L’Italia non ha fatto abbastanza per limitare le catture accidentali di specie protette o non oggetto di pesca commerciale, per cui è stata aperta una procedura di infrazione dalla Commissione Europea.

Si è fatta portavoce dell’istanza la Lipu, che lo scorso novembre aveva presentato una denuncia in sede comunitaria per l’assenza di monitoraggio e misure di prevenzione rivolte alla tutela di uccelli marini come berta maggiore, berta minore, uccello delle tempeste e marangone dal ciuffo. Più in generale, la procedura è stata avviata contro l’Italia per non aver attuato le misure previste dalle Direttive “Uccelli” (79/409/CEE), “Habitat” (92/43/CEE) e “Ambiente Marino” (MSFD-2008/56/CE) in merito alla mitigazione del bycatch, termine con cui si individua la cattura accidentale di pesci, cetacei, tartarughe e uccelli marini, ovvero esemplari non oggetto di interesse commerciale o classificati come specie protette.

“Accogliendo la nostra denuncia, la Commissione Europea ha ravvisato la violazione italiana delle direttive e di alcuni importanti regolamenti comunitari”, ha dichiarato Giorgia Gaibani, responsabile Difesa del territorio e rete Natura 2000 della Lipu. “È un fatto di grande rilievo, che può cambiare il corso della vicenda del bycatch e spingere il nostro Paese ad affrontarla con decisione, fornendo anche i finanziamenti adeguati ai pescatori affinché possano mettere in atto misure di mitigazione”, ha precisato.

tartaruga prigioniera di rete da pescatori
Tartaruga immagliata

Per evitare che la procedura si concluda a danno dell’Italia, con un parere motivato e successive sanzioni economiche per inadempimento, si dovranno eseguire monitoraggi, bisognerà studiare l’entità del fenomeno e prevedere misure di contenimento dei suoi effetti negativi. L’obiettivo caro a Bruxelles è che il cosiddetto Green Deal europeo e la Strategia sulla Biodiversità per il 2030 contribuiscano ad allentare la perdita di biodiversità, proteggendola e ripristinandola.

Nonostante il bycatch non sia in generale una procedura illegale, per alcune specie ci sono quantitativi limite da non superare (con catture contingentate, come per tonno rosso, tonno alalunga e pesce spada) o vige il divieto assoluto di cattura, detenzione e movimentazione (come per le specie protette).

Ma tra norme comunitarie, internazionali e nazionali, il divieto di detenere a bordo determinate specie si scontra con l’obbligo e la necessità di denuncia delle catture accessorie, per conoscere la portata del fenomeno e poter intervenire con soluzioni mirate. Condizioni per cui molti pescatori gettano comunque le prede indesiderate fuoribordo, anche se hanno l’obbligo di liberarle se vive nonché la possibilità di portarle a terra se ferite, come nel caso delle tartarughe, per affidarle alle cure veterinarie.

È ormai dimostrato che il bycatch rappresenta una minaccia seria per la sopravvivenza di animali come gli uccelli marini, già provati da inquinamento, sovrasfruttamento di stock ittici e distruzione degli habitat costieri. In merito, si stima che più di 200.000 volatili vengano uccisi annualmente in Europa dalle catture accidentali, che riguardano anche squali, razze, delfini, tartarughe marine, spugne e coralli.

Ci sono specie, come la berta delle Baleari (Puffinus mauretanicus), per cui il bycatch potrebbe rappresentare una causa di estinzione entro qualche decennio. In acque italiane, gli uccelli marini sono oggetto di cattura soprattutto nello Stretto di Sicilia e nel Golfo di Trieste (in particolare la berta maggiore mediterranea Calonectris diomedea, la berta minore Puffinus yelkouan, il gabbiano corso Larus audouinii e il marangone dal ciuffo Gulosus aristotelis), mentre le tartarughe marine comuni (Caretta caretta) finiscono spesso intrappolate nel Nord Adriatico.

In tutto, sarebbero circa 130 le specie minacciate da ami, lenze, reti e oggetti alla deriva nel Mediterraneo. Con la volontà di evitare tali insidie, esistono misure che possono essere attuate dagli stessi pescatori. Sono i sistemi denominati BRD (Bycatch Reduction Devices), come quelli che utilizzano griglie nelle reti a strascico, di diverso tipo e posizionamento, che consentono l’uscita di animali di grandi dimensioni. Ci sono anche gli ami circolari (permettono a specie come le tartarughe di non morire allamate) e le funi “scaccia uccelli”, impiegate mentre si calano attrezzi da pesca come i palangari. Meglio ancora se si cala nelle ore notturne, quando l’attività predatoria dell’avifauna è scarsa.

Anche la tecnologia può venire incontro, considerando i dissuasori acustici per i cetacei (delfini in particolare), quegli elettrici per gli squali, le reti da posta illuminate con luci led o le boe “intelligenti”, posizionate su reti o palangari, che allertano i pescatori in caso vi finisca una grossa preda, permettendo di liberarla in tempo utile. Ma risulta altresì fondamentale che gli attrezzi da pesca, come qualsiasi altro manufatto umano, non vengano abbandonati o buttati in mare come fossero rifiuti, divenendo una trappola permanente o vagante per tutte quelle specie che hanno la sfortuna di incapparci.