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Se quasi un terzo del Mediterraneo venisse protetto adeguatamente, i suoi stock ittici, inclusi quelli di grande valore commerciale, potrebbero rigenerarsi invertendo la tendenza in corso al depauperamento, visto che il 9,68{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} è considerato “protetto” e solo l’1,27{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} è effettivamente tutelato.

È quanto sostiene l’ultimo report del WWF, sviluppato in collaborazione con il francese CNRS-CRIOBE e gli spagnoli Ecopath International Initiative e l’ICM-CSIC, dal titolo “30 per 30: Possibili scenari per rigenerare la biodiversità e gli stock ittici nel Mediterraneo”.

L’analisi scientifica ha evidenziato che se la pesca insostenibile e quella illegale, nonché molte attività industriali proseguiranno con la stessa intensità di oggi, i livelli di specie ittiche continueranno a diminuire. Per porre un freno, la protezione efficace di specifiche aree (fino al 30{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} dell’intero bacino), insieme alla gestione sostenibile delle attività economiche nella restante parte, garantirebbe l’aumento delle specie commerciali e una ripresa significativa dell’intero ecosistema marino.

Ad esempio, le catture di sparidi (come saraghi e dentici) potrebbero aumentare del 4-20{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} e quelle di pesci di fondale di interesse commerciale (come il nasello) fino al 5{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}, mentre nel Mediterraneo occidentale la biomassa di predatori apicali come gli squali aumenterebbe fino al 45{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}, le cernie del 50{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} e il nasello del 100{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}. Anche il tonno rosso, specie sottoposta a un forte stress di cattura, potrebbe rigenerare la sua biomassa fino a un aumento record del 140{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}. Marina Gomei, regional project manager del WWF Mediterranean Marine Initiative, ha dichiarato in proposito: “Abbiamo la prova scientifica che la protezione di aree chiave del Mediterraneo è un modo efficace per ricostituire gli stock ittici più importanti e fermare la drammatica perdita di specie e di habitat che sta minacciando il nostro mare.

Queste aree marine hanno un enorme potenziale per sostenere il settore della pesca e le economie locali, già ampiamente colpite dalla pandemia da COVID-19, e aumentare la nostra resilienza contro il cambiamento climatico. Il prossimo decennio deve vedere il Mediterraneo di nuovo al centro delle agende ecologiche ed economiche dei nostri governi, se vogliamo assicurare un futuro per il quasi mezzo miliardo di persone che vivono nella regione”.
In tal senso, si auspica che per fine 2021 i leader mondiali adottino un nuovo Piano Globale post 2020 per la biodiversità e che, durante la ventiduesima

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Conferenza delle Parti della Convenzione di Barcellona, venga rivisto anche il relativo Piano regionale.
Il WWF ha chiesto a tutti i governi rivieraschi di sviluppare tempestivamente dei piani di azione regionali e nazionali più ambiziosi, volti a fornire una protezione adeguata al mare nostrum. Dove l’Italia ricopre un ruolo determinante, in quanto le sue coste sono lambite da 3 delle 6 aree che, se protette, potrebbero fornire i maggiori benefici di conservazione: Mediterraneo nord occidentale, canale di Sicilia e mare Adriatico.
Secondo l’analisi condotta nel 2019 dal WWF, soltanto l’1,67 {2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} delle aree marine italiane a vario titolo protette è gestito in modo efficace attraverso piani di gestione implementati.

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Per mantenere gli impegni presi al 2030, il WWF ritiene che l’Italia dovrebbe adottare 4 azioni concrete e immediate, attraverso le quali identificare obiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Realizzabili, Rilevanti, Temporizzabili) per le AMP e i siti Natura 2000, da parte degli enti preposti alla loro gestione, aumentando l’efficacia nella conservazione degli ecosistemi marini e contribuendo al raggiungimento di un buono stato ambientale.
Occhio puntato anche sulle attività illegali, ancora troppo diffuse nei siti protetti, e sulla formalizzazione di sistemi locali di cogestione, utili a condividere la responsabilità dell’identificazione e della gestione delle aree protette e delle risorse naturali tra i diversi portatori di interesse. Compresi i pescatori artigianali, valorizzando la piccola pesca come opportunità di presidio e di gestione.

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