26 luglio 1956 – 26 luglio 2021. Sono passati 65 anni dal giorno in cui il transatlantico italiano Andrea Doria affondò al largo delle secche di Nantucket, undici ore dopo essere stato investito dalla motonave svedese Stockholm. Ciò che avvenne dopo la collisione, causata da una scellerata manovra dell’unità svedese, costituisce un incredibile repertorio di azioni, slanci ed eroismi che permisero di limitare enormemente le dimensioni della tragedia, al punto che l’operazione di salvataggio fu da subito giudicata perfetta.

Ciò che invece non ebbe la stessa chiarezza di giudizio fu l’analisi delle possibili cause del sinistro, poiché prima che il giudice Walsh emettesse la sua sentenza presso il tribunale di New York, i legali delle due compagnie – l’Italia di Navigazione e la Svenska American Linien – dichiararono di aver composto privatamente la vertenza.

Andrea Doria
“Quella notte a Nantucket”, il primo libro in assoluto a dimostrare la responsabilità della nave svedese nel naufragio dell’Andrea Doria.

Da quel momento in poi, il “caso Andrea Doria” si trasformò in un argomento scandalistico nel quale i funzionari e gli addetti stampa della società armatrice svedese si dimostrarono incomparabilmente più bravi e furbi dei loro colleghi italiani. Un esempio tra tutti: al comandante dello Stockholm, Harry Gunnar Nordenson, venne subito assegnato lo stesso prestigioso incarico sulla nuova nave ammiraglia Gripsholm, sulla quale Johan Ernst Carstens-Johannsen, il terzo ufficiale che aveva compiuto la tragica manovra, venne imbarcato con un avanzamento di grado; il comandante Piero Calamai venne invece sbarcato.

È facile immaginare come si orientò l’opinione pubblica a fronte di questi due opposti comportamenti, complice pure un libro dal titolo “Collision Course”, un abile romanzo travestito da approfondita inchiesta che la società armatrice svedese commissionò a un certo Alvin Moscow e che, dopo la sua pubblicazione, ebbe un enorme successo.

Dunque, il capitano superiore di lungo corso Piero Calamai non avrebbe mai più ripreso il mare. Quando morì, il 7 aprile 1972, le sue ultime parole furono “I passeggeri sono salvi?”.

Oggi, Genova gli rende omaggio intitolandogli la scalinata che collega il Belvedere Edoardo Firpo con il piazzale Enrico Bassano, a Boccadasse.