A 20 anni dalla scomparsa

Il mare e il vento, la barca e le sue vele. Al centro, l’uomo capace di interpretare i primi e manovrare le seconde grazie alla perizia marinara maturata fin da quando era bambino, navigando da solo nelle acque della sua Lussino. Tanti i modi con i quali è stato – e potrebbe ancora essere – raccontato Agostino Straulino (1914-2004): con libri, video, articoli.

Il Cantiere della Memoria, piccolo museo del mare nel porto antico delle Grazie di Porto Venere,  fondato nel 2016 dal nostro collaboratore Corrado Ricci, ha inteso farlo con una mostra nella quale, insieme a foto d’epoca, sono le vele più care al campione olimpico –   diventato ammiraglio –  a farsi tessuto narrativo attraverso l’arte di un uomo che le conosce bene: loro sono quelle dismesse del Vespucci, lui è Adriano Gandino che per  23  anni è stato a bordo della nave scuola per ottimizzare la resa delle prime, prima da nocchiere e poi da capo degli stessi, come nostromo.

Dal 24 maggio – data di inizio del raduno “Vele d’epoca Alto Tirreno, Trofeo Valdettaro” a fine giugno – la mostra “Straulino, figlio del mare e signore del vento”, curata da Ricci (che ha sviluppato le ricerche storiche) col concorso di Roberto Celi (che ha curato il montaggio grafico), sarà aperta al pubblico, proiettata ad essere ospitata in altre località nell’ambito dell’attività di promozione della cultura del mare dell’associazione La Nave di Carta che l’ha prodotta.  

ammiraglio Straulino
Adriano Gandino con una delle sue opere dedicate a Straulino realiozzate su vele dismesse dal Vespucci

Il ricordo personale

Gandino, ora in forza alla Sezione velica della Marina, attraverso tre sue opere racconta nella mostra i momenti chiave del marinaio passato alla storia per i suoi trascorsi nei campi di regata: il piccolo lupo di mare guidato dall’angelo segnavento che ruota sul campanile della chiesa di Lussino; le prodezze al timone della Star; lui e le altre unità con le quali ha fatto storia, il Vespucci e il 5,5 Grifone.

Mare, vento, barca, vele e uomo si intrecciano attraverso l’arte del nostromo evocando una sola cosa: l’anima del più grande velista d’Italia, ufficiale di Marina, brevettato sommozzatore nel comprensorio del Varignano nel quale svolse anche incarichi apicali, componente del Gruppo Gamma della Decima Mas, decorato con le medaglie d’argento e di bronzo per le sue imprese ardite fino a diventare ammiraglio.

“Sono nato in una comunità di marinai e i miei genitori non persero tempo a gettarmi nelle braccia del mare. Se non fossi riuscito a volergli bene mi avrebbero probabilmente sfracellato, gettandomi da un’altissima rupe”.

Così, con la sua ironia scabra e acre, Agostino Straulino descriveva il suo destino. Un destino intrecciato con quello della sua terra natia, Lussino: un’isola di appena ottanta chilometri, che però a metà Ottocento vantava 150 velieri e quattro cantieri capaci di costruirli. “Il mare lo amai subito, e così forte che rimane ancora l’unica vera passione della mia vita”, diceva.

Ammiraglio Straulino
Agostino Straulino con il prodiere Carlo Rolandi sulla Star Merope III

I successi in regata

Un amore in qualche modo ricambiato: nella sua lunga vita l’ammiraglio Straulino, Tino per gli amici, sul mare ha vinto tutto quello che si poteva vincere: una medaglia d’oro alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, una d’argento a quelle del ’56 a Melbourne, quattro volte campione del mondo con le Star, dieci volte campione europeo, dodici campione italiano, un campionato del mondo One Ton Cup e un oro mondiale nella classe 5.5.

Ma quando gli chiedevano come avrebbe voluto essere ricordato, rispondeva sempre: “Come ufficiale di Marina”. Perché la Marina militare era il suo amore. Primo comandante del Corsaro Secondo, che aveva portato dall’Italia fino ad Honululu, indimenticabile comandante dell’Amerigo Vespucci, con il quale era uscito a vele spiegate dal porto di Taranto. Fino alla sua ultima regata, vinta a Napoli quando aveva 88 anni. Era ormai cieco, quel giorno, ma non aveva importanza. Perché lui il mare non aveva bisogno di vederlo. Lo sentiva.