Tutelare la posidonia per un Mediterraneo in salute di Simone Repetto il 27 Giu 2025 Si moltiplicano le iniziative a sostegno della posidonia nel Mediterraneo e nei mari italiani, per tutelare quello che è considerato un vero e proprio “polmone verde” sommerso, in grado di apportare grandi benefici dove è presente. Sommario I numeriI progettiProgetto Blue ForestProgetto SeaForestSave the Wave I numeri La pianta marina Posidonia oceanica, con le sue distese di praterie è in grado di produrre ossigeno, assorbire anidride carbonica (fino a 1.500 tonnellate di CO2 equivalenti per ettaro), sostenere habitat con molte specie viventi (ospita circa il 20% delle specie marine mediterranee), stabilizzare i fondali e proteggere le coste dall’erosione con le sue “banquette” sugli arenili. Pur rappresentando un patrimonio ecologico e climatico fondamentale, negli ultimi 50 anni le praterie di posidonia sono regredite di quasi il 30%, rendendo urgente interventi immediati e coordinati. I progetti Tra le iniziative più diffuse c’è la riforestazione, ovvero il trapianto in fondali dove la pianta è in sofferenza. Uno dei progetti maggiori si svilupperà su un tratto di mare esteso 80 ettari di fronte a Cala di Volpe, ad Arzachena, dove è prevista la più grande azione di riforestazione nel Mediterraneo. Lo ha annunciato One Ocean Foundation (organizzazione internazionale no profit per la salvaguardia degli oceani) nell’ambito del progetto “Blue forest”, realizzato con l’Università di Sassari ed altri partner. Quei fondali hanno subito l’azione devastante degli ancoraggi di tante barche, danneggiando anche i posidonieti. Ora si punta a rimediare, posizionando bio-stuoie contenenti migliaia di talee di posidonia, selezionate tra quelle eradicate naturalmente e generate dai germogli dei frutti spiaggiati della pianta, in modo da ricreare la prateria esistente. Già sono stati piantumati oltre 500 mq di fondale. “Affiancare alla riforestazione l’attività di ricerca scientifica renderà più efficaci le azioni di ripristino, monitorando meglio le risposte dell’habitat ai cambiamenti ambientali. L’approccio integrato consentirà inoltre di ottimizzare le tecniche di trapianto, favorendo una gestione sostenibile delle praterie marine nel lungo periodo”, ha spiegato la referente scientifica Giulia Ceccherelli dell’Università di Sassari. Progetto Blue Forest “L’ampliamento del progetto Blue Forest in Sardegna è un passo importante nel nostro percorso per la tutela degli ecosistemi marini. Intervenire attivamente col ripristino di praterie di posidonia significa tutelare la biodiversità e promuovere la salute dell’oceano, da cui dipende il nostro futuro”, ha precisato Jan Pachner, segretario generale di One Ocean Foundation. La fondazione ha organizzato a maggio a Milano la One Ocean Week, in cui l’argomento posidonia è stato trattato in specifici incontri. Alla presenza di esperti, ricercatori e attori istituzionali, sono state illustrate varie iniziative mirate, dai progetti pilota ad azioni climatiche su larga scala, volte a contrastare riscaldamento dei mari ed altri eventi dannosi generati dal “climate change”. Progetto SeaForest Tra queste c’è SeaForest, finanziata dal programma comunitario LIFE e gestita da un partenariato coordinato dalla cooperativa Dream Italia, con diversi partner associati tra cui Ispra, Cnr-Ias e i parchi nazionali dell’Asinara, La Maddalena e del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Parchi nelle cui acque si sviluppa il progetto (si punta anche ad esportarlo a Malta), che prevede azioni per diminuire il degrado dei posidonieti, con la “rivegetazione” della pianta e il contrasto all’ormeggio incontrollato delle imbarcazioni, che “arano” i fondali con ancore e catene sradicando le praterie. In proposito, c’è un piano di gestione degli ormeggi nelle zone critiche, in cui quelli non più funzionanti verranno sostituiti con modelli più sostenibili. Ma si agisce anche sul fronte finanziario, in quanto SeaForest darà alla imprese locali e agli stessi parchi l’opportunità di acquistare crediti di carbonio utili a ridurre le loro emissioni gassose, contribuendo così a migliorare i depositi di carbonio dei posidonieti. Una delle chiavi per il salto di scala è proprio la certificazione di questi crediti, utilizzando metodologie scientifiche per quantificare (in modo verificabile) le emissioni evitate e rimosse grazie al ripristino delle praterie, come quella sviluppata dal Cmcc (Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici) e dall’Università della Tuscia. Save the Wave Durante la settimana milanese, sono stati presentati anche i risultati di Save the Wave alle isole Tremiti, un progetto Unesco – Ioc per ripristinare gli ecosistemi marini con programmi di educazione ambientale e partecipazione attiva dei cittadini. Su tre siti pilota per la rigenerazione, c’è stato il trapianto di 145 mq di posidonia, con un tasso di sopravvivenza del 69%. Il fronte della citizen science ha visto la formazione di 20 sub e 30 studenti universitari, con 2 summer school svolte ed oltre 4 mila cittadini coinvolti (la metà studenti). Al centro del dibattito per la protezione della posidonia, c’è il riconoscimento ufficiale delle metodologie di calcolo avoidance/removal, le lacune scientifiche e operative attualmente presenti, l’identificazione di metriche affidabili per monitoraggio e la replicabilità degli interventi, oltre alla necessità di adottare linee guida comuni per l’inserimento dei posidonieti nei mercati volontari del carbonio. Il confronto ha messo in evidenza l’urgenza di un’alleanza operativa tra scienza, finanza climatica e istituzioni su vasta scala, capace di trasformare le praterie sommerse in strumenti riconosciuti e remunerati di mitigazione climatica. Questo articolo ti è piaciuto? Condividilo!