Vip abituali e addetti ai lavori

Piero Ferrari

“AMP necessaria per due motivi: salvaguardare l’ambiente e la sicurezza”

Ci vuole ancora un po’ di pazienza per avere le idee chiare sui confini, sui divieti, sulle deroghe e sulle definitive modalità di accesso limitato all’Area Marina Protetta di Capri. Ma intanto il dibattito è aperto. Non c’è circolo nautico in cui non si discuta del progetto caro agli ambientalisti e discusso da operatori turistici e diportisti.

Tra i tanti personaggi dell’industria, dello spettacolo, dello sport, che frequentano abitualmente l’isola azzurra, uno dei più noti è Piero Ferrari, che non solo è vicepresidente dell’azienda che porta il suo nome, ma anche azionista di Ferretti Group (Ferretti Yacht, Riva, Pershing, Itama, CRN, Custom Line, Wally), presidente del Team Strategico di Ricerca e Sviluppo, nonché proprietario di un magnifico Riva 50 denominato Race, ormeggiato ogni estate proprio nel porto di Capri assieme a un Wallytender 43.

“Sono molto legato all’isola, dove ho anche casa, su ad Anacapri, e adoro trascorrervi tutti i momenti liberi” – dice Ferrari, aggiungendo di ritenere l’istituzione dell’area marina protetta “necessaria per due motivi: la salvaguardia ambientale e la sicurezza. Per la prima – spiega – credo che l’ideale sarebbe utilizzare campi boe ecologiche, utilizzabili per imbarcazioni fino a 24 metri, sul modello di quanto fatto in altre località turistiche del Sud, come Taormina.

Lì prenoti, arrivi, paghi la tua tassa di ormeggio e magari scendi a terra senza crearti il problema dell’ancoraggio in zone da salvaguardare. A Capri non sarebbe necessario neanche utilizzare tantissime boe, in quanto i fondali sono molto profondi e non c’è un diffuso rischio di danneggiare il fondo. Ciò detto – aggiunge Ferrari – il problema più grave, a mio avviso, è quello della sicurezza. Attorno all’isola, e in particolare a Marina Piccola, è pericoloso fare il bagno, c’è un movimento impressionante di piccole imbarcazioni turistiche e più che divieti servirebbero controlli”.

Rocco Barocco

“Ben venga l’AMP se è l’arma giusta contro il dilagare dell’inciviltà anche a mare”

Rocco Barocco
Rocco Barocco

Rocco Barocco, stilista napoletano con casa a Capri da 44 anni, non ha dubbi: “Ben venga l’area marina protetta se si rivelerà l’arma giusta contro il dilagare dell’inciviltà. Al di là della salvaguardia dell’ecosistema marino l’area potrebbe contribuire ad arrestare l’invasione di incivili che ormai assaltano l’isola. Purtroppo sono cambiati i tempi, la mia Capri non è più quella d’una volta, la scostumatezza e il cattivo gusto dilagano, e si assiste sempre più spesso a comportamenti disgustosi: barche che entrano nelle baie a tutta velocità, ancorate una sull’altra, musiche a tutto volume, rifiuti e plastiche gettati in mare. Se l’area marina protetta contribuirà almeno a ridurre questo scempio ne sarò felice”.

Ugo Pellegrino (Arcadia Yacht)

“Per l’AMP primo parametro sia la profondità e non la distanza dalla costa”

Ugo Pellegrino
Ugo Pellegrino

Ugo Pellegrino è il fondatore e ceo di Arcadia Yachts, cantiere con sede a Torre Annunziata, 12 miglia da Capri, che sin dalla nascita, nel 2008, si è dimostrato sempre molto vicino alle tematiche di sostenibilità. “Conosco bene l’isola che per la mia famiglia rappresenta il nostro rifugio, la nostra oasi di serenità. Capri è un tesoro dell’umanità, ma ora è il momento di accompagnare questo tesoro verso generazioni future, preservare la sua bellezza e la sua biodiversità.

L’istituzione di un’area marina protetta che vincoli fortemente le aree più iconiche e quindi anche le più delicate, come i Faraglioni, è in linea di principio un’ottima notizia e penso che si debba prendere esempio da chi ha già adottato certi provvedimenti. Immagino che si possano allestire campi boe per le imbarcazioni di chi desidera stanziare in rada, rendendoli attrattivi con servizi di valore aggiunto coordinati con il Marina di Capri o altri operatori. Sarà inoltre utile definire la velocità con cui si potrà navigare intorno all’isola e le aree dove si potrà sostare di giorno e di notte.

A differenza dell’esperienza francese, mi auguro che si proceda con l’identificazione delle varie aree di navigazione considerando come primo parametro la profondità e non la distanza dalla costa: va salvaguardato, infatti, anche il piacere dei turisti che vogliono vedere il più possibile da vicino punti fantastici dell’isola, che ha attorno a sé fondali molto profondi anche vicino alla costa. Oltre i 50 metri di profondità – osserva inoltre Pellegrino – la presenza di ancore non reca danno alla posidonia o ad altri organismi dell’ambiente marino”.

Cataldo Aprea (Apreamare)

“Sono contrario all’AMP. Così si allontanano i turisti e si penalizza l’industria nautica”

Cataldo Aprea, Apreamare
Cataldo Aprea, Apreamare

Cataldo Aprea, fondatore di Apreamare, è lo storico produttore di gozzi sorrentini, ovvero le barche che più di altre battono la rotta tra Sorrento e Capri, in molti casi utilizzate non solo da diportisti privati ma anche dalle società di charter. “La mia opinione – dice – è di netta contrarietà all’istituzione dell’area marina protetta.

Se nel nostro Paese disteso come un pontile nel Mediterraneo vogliamo stabilire che non si possa più navigare con imbarcazioni da diporto e se vogliamo uccidere l’industria nautica, allora sì, via libera alle aree marine protette, via libera alla riduzione di posti di lavoro, via libera alla distruzione del turismo in località che il mondo ci invidia. Noi produttori italiani di barche siamo leader nel mondo, ma veniamo demonizzati nel nostro Paese.

Capri è una capitale mondiale del turismo e noi che facciamo? Studiamo il modo di allontanare i turisti, di rendere loro la vita difficile. Per quanto mi riguarda questa è una scelta imposta da un radicalismo ambientalista che ricalca quanto sta avvenendo con l’auto elettrica imposta dall’Unione Europea. Un errore grave, che finirà col danneggiare tutti”.

Marco Vertecchi (Fiart)

“AMP necessaria, importante coniugare rispetto dell’ambiente, diporto e turismo”

Marco Vertecchi
Marco Vertecchi, Fiart Mare

Marco Vertecchi, Managing Director di Fiart Mare: “Sono nato e cresciuto a Capri, e da caprese l’ho vista cambiare, negli anni, molte volte.

La meravigliosa isola selvaggia di quando ero bambino si è trasformata in uno dei posti più esclusivi e raffinati del mondo, e da un po’ di anni, purtroppo, rischia di restare schiacciata sotto il peso del turismo di massa.

L’area marina protetta rappresenta per l’isola una grande opportunità, la soluzione giusta per salvaguardare il mare e contrastare l’aggressione delle coste e dei fondali. Abbiamo il dovere morale di proteggere le bellezze naturali di Capri, che sono uniche al mondo.

E per questo è necessaria una regolamentazione finalizzata ad impedire l’assalto di imbarcazioni che ormeggiano a poca distanza dalle coste, pregiudicando l’ecosistema marino. Oltre ad essere caprese, sono consigliere delegato di Fiart, storico cantiere napoletano produttore di yacht a motore, e ho profondamente a cuore la nautica e il diportismo, che vanno incentivati e responsabilizzati, non bloccati. Ora si dovrà essere attenti tessitori nella realizzazione e nella regolamentazione della riserva, riuscendo a coniugare il rispetto dell’ambiente con le attività turistiche e la voglia dei nostri diportisti di vivere l’isola”.

Marco Barra (Italiamare)

“Assurdo penalizzare il charter e dirottare verso la Grecia le barche che arrivano dal Nord”

Marco Barra
Marco Barra, Italiamare

Marco Barra, titolare di Italiamare, azienda che rappresenta in Campania 11 marchi (Azimut, Beneteau, Cap Camarat, Chaparral, DB Yachts, Four Winns, Robalo, Jeanneau, Merry Fisher, Salpa, Wellcraft), una flotta ampia e completa che comprende barche a vela e a motore di misura compresa tra 5 e 24 metri, le più diffuse nel golfo di Napoli.

“Sono contrario all’ennesima area marina protetta, che penalizza sia il turismo sia la nautica da diporto, senza portare reali benefici all’ambiente marino, soprattutto in quei territori dove i divieti vengono aggirati pagando una tassa, come avviene nel Regno di Nettuno tra Ischia e Procida.

È assurdo che un armatore proveniente dal Nord a bordo della sua barca arrivi in Campania e si ritrovi costretto a destreggiarsi tra i divieti imposti nel mare delle magnifiche isole di Ischia e Procida, l’impossibilità di accostarsi alla mitica Gaiola di Napoli, l’area marina protetta della penisola sorrentina, quella della Costiera Amalfitana e, dirigendosi più a Sud, quelle di Punta Licosa e di Infreschi.

Ora diventa off limits anche Capri. Assurdo. Se la barca è un grande yacht l’armatore se ne va direttamente in Grecia, o comunque altrove, dove non viene respinto con motivazioni incomprensibili. E poi – aggiunge Barra – perché penalizzare il lavoro di tanti giovani operatori del turismo nautico, che hanno fatto sacrifici per investire sull’impresa acquistando le barche e utilizzandole per un’attività che va solo disciplinata, non vietata”.

Costanzo Staiano (operatore turistico)

“Rispetto delle regole attuali e maggiori controlli più utili dell’Area Marina Protetta”

Costanzo Staiano, titolare della società caprese leader del trasporto turistico su terra (bus, auto, tour, transfer) mostra qualche scetticismo. “Io non so se l’area Marina Protetta si farà davvero entro la prossima estate, ma una cosa è certa: i problemi di sovraffollamento e di violazione delle norme sulla sicurezza della navigazione sono più gravi di quelli ambientali. Nei mesi estivi è diventato molto rischioso navigare nel mare attorno all’isola.

Al sovraffollamento provocato dalle migliaia di gozzi che trasportano turisti si sommano le barche, i gommoni e gli yacht di diportisti che non rispettano le regole e il codice della navigazione, sfrecciano sovente a velocità assurde, ancorano a pochi metri dalla costa e creano situazioni di pericolo non tollerabili. Io sono proprietario di una barca, ma nell’estate del 2023 sono uscito rarissimamente, e l’ho fatto alle 7 del mattino, per evitare di trovarmi invischiato nel caos.

A mio parere maggiori controlli da parte delle autorità delegate a far rispettare il codice della navigazione, dalla Capitaneria alla Polizia, dai Carabinieri alla Guardia di Finanza, sarebbero più utili dell’area marina protetta. E il discorso – aggiunge Staiano – non riguarda solo diportisti e operatori del charter, ma anche i mezzi di trasporto come traghetti e aliscafi, che entrano ed escono dal porto a velocità assurde, muovendosi in spazi stretti e cercando di stringere i tempi per rispettare orari capestro, con arrivi e partenze troppo vicini”.

Superyacht e megayacht: parla Francesco Luise

Capri
Francesco Luise, Luise & Sons

Un capitolo a parte meritano superyacht e megayacht. Ogni anno ne arrivano nel golfo di Napoli poco meno di un migliaio e non c’è armatore che intenda rinunciare a una sosta a Capri, isola che dista da Napoli appena 18 miglia e si raggiunge rapidamente navigando a vista. La stragrande maggioranza fa riferimento alla Luise & Sons, storica azienda attiva da oltre un secolo nei servizi di approdo, accoglienza e assistenza: un autentico colosso della grande nautica, presente non solo nella storica sede napoletana (nel porto di Mergellina il Molo Sannazaro è noto a tutti come Molo Luise) ma anche in altri siti strategici per il turismo nautico d’alto bordo come la Liguria, il Veneto, la Sicilia, la Sardegna, la Costa Azzurra.

Guida l’azienda Francesco Luise, manager di lungo corso e profondo conoscitore della materia, con il quale collaborano fratelli, cugini e figli (tre generazioni, rappresentate da Tomaso, Massimo, Fulvio, Paolo, Ottavio). Francesco ama raccontare di aver cominciato a conoscere il mondo dei superyacht e dei grandi armatori salendo, da ragazzo, a bordo del mitico Nabyla, il Benetti di 86 metri entrato nella storia con Khashoggi.

Da allora in poi per il manager napoletano è stato un crescendo di rapporti con gli armatori più in vista del jet-set internazionale, dall’emiro del Qatar alla famiglia reale saudita, da Jeff Bezos a Robert De Niro, da Frank Fertitta (il re dei casinò di Las Vegas) a Viktor Rashnikov, l’imprenditore russo del ferro da sempre appassionato di Capri e dei Faraglioni: prima della guerra in Ucraina li ha raggiunti più d’una volta a bordo del suo Ocean Victory, una vera meraviglia di 140 metri che naviga sotto bandiera delle isole Cayman.

“Per queste imbarcazioni di oltre cento metri, ma anche per quelle che superano appena i 24 metri, soprattutto quelle di ultima generazione, il problema dell’area marina protetta a Capri non dovrebbe proprio porsi. Sono navi hi-tech, in grado di controllare le emissioni nocive e di rinunciare all’ancoraggio tradizionale grazie ai DP, i Dynamic Position gestiti da motori elettrici. Ciò vuol dire che la posidonia non corre alcun rischio”.

Ma quante di queste navi da diporto dotate di tecnologia avanzata arrivano a Capri?

Il problema non è quante ne arrivano, ma quanti approdi vengono fatti.

Si spieghi meglio.

Per 900/950 navi da diporto che arrivano ogni anno nel golfo di Napoli si calcola che ognuna abbia l’esigenza di approdare in almeno due o tre posti diversi. Dopo una sosta in rada a Napoli, o nel vicino Stabia Main Port di Castellammare, l’unico approdo adeguato a imbarcazioni di una certa stazza, in genere l’armatore e i suoi ospiti si trasferiscono a Capri, visitano i Faraglioni, la Grotta Azzurra, e magari si spingono anche dall’altro lato dell’isola, dove i fondali sono più profondi. Tutto ciò vuol dire che si può arrivare a gestire oltre tremila approdi a stagione. Un numero straordinario, che l’Area Marina Protetta potrebbe condizionare, dando l’impressione che l’isola respinga i turisti che vogliono scoprirla.

Ma tra gli obiettivi primari dell’AMP c’è la salvaguardia dell’ambiente, che viene considerata una priorità.

Va bena la regolamentazione, ma non bisogna prendersela con i più grandi, che sono meno impattanti sull’ambiente. Le barche di nuova generazione sono pulite, e i tender lo sono altrettanto. Ormai non si utilizzano più fuoribordo a due tempi, spesso i motori sono addirittura ibridi o elettrici e aumentano le motorizzazioni con sistemi anti-pollution. C’è chi sta sperimentando l’idrogeno e chi già utilizza il biodiesel. Insomma si dovrebbe tener conto del fatto che l’industria nautica è un settore virtuoso, attento all’ambiente e capace di adeguarsi alle nuove esigenze imposte dai tempi.

Però navigano anche imbarcazioni di vecchia generazione, tutt’altro che “pulite”.

È vero, ed è per questo che si dovrebbe studiare una regolamentazione dell’AMP attenta ad affrontare situazioni diverse. Una cosa è vietare tutto tout court, un’altra è studiare la possibilità di deroghe, sia in virtù dell’avanzamento tecnologico delle imbarcazioni, sia in relazione alla necessità di non soffocare le attività economiche legate al turismo nautico. Qualcosa del genere è stata fatta con il Regno di Nettuno, l’area Marina Protetta che regolamenta la navigazione tra Ischia e Procida.

In quel tratto di mare sono ammesse molte deroghe ai divieti pagando una tassa d’ingresso. Ritiene che sia una formula giusta?

Diciamo che lì è stata varata una regolamentazione più morbida, che penalizza meno i diportisti, ma con un fine apparentemente nobile: con i soldi incassati dai permessi si porta un contributo economico utilizzabile per la manutenzione del territorio e per finanziare la ricerca.

Ma non sarebbe meglio dotare di boe ecologiche i luoghi di maggiore attrattività?

Credo che ne saranno installate di nuove nell’area Marina Protetta di Punta Campanella, dall’altro lato del golfo di Napoli, ma il problema è che queste boe di nuova generazione sono costosissime. E dunque è forte il timore che anche da quella parte sarà sempre difficile avvicinarsi alla costa. E questo è un problema serio per i gestori dei locali del territorio. Da quelle parti ci sono ristoranti stellati che perdono sistematicamente clienti. Per loro gli armatori e gli ospiti dei grandi yacht rappresentano il clou della clientela. E invece c’è molta preoccupazione. E lo stesso dicasi per i lidi di Marina Piccola: alcuni sono raggiungibili solo via mare, con barche turistiche, non da terra. Che fine faranno?

Insomma, le aree marine protette salvano l’ambiente e rovinano l’economia del territorio?

Noi di Luise Group possiamo anche operare altrove, siamo radicati su altri territori e abbiamo interessi anche in altre zone turistiche di alto livello come Cala di Volpe, dove in passato abbiamo gestito anche un campo boe. Ma mi auguro si capisca che ora a Capri è in gioco il futuro del turismo internazionale, che per l’isola è irrinunciabile. E invece, ai danni provocati dalle carenze del porto, dove non sono stati mai ultimati i lavori di ampliamento del molo di sopraflutto, ora si somma il rischio di perdere buona parte del turismo internazionale, scoraggiato dalle limitazioni che imporrà l’area marina protetta.

È pessimista?

“Sono più stupito che pessimista. Non mi spiego come sia possibile non capire che l’isola non dovrebbe respingere, ma accogliere. AMP a parte, il porto di Capri è un manicomio, insufficiente e inadeguato, impossibilitato a ospitare traghetti, aliscafi e barche da diporto, e il discorso dell’accoglienza dovrebbe interessare soprattutto i grandi yacht.

Una cosa è assaltare la costa con centinaia di natanti attorno ai 10 metri, ben altra è avvicinarsi con il tender di un grande yacht ancorato al largo, magari solo per fare il bagno o per far scendere qualcuno a terra, qualcuno che poi va a spendere nei bar, nei ristoranti, nei negozi. È tanto difficile capire quanto danno si può portare all’economia dell’isola? Se lo vogliono, facciano pure; noi, come detto, siamo presenti in altre località e potremmo prestare i nostri servizi anche altrove. Ma sarebbe un delitto chiudere Capri al turismo.

INTERVISTA AL SINDACO DI CAPRI SULL’AREA MARINA PROTETTA

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