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Il senato ha approvato a larga maggioranza (220 voti a favore) la legge in titolo che colma tutta una serie di vuoti normativi in materie di interesse specifico delle comunità rivierasche ma anche in genere di coloro che fruiscono in modo diretto e/o indiretto dell’ambiente marino, tra i più a rischio nella nostra transizione ecologica. L’inquinamento del mare è un aspetto spesso trascurato o che riappare in modo pressante solo per incidenti a petroliere o nella stagione balneare ma non ci si rende conto che tutti stiamo pagando le conseguenze del disastro ecologico e basti notare l’enorme massa di rifiuti non biodegradabili che si accumulano sulle spiagge o rendono per plurimi aspetti difficoltosa la navigazione.

inquinamento

Pur non risultando ancora palese la formazione di vere e proprie isole galleggianti di materiale plastico nel Mediterraneo come invece succede negli oceani, possiamo tranquillamente affermare che il nostro mare è sicuramente malato e afflitto da eccesso di materie plastiche e rifiuti in genere risultando essere la sesta grande zona per inquinamento da plastiche. Le conseguenze si riverberano naturalmente anche sulla filiera alimentare poiché il pescato appare inevitabilmente compromesso dal livello di inquinamento di ogni genere. Particolare attenzione nella nuova legge è inoltre riservata agli aspetti del riciclo dei rifiuti, tema su cui sarà necessario a breve un forte sviluppo e ripensamento anche in ambito tecnologico e scientifico.

Gli accorti lettori avranno a mente un rilevante precedente in materia costituito dalla legge sulla difesa del mare che vedeva la luce nell’ormai lontano 1982 e che istituì tra l’altro le riserve marine, comminando pesanti sanzioni a chi provocava l’inquinamento del mare. Si posero in essa le basi operative del moderno diritto ambientale marittimo anche sulla scorta di importanti convenzioni internazionali, tra le quali menzioniamo la Marpol e la Montego Bay di cui la presente legge vuole essere un ulteriore e rilevante spunto evolutivo oltre che applicativo. Resta fermo l’impegno delle varie componenti interessate e quindi della Guardia Costiera, da sempre in prima linea su questa tematica.

Passando all’analisi del testo si parte naturalmente dal disegno di legge presentato dall’allora Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (Costa) approvato dalla Camera il 24 ottobre 2019 “Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare”: legge Salvamare.

Abbiamo 14 articoli di cui alcuni piuttosto complessi per cui cercheremo di offrire una sintesi che sia utile a livello informativo. Si incomincia dall’ art. 1, che fissa gli obiettivi tra i quali il principale è quello di contribuire al risanamento dell’ecosistema marino e alla promozione dell’economia circolare nonché alla sensibilizzazione della collettività per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi volti alla prevenzione dell’abbandono dei rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e alla corretta gestione dei rifiuti medesimi.

L’art. 2 tratta invece della modalità di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati che devono esser conferiti dal comandante della nave all’impianto portuale di raccolta di cui al d. leg.vo 182/03: se non presente, il comune di approdo dispone che siano conferiti ad apposite strutture di raccolta, anche temporanee, allestite in prossimità degli ormeggi. Nel caso in cui la nave approdi in un piccolo porto non commerciale, caratterizzato da un traffico sporadico di imbarcazioni da diporto, i rifiuti accidentalmente pescati saranno conferiti gratuitamente presso gli impianti portuali di raccolta integrati nel sistema comunale di gestione dei rifiuti.

Passando a un altro punto nodale che segna una innovativa sinergia tra pubblico e privato per il comune obiettivo della salvaguardia del mare, si prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, siano individuate misure premiali nei confronti del comandante del peschereccio che provveda al conferimento dei rifiuti trovati in mare.

L’art. 3 vuole che i rifiuti di cui sopra o Marine litter possano essere raccolti nell’ambito di specifiche campagne di pulizia secondo modalità individuate con decreto del Ministro dell’ambiente di concerto con quello delle politiche agricole. Sono soggetti promotori delle campagne di pulizia gli enti gestori delle aree protette, le associazioni ambientaliste, le associazioni dei pescatori, le cooperative e le imprese di pesca, nonché i loro consorzi, le associazioni di pescatori sportivi e ricreativi, le associazioni sportive di subacquei e diportisti, i centri di immersione e di addestramento subacqueo nonché i gestori degli stabilimenti balneari. Altri possibili promotori sono gli enti del Terzo settore nonché, fino alla completa operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le associazioni di promozione sociale, le fondazioni e le associazioni con finalità di promozione, tutela e salvaguardia dei beni naturali e ambientali e gli altri soggetti individuati dall’autorità competente.

Gli Enti gestori delle aree marine protette possono realizzare, anche di concerto con gli organismi rappresentativi degli imprenditori ittici, iniziative di comunicazione pubblica e di educazione ambientale, altro aspetto che la legge si propone di sviluppare.

Punto di sicuro rilievo della Salvamare è lo sviluppo dell’economia circolare (art. 4) intesa come riciclaggio della plastica e degli altri materiali non compatibili con l’ecosistema marino. Particolare attenzione merita poi la previsione dedicata alle biomasse vegetali spiaggiate (art. 5). È fatta salva la possibilità del mantenimento in loco o del trasporto a impianti di gestione dei rifiuti, la reimmissione nell’ambiente naturale, anche mediante il riaffondamento in mare o il trasferimento nell’area retrodunale o in altre zone comunque appartenenti alla stessa unità fisiografica.

Il tutto previa vagliatura finalizzata alla separazione della sabbia dal materiale organico nonché alla rimozione dei rifiuti frammisti di origine antropica, anche al fine dell’eventuale recupero della sabbia da destinare al ripascimento dell’arenile.

Nel caso di riaffondamento in mare, tale operazione è effettuata, in via sperimentale, in siti ritenuti idonei dall’autorità competente. Gli accumuli antropici, costituiti da biomasse vegetali di origine marina completamente mineralizzata, sabbia e altro materiale inerte frammisto a materiale di origine antropica, prodotti dallo spostamento e dal successivo accumulo in determinate aree, possono essere recuperati sempre previa vagliatura.

L’art. 6. è dedicato invece al monitoraggio e controllo dell’ambiente marino che dovranno essere conformi ad apposite linee guida operative. Sono altresì previste campagne di sensibilizzazione (art. 7) per il conseguimento delle finalità della legge e delle strategie per l’ambiente marino secondo gli obiettivi contenuti nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015.
Particolare attenzione è poi dedicata ex art. 8 all’educazione ambientale nelle scuole per la salvaguardia dell’ambiente onde rendere gli alunni consapevoli dell’importanza della conservazione dell’ambiente e, in particolare, del mare e delle acque interne, nonché delle corrette modalità di conferimento dei rifiuti, recupero e riuso dei beni e dei prodotti a fine ciclo, con l’obiettivo della riduzione dell’utilizzo della plastica e sui sistemi di riutilizzo disponibili.
Sempre in campo di sinergia ambientale, i produttori ittici che nell’esercizio delle proprie attività utilizzano materiali di ridotto impatto ambientale, partecipano a campagne di pulizia o conferiscono i rifiuti accidentalmente pescati è attribuito un riconoscimento ambientale attestante l’impegno per il rispetto dell’ambiente e la sostenibilità dell’attività di pesca da essi svolta.

È altresì prevista per i comuni la possibilità di realizzare un sistema incentivante per il rispetto dell’ambiente volto ad attribuire un riconoscimento ai possessori di imbarcazione, non esercenti attività professionale, che recuperano e conferiscono a terra i rifiuti in plastica accidentalmente pescati o volontariamente raccolti.

Gli impianti di dissalazione formano oggetto dell’art. 11 mentre il successivo prevede l’istituzione di un Tavolo interministeriale di consultazione permanente sul contrasto all’inquinamento marino di cui fanno parte due componenti delle Capitanerie di Porto/Guardia Costiera e che ricorda per alcuni aspetti la soppressa Consulta per la difesa del mare dall’inquinamento del 1979. La chiusa della legge (art. 14) è nella tradizione consolidata visto che detta la clausola di invarianza finanziaria ragion per cui non si prevede alcun onere aggiuntivo.

In effetti quindi si tratta di norme eminentemente programmatiche che dovrebbero regolare l’esistente a costo zero cosa che può rappresentare un limite poiché alla fin fine ogni attività per essere espletata ha un costo specifico. Come per molte altre leggi anche la Salvamare abbisogna di numerosi provvedimenti attuativi per cui per poterla vedere effettivamente operativa sarà necessario del tempo e speriamo che le lungaggini e magari decreti contraddittori non la affossino sul nascere. Sarà nostra cura fornire ai lettori notizia sia sulla data di effettiva entrata in vigore della legge sia l’aggiornamento sullo stato di emanazione dei suddetti decreti attuativi.

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