Entrambi i moti d’animo, l’orgoglio e la paura, sono ampiamente giustificati. Il legno è bello ma certamente più delicato dei metalli e molto più delicato della vetroresina. Lo afferma uno che ama, al di sopra di tutte le altre, le barche in legno e che tuttora gioisce e soffre sopra una di esse, per cui la dura scelta l’ha già fatta, ma che a volte invidia quelli che a inizio stagione se la cavano con una lavatina al ponte, di plastica.

Il legno richiede costanti cure e attenzioni particolari che implicano o molti soldi o molto tempo a disposizione. Marcescenza e teredini erano un tempo i nemici storici del legno. Ora le teredini lo sono molto meno, merito delle nuove vernici che lo proteggono e dei nuovi materiali come i compensati marini. Resta la marcescenza. Questa si sviluppa in modo particolare in condizioni di grande umidità e calore che favoriscono lo svilupparsi di un microscopico fungo che si nutre della cellulosa contenuta nelle fibre del legno. Il materiale si decolora e perde resistenza e consistenza. Questo processo si chiama “fungosi”. Un pezzo di legno marcio è tenero come il burro e si sbriciola tra le mani. Terribile!

Paradossalmente al giorno d’oggi è più esposta l’opera morta di una barca in legno che l’opera viva. La parte immersa dello scafo è infatti liscia e uniforme e il legno, a parte gli scarichi e qualche strumento come il log e l’ecoscandaglio, non si congiunge con altri materiali e non si articola in strutture complesse. È dunque facile da pitturare e proteggere. Poiché è sott’acqua poi, non sono necessarie particolari attenzioni estetiche ma sarà sufficiente una buona levigatezza.

Tante mani di fondi impermeabilizzanti dunque e una buona antivegetativa finale risolveranno facilmente ogni problema. Sulla coperta le cose diventano più complicate: golfari, bitte, lande, cornici, winches, etc. popolano pozzetti e tughe creando mille occasioni all’acqua per trovare infiltrazioni o crepe entro cui insinuarsi e andare a fare danni. Ci vengono in aiuto vernici, colle e siliconi vari; ma quanta attenzione!

Verniciare scafi nuovi e legno a vista

Se lo scafo è nuovo basterà iniziare un ciclo di pitturazione completo seguendo scrupolosamente le indicazioni: prima una mano di impregnante turapori, poi un buon fondo (2/3 mani), stucco a coprire le ultime imperfezioni e la mano finale: smalto o antivegetativa.

Se si vuol lasciare il legno a vista bisognerà armarsi di grande pazienza e stendere almeno (che vuol dire: meglio se di più) sei o sette mani di vernice trasparente. Si possono usare gli speciali “impregnanti” per legno, o vernici monocomponenti o, infine, vernici bicomponenti.

Gli impregnanti hanno il vantaggio di non creare una pellicola particolarmente dura di vernice che col tempo si crepa o si squama. Sono più facili da applicare e anche da rinnovare (basta una veloce carteggiatina e un paio di nuove mani). Sono però opachi, ma l’inconveniente si può ovviare stendendo un’ultima mano di vernice brillante compatibile col prodotto che si è usato.

Gli impregnanti non vanno diluiti. Le vernici monocomponenti invece dovranno essere diluite abbondantemente nelle prime mani (30/40{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}), diminuendo poi progressivamente la diluizione fino a dare la mano finale “piena”. Tra una mano e l’altra è opportuno dare una leggera carteggiata con carta abrasiva sempre più sottile, inversamente alla diluizione della vernice. Le ultime carteggiate possono essere fatte anche a umido.

Per stendere le vernici bicomponenti si segue un procedimento analogo, salvo che si può carteggiare ogni due mani e che anche la mano finale dovrà essere un pò diluita. Il grande vantaggio delle bicomponenti è la rapidità di essiccazione: in media un terzo di tempo in meno delle altre vernici.

Attenzione: l’ultima mano di vernice, qualsiasi essa sia, va data sempre nel senso della venatura del legno.

Impregnanti, vernici e bicomponenti variano a seconda delle ditte produttrici, per cui il nostro è un discorso di metodo generale all’interno del quale troveremo sulle confezioni delle diverse pitture le esatte indicazioni sulle diluizioni e sui tempi di essiccazione.

Riverniciare su vecchie pitture

Più sopra non abbiamo accennato alla preparazione della superficie da pitturare perché si suppone che il materiale di costruzione di uno scafo nuovo sia in perfette condizioni, ancora sotto il capannone e senza alcuna sovrastruttura applicata in coperta. Una condizione che si presenta una volta sola nella vita di una barca. In realtà succede molto più spesso di dover rifare il look a barche che hanno già navigato e subìto gli insulti del tempo.

Preparare bene la superficie da pitturare è un’operazione fondamentale per la riuscita di una buona ripitturazione. Le pitture sintetiche sono facili da stendere, si autoespandono, si asciugano velocemente, ma non illudetevi: se la superficie non sarà pressoché perfetta neanche questi prodotti possono fare miracoli, ogni imperfezione sarà evidenziata e, peggio, se saranno rimasti umidità, polvere o sporcizia, il risultato sarà irrimediabilmente compromesso.

Possiamo avere due casi di riverniciatura: una vernice ancora in buono stato che va solamente rinnovata, oppure una vecchia pittura ormai in grande degrado che va completamente rifatta. Nel primo caso l’operazione più importante da eseguire è una buona pulizia della superficie. Basteranno acqua dolce e buoni detergenti. Dopo di che bisognerà asciugarla bene e irruvidirla con una leggera carteggiatura. Bisogna poi sapere che tipo di vernice andiamo a ricoprire per stabilire quale nuovo prodotto sarà compatibile con essa.

Nel servizio sul numero precedente di Nautica (“Conoscere le pitture”) troverete le indicazioni precise per stabilire la compatibilità tra le pitture vecchia e nuova. È auspicabile conoscere esattamente la natura della vecchia vernice ma, se ciò non è possibile, si potrà procedere attraverso piccole prove: dopo aver steso il nuovo prodotto su un breve tratto della superficie se ci saranno raggrinzature, sbollamenti, etc. sarà opportuno cambiarlo e provare con un altro di altra natura.

Se la pittura vecchia è invece ormai parzialmente scrostata o comunque troppo danneggiata per essere semplicemente ridipinta, bisognerà necessariamente rimuoverla completamente e arrivare al legno nudo. Per togliere le vecchie vernici sul legno ci sono due modi: lo sverniciatore e la fiamma.

Col primo sistema non occorrono apparecchiature di nessun genere. Basteranno, oltre al liquido sverniciante, un pennello per stenderlo e un raschietto. Ma attenzione: lo sverniciatore è un liquido che contiene composti chimici e solventi altamente corrosivi per cui deve essere usato con molta cautela, adoperando sempre guanti di gomma e avendo l’accortezza di non versarsene addosso neanche una goccia.

Il barattolo dello sverniciatore si deve aprire sempre seguendo l’avvertenza di porre una mano sopra il coperchio nel momento dell’apertura: condizioni particolari di temperatura, ad esempio il surriscaldamento dovuto all’esposizione diretta ai raggi solari, possono dilatare i gas all’interno del barattolo chiuso e quando si fa per aprirlo c’è il rischio che il coperchio e parte del contenuto ci scoppino in faccia. Se ciò dovesse accadere bisogna mettere subito le parti del corpo colpite sotto un’abbondante getto d’acqua, prima di andare dal medico.

Per il resto l’uso dello sverniciatore è semplice: basta applicarlo a pennello sulla vernice e dopo un pò questa si solleva e si rammollisce diventando docile all’asportazione con un qualsiasi raschietto. Se si usa lo sverniciatore per asportare vernici trasparenti è necessario procedere per brevi tratti di superficie e, una volta portato il legno a nudo, procedere immediatamente a lavarlo con acqua perché i residui di prodotto potrebbero lasciare delle macchie. Se invece le macchie sono dovute a vecchie infiltrazioni d’acqua si possono togliere tamponando con acqua ossigenata a 80 volumi o acido citrico e ossalico.

La fiamma è un antico metodo usato per sverniciare il legno ma non si può usare sul legno dipinto a vista perché lo si rovinerebbe irrimediabilmente. Presenta anche il vantaggio di asciugare la superficie da ogni umidità. Il principio è semplice: surriscaldata dalla fiamma del cannello, alimentato a gas o a petrolio, la vernice si ammorbidisce e diventa facile da asportare con un raschietto. Eseguito con una certa prudenza è un metodo perfettamente alla portata del dilettante.

Esistono anche dei riscaldatori elettrici, specie di super-phon, che svolgono lo stesso compito senza rischio di incendio o danneggiamento della superficie, ma presentano l’inconveniente di consumare molta energia elettrica. Arrivati al legno nudo si potrà quindi cominciare un ciclo di pitturazione come se il materiale fosse nuovo.

Se usando il raschietto avete leggermente danneggiato la superficie bisognerà, dopo aver applicato l’impregnante e la prima mano di fondo, procedere con lo stucco per livellare tagli e graffi. Non abbiate fretta di usare la vernice: quella è l’operazione finale che va scrupolosamente preparata con il sapiente uso di fondi e stucchi. La vernice, insomma, è una conquista dura da ottenere che richiede prima molta pazienza e tenacia.

La carteggiatura

La carta abrasiva è venduta a fogli o a nastro e differenziata per la grossezza della grana da un numero posto sul retro. Più il numero è alto e più la grana è sottile. In genere da 320 in su avremo grana sottile, da 150 a 280 grana media, da 120 a 40 grana grossa.

Si può carteggiare a secco e a umido.

Carreggiando a umido si va molto veloci e non si solleva polvere ma finita l’operazione bisogna aspettare che la superficie si asciughi.

Non conviene carteggiare a umido sul legno. Un altro inconveniente è che la carta tende a impastarsi con le pitture, vi si può rimediare passandovi sopra del sapone o immergendola nell’acqua.

Se si carteggia a secco bisognerà, una volta terminata l’operazione, pulire molto bene la zona interessata e quella circostante con una spazzola o meglio con un aspirapolvere; infine passeremo uno straccio leggermente umido.

Il metodo più corretto per usare la carta abrasiva a mano è quello di avvolgerla attorno ad un pezzo di legno o di sughero delle dimensioni giuste per essere impugnato comodamente: oppure comprare l’apposito tampone in un qualsiasi ferramenta.

La levigatrice orbitale è uno strumento efficacissimo ma presenta qualche insidia. Usarla sugli smalti è pericoloso perché si può raschiare più del desiderato e portare via tutta la pittura. Negli spigoli e nelle giunture non si può usare. In carena è utilissima e ci può risparmiare grosse fatiche dovendo pulire vaste superfici.

Quando si installa il nuovo foglio di carta abrasiva bisogna stare attenti che sia montato con precisione se non vogliamo grattare anche il supporto di gomma. Questi utensili hanno motori molto potenti ma non indistruttibili per cui è meglio non usarli continuativamente per molte ore. Attenzione poi ad eventuali tagli sulla gomma che protegge il motore dalla polvere che potrebbero essere molto dannosi per lo strumento.

La carteggiatura a disco avviene applicando fogli rotondi di carta abrasiva su appositi platorelli azionati da un normale trapano. Non conviene carteggiare lo scafo con questo sistema perché è molto facile segnarlo con i tipici graffi a mezzaluna. È invece un modo molto efficace per grattare bulbi in ghisa o in piombo quando si vuole riportare il materiale a nudo. La carteggiatura a disco si può effettuare anche su eliche, asse del motore e timone in metallo.