Scheletri di cetacei da esporre in pubblico, a testimonianza degli impatti nocivi delle attività umane sulla fauna e gli habitat marini. Nel novembre scorso a Caprera (La Maddalena), presso lo spazio espositivo del Centro di Educazione Ambientale di Stagnali, è stato posizionato lo scheletro di una giovane femmina di capodoglio, spiaggiatasi nel marzo 2019 a Cala Romantica, nei pressi di Porto Cervo.

L’odontoceto divenne famoso poichè nel suo stomaco vennero ritrovati oltre 20 kg di rifiuti plastici (tra cui attrezzi da pesca), che potrebbero averlo indebolito e ucciso, insieme al feto che portava in grembo.

scheletro Romantica Nereide
scheletro Romantica Nereide

Grazie alla collaborazione del Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione dell’Università di Padova, dell’equipe del CERT (Cetacean strandings Emergency Response Team) e associazioni locali quali Seame Sardinia, è stato possibile procedere al recupero dello scheletro in funzione di futura esposizione, insieme a un campionario dei rifiuti ingeriti dal capodoglio.

Battezzato “Romantica Nereide” dagli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “Giuseppe Garibaldi” di La Maddalena, è stato al centro di una serie di iniziative del Parco nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, tra cui incontri, dibattiti e visite guidate dedicate ai temi della sostenibilità, dell’educazione ambientale e dell’impegno per la tutela del territorio e del mare, con particolare attenzione alle scolaresche.

Scheletro Siso, capodoglio spiaggiato a Capo Milazzo

Un caso simile è quello di “Siso”, nome dato all’esemplare maschio di capodoglio, lungo una decina di metri, spiaggiatosi nel 2017 a Capo Milazzo con una rete nella coda, che lo ha intrappolato e inevitabilmente finito.

Grazie all’opera del biologo Carmelo Isgrò e alla collaborazione del Museo della Fauna dell’Università di Messina, dal 2019 è possibile osservarne lo scheletro nella suggestiva cornice del MuMa (Museo del Mare) di Milazzo. Prima ancora, a luglio 2015, sempre in Sicilia ma a Capo Granitola, è stato ricostruito ed esposto uno scheletro di capodoglio lungo 11 metri, recuperato nel giugno 2007 nel porto di Mazara del Vallo.

L’elenco di animali spiaggiati e morti per cause non naturali in Italia e nel Mediterraneo è lungo e comprende balenottere, delfini e altre specie di cetacei meno note, denotando un danno importante e crescente a questi predatori apicali degli oceani. Tra gli ultimi esempi eclatanti riguardanti un capodoglio, si segnala un maschio di quasi 14 metri morto a fine novembre 2022 presso l’isola canadese di Capo Bretone, con 150 kg di attrezzi da pesca nello stomaco.

Accanto alle mirabili iniziative di sensibilizzazione al rispetto dell’ambiente marino e delle creature che lo abitano, messe in atto da musei, parchi e aree protette col contributo del mondo scientifico e sociale, emerge con chiarezza l’impatto sempre maggiore che hanno le attività umane nei confronti degli abitanti dei mari.

Sotto accusa ci sono gli attrezzi da pesca illegali e rilasciati alla deriva, quali le tristemente note “spadare” (da anni vietate e ancora purtroppo in circolazione) e i rifiuti non biodegradabili gettati in acqua, soprattutto di materiale plastico. Cetacei, ma anche pesci, molluschi, crostacei e rettili (in primis le tartarughe), scambiandoli erroneamente per cibo li ingeriscono, con effetti nocivi e spesso mortali. Reti, lenze e altri arnesi da pesca fluttuanti senza meta sono veri e propri killer dei mari, rappresentanti una trappola per i malcapitati animali che vi incappano e non riescono a liberarsi, al punto da ferirsi gravemente o deperire.