 8 a 12 metri quadrati per litro, a seconda dell’assorbimento del legno. Non deve essere diluito ed è molto facile da applicare, non essendo delicato e appiccicoso come le vernici. Alla fine, comunque, avremo chiuso il ciclo di pitturazione con una mano di vernice, sufficiente per aggiungere brillantezza ma facile poi da rimuovere al momento di ridipingere il legno.

Abbiamo deciso di stendere sei mani di impregnante e una di vernice su tutte le superfici in mogano della coperta; meno faticoso di carteggiare ma altrettanto “Zen”. Prima di procedere alla pitturazione è indispensabile pulire a fondo la superficie, se no ogni irregolarità o sporcizia verrà esaltata. Se non si è forniti di aspirapolvere si toglierà con lo scopino più polvere possibile ma poi, per completare l’opera di pulizia, si impregnerà un panno di acquaragia con il quale si passerà il legno sfregandolo a fondo.

Ora finalmente si può cominciare a dipingere. La prima mano è un pò deludente perché il legno si “beve” l’impregnante e la superficie resta molto opaca. Mano a mano che si procede con le altre mani però, la superficie comincia a diventare sempre più lucida e brillante ed escono le venature del legno; già alla quarta mano il risultato è soddisfacente. Tra una mano e l’altra bisogna carteggiare con carta molto sottile (240) e pulire poi ancora con acquaragia. Sembra la tecnica di un passo avanti e mezzo indietro; ma alla fine la pazienza pagherà con un risultato esaltante. Ecco che il nostro procedere a tratti ci permette di vedere e confrontare la rinascita del legno con il suo precedente degrado: a prua e a poppa.

Riempimento delle crepe

In alcuni punti il legno, lasciato troppo a lungo senza protezione, presentava delle crepe che anche dopo la carteggiatura permanevano troppo evidenti. Soprattutto il tambuccio di accesso sotto coperta appariva gravemente danneggiato. Poiché, oltre tutto, è anche una parte di coperta sempre sotto agli occhi e di uso frequente, si imponeva un restauro più accurato. Dopo la sverniciatura e la carteggiatura, apparivano ancora più evidenti le crepe dovute alla corrosione del legno (la crepa centrale) o al distacco degli elementi strutturali (quelle laterali).

Abbiamo quindi tagliato delle striscioline di mogano di adeguato spessore e le abbiamo adattate alle crepe. Nel frattempo con un pò di colla rossa bicomponente mista a segatura di mogano, recuperata dall’apposito sacchetto della levigatrice che la raccoglie durante il suo impiego, abbiamo fatto una specie di stucco di mogano con il quale abbiamo coperto le crepe più piccole. Le striscioline di mogano invece sono state incollate con la sola colla rossa avendo cura di inserirle, aiutandosi con leggeri colpi di martello, il più a fondo possibile nelle fessure.

Dopo ventiquattro ore abbiamo tagliato l’eccesso di striscioline di mogano con un taglierino e quindi levigato la superficie, ottenendo il risultato visibile nella fotografia. Questo intervento è stato eseguito anche in altri punti della coperta dove le crepe erano particolarmente profonde.

I buchi delle viti della ferramenta di coperta

Quando si smontano le bitte, le basi dei candelieri o i passacavi, rimangono ovviamente sul legno i buchi delle viti che li tenevano ancorati in coperta. Anche se i pezzi verranno rimontati sugli stessi punti, non ci si può fidare di sostituire le viti precedenti con viti più grosse (troppo facile!) ma è bene tappare i vecchi buchi. Per ottenere un risultato sicuro bisognerà scavare con una punta di trapano leggermente più grande il buco da otturare, in modo da essere certi di togliere ogni residuo di silicone o altra sporcizia dall’interno del buco stesso.

Poi si taglierà un segmento delle apposite verghette tonde di legno di diametro uguale a quello della punta del trapano usato, lo si cospargerà di colla rossa e lo si inserirà nel buco. Dopo ventiquattro ore si potrà segare l’eccesso di verghetta e levigare la superficie. A quel punto potrete avvitare le viti in un punto qualsiasi: direttamente nella vecchia posizione ora occupata dalla verghetta (sempre che questa sia di legno sufficientemente duro) o anche a cavallo tra il legno integro e la verghetta con uno spostamento minimo del pezzo da rimontare.

Conclusione

Il lavoro è stato lungo e faticoso, come al solito più del previsto, ma i risultati eccellenti: il legno rigenerato e ben verniciato è quasi più bello di quello nuovo, ha una patina più nobile. Le panche del pozzetto e i vari dettagli come la testa del timone) o anche la visione d’insieme del camminamento accanto alla tuga, rimessi a nuovo, ci hanno riempito di piacere e di orgoglio durante la crociera estiva. Al ritorno qualche parte era già leggermente deteriorata, l’anno prossimo si ricomincia ma con un lavoro molto meno radicale. Una carteggiatina, un paio di mani… Sarà vero?