Nel numero di aprile 1987 di “Nautica” pubblicammo la lettera che ricevemmo dall’ex primo ufficiale di coperta Nave “Umbria”, Rodolfo Zarli da Grado, che riportiamo qui integralmente

Ho avuto occasione di leggere l’articolo del relitto “Umbria” ed ho notato diverse mancanze che, per ragione di verità, ritengo necessario far conoscere. Oltre alle 6.000 tonnellate di bombe e 600 casse di detonatori, spezzoni incendiari, avevamo imbarcato 200 tonnellate di alto esplosivo di 12/ma e 13/ma categoria, stivato nelle celle frigorifere e 100 tonnellate di armi varie nonché 2.000 tonnellate di cemento ed altre merci varie.

Il 28 maggio 1940, alle ore 17,30, siamo partiti da Messina diretti in A.O.I.. Dopo la fermata a P. Said per rifornimento di combustibile, acqua e viveri, il 4 giugno si naviga nel canale con due piloti e 23 marines armati della Royal Navy, la traversata dura due giorni. Il 6 giugno a Suez si sbarca la scorta armata ed i due piloti e si inizia la navigazione nel Mar Rosso. Il 7 giugno alle ore 4,30 nella posizione geografica: Lat. 20 gr. 19′ Nord e long. 38 gr. 13′ Est, si viene fermati da due unità da guerra, l’incrociatore neozelandese “Leander” e lo sloop inglese “Grimsby” che ci intimano con segnali di bandiere di fermare la macchina, questo messaggio lo abbiamo subito trasmesso al Comando Marina di Massaua che ci risponde – a che nazionalità appartengono le due navi? -. Ci fu impedito di rispondere perché erano già saliti a bordo gli inglesi che per prima cosa occuparono la stazione radio sistemando alla porta ed in corridoio due sentinelle. Dopo una viva discussione, la nave viene fatta dirottare, con la minaccia delle armi, per la rada di P. Sudan, Wingate Anchorage. L’ “Umbria” viene occupata militarmente da un commando composto da 2 ufficiali, cap. corvetta e capitano di macchina, 10 sottufficiali, (nocchieri, meccanici, segnalatori ed R.T.) e 20 marines, tutti soldati di professione con esperienza di guerra.

Alle ore 18,15 tempo Eritrea del 9 giugno, il comandante L. Muiesan entra nella sua cabina e apre per caso la sua piccola radio privata; da una stazione ignota capta il seguente messaggio: Attenzione, attenzione, trasmissione straordinaria per le FF.AA. italiane ed operai dell’A.O.I., la guerra sarà dichiarata e le ostilità inizieranno alle ore 24.00. Viene avvisato il direttore di macchina C. Costa e si agisce immediatamente per l’autoaffondamento della nave, nel contempo si distruggono i codici militari segreti e si alza sul picco della maestra la bandiera nazionale n. 4, la più grande in dotazione.

La nave comincia a sbandare a tribordo, il comandante inglese dalla nostra plancia segnala all’incrociatore, ancorato a circa 50 metri dalla nostra poppa, la nostra azione di autoaffondamento, dal “Leander” inviano un motoscafo pieno di marines e prelevano il comandante Muiesan ed il direttore di macchina Costa.

Per autoaffondare la nave, eludendo la stretta sorveglianza delle sentinelle, si sono aperte le due lupe connesse nella presa di mare principale e la valvola di presa ausiliare, la comunicazione a mare della pompa d’igiene, ed aperta la porta stagna del locale caldaia e stiva n. 3 nonché i portelloni di murata destra.

E così marinai della marina mercantile italiana, hanno beffato sonoramente gli emuli del potente corsaro dei mari Sir Francis Drake ed il terribile Morgan. Prelevato il Comandante Muiesan, presi la direzione della continuazione dell’autoaffondamento; ad un certo punto la nave si è fermata di inclinarsi ed allora con il nostromo Bonacorso ed il caporale di macchina siamo corsi a poppa ed abbiamo aperto i portelloni di tutte due le parti, così l’acqua è entrata con più vigore e l’ “Umbria” è autoaffondata più celermente.

Dato l’ordine di “abbandono nave”, ci siamo imbarcati, inglesi e il nostro equipaggio, sulle lance di salvataggio e vogando a remi ci siamo allontanati velocemente perché le caldaie erano in pressione; aspettavamo da un momento all’altro di ricevere l’ordine di proseguire il viaggio, il sottoscritto è stato l’ultimo a lasciare l’ “Umbria”. Catturati, fummo inviati nei campi dei prigionieri di guerra del Kordofan ed Egitto ed il 1¡ settembre 1940, assieme ai superstiti del “Colleoni” e dell’ “Espero”, trasferiti e rinchiusi nei campi dei prigionieri di guerra in India, fino al 26 aprile 1946. Alcuni ammalati del nostro equipaggio rientrarono nel 1945; tra questi il comandante Muiesan.

Della società di navigazione Lloyd Triestino, due sono state le navi autoaffondate dall’equipaggio, l’ “Umbria”, iscritta al compartimento marittimo di Genova e il “Conte Verde”, iscritto a Trieste; l’equipaggio di quest’ultima nave è rientrato a Trieste nel 1946 quando c’era il Comando militare alleato; il prefetto di allora Gino Palutan ha concesso a tutto l’armo la qualifica di “combattente” ed il risarcimento dei danni per l’azione di autoaffondamento avvenuto l’8 settembre 1943 a Shangai. Per l’equipaggio dell’ “Umbria”, perché iscritto a Genova, nessuna qualifica e nessun risarcimento, malgrado i nostri esposti inviati a tutti i presidenti della Repubblica, capi di stato, ministri della difesa, Maripers, politici e Rai, tutto fu invano, ed ora dopo aver servito la patria con fedeltà ed onore, siamo in pensione e vegetiamo con la legge da fantascienza nr. 27 dd. 22/11/73, basata su dati anagrafici e non sui contributi assicurativi versati alla previdenza marinara durante tutto il periodo del lavoro svolto sul mare.

La Commissione della Marina Militare non ha interrogato nessun membro dell’equipaggio, quindi l’inchiesta sull’autoaffondamento della nave deve esser stata molto sbrigativa, per la seguenti ragioni:

1. Ha ignorato l’articolo del Codice Internazionale che recita: quel civile che interferisce contro le FF.AA. viene condannato alla fucilazione.

2. Di nessun conto sono stati considerati i 6 (sei) anni trascorsi in India nei campi dei prigionieri di guerra, sotto le tende con temperatura all’ombra in media di 40 gradi Celsius ed acqua razionata.

3. Il non riconoscerci combattenti, sebbene compiuta una rischiosa azione di guerra, affrontando forze armate superiori di numero di uomini e di mezzi (due unità di guerra inglesi), non trova fondata equità ed illegittimo dal punto di vista costituzionale perché discriminante tra soggetti che si trovavano in condizioni identiche; con questo trattamento a noi riservato viene calpestato l’art. 3 della Costituzione repubblicana – il capo dello stato è il primo garante della costituzione – e il tutto sembrerebbe evidenziare un atteggiamento di aprioristica diffidenza per non dire ostilità dello stato nei confronti degli equipaggi della marina mercantile che presero parte alla guerra.

4. La bandiera della marina mercantile è stata decorata con medaglia O.V.M. grazie ai valori e sacrifici dei suoi equipaggi con 7164 caduti per siluramenti, attacchi aerei e mine, 350 deceduti in prigionia, 4000 tra mutilati ed invalidi di cui 40{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} assistiti dalla legge 180.

Ringrazio per l’attenzione che sarà data al presente esposto, in di una risposta, invio cordiali saluti.

ex primo ufficiale di coperta Nave “Umbria”

Rodolfo Zarli – Grado

Abbiamo raggiunto telefonicamente il sig. Zarli che ha raccontato con entusiasmo ancora una volta i fatti avvenuti nel 1940 compresa tutta la prigionia successiva, lunghissima: a lui e ai suoi compagni fu cambiato per 14 volte il campo di prigionia nel continente indiano.

Un interessante aneddoto riguarda l’apertura del nostro servizio (Nautica n. 295, novembre 1986). Il primo ufficiale ci ha detto che la foto che più lo ha colpito è stata quella della caduta delle bottiglie nella stiva. Infatti è proprio per merito di quelle bottiglie di vino, di cui l’ “Umbria” era ben fornita, che i fatti si sono svolti così. A Port Sudan e in tutta l’area del Mar Rosso il vino a quei tempi era molto raro, così tutti gli inglesi e i neozelandesi ne fecero man bassa e grosse bevute, permettendo al comandante Muiesan e al suo equipaggio di provvedere senza problemi all’affondamento. Ci ha dichiarato il sig. Zarli che se non fosse stato per il nettare degli dei, gli espertissimi soldati dell’impero britannico non si sarebbero fatti prendere per il naso, vedendosi andare a fondo sotto gli occhi migliaia di tonnellate di esplosivo e armi varie.

L.S.S.