ALI NEL VENTO

La Coppa d’Autunno, regata nota in tutto il Mediterraneo come “la Barcolana”, ha festeggiato all’insegna del record: ben 1025 le barche iscritte. Uno dei principali protagonisti di questa nutrita schiera di imbarcazioni è senz’altro il “Nibbio” di Bruno Rossetti, appartenente alla Società Triestina della Vela, e che è ormai entrato nella storia della regata. Dal 1969 il “Nibbio”, infatti, ha partecipato a tutte le edizioni di questa manifestazione velica, nella categoria riservata alle “passere e gozzi”, ingaggiando straordinari duelli in particolare con “Urania” di Spangaro e più recentemente con “Koala” di Bernardi.È risultato vincitore di categoria nella prima edizione e quindi nelle successive degli anni 1970, 1971, 1977, 1978, 1982, 1984, 1985, 1988 e 1991, aggiudicandosi così definitivamente ben tre Coppe d’Autunno di categoria (1970-1978-1985). “Urania” di Spangaro invece ha avuto la meglio negli anni 1979, 1980, 1981 e 1983, guadagnando così definitivamente la Coppa nel 1981.

Caici, passere e guzzi: nomi quasi dimenticati ma che la Coppa d’Autunno, con l’istituzione di una categoria loro riservata, contribuisce non poco a conservare. Queste tipologie di natanti si sono sviluppate nelle nostre acque nel XIX secolo e la tradizione vuole che derivino dalle antiche barche di servizio usate sui velieri del nord

Europa. Venivano importate come scialuppe sulle navi dai nostri capitani, specialmente i lussignani, che facevano rotta in acque inglesi ed americane per i traffici mercantili e che, avendo potuto verificare la loro versatilità e la stabilità, anche in condizioni difficili, le impiegarono a bordo delle proprie imbarcazioni e le portarono al seguito in Adriatico. Così anche i locali maestri d’ascia cominciarono a costruirle su richiesta degli interessati, adattandole alle esigenze locali.

Il «caicio», o caicchio, era anticamente un piccolo battello a remi derivato dalla barcaccia ed usato nel golfo triestino per lo sbarco e l’imbarco delle persone. In sostanza il caicio costituiva la barca di servizio dei velieri, lentamente poi trasformatasi in barca da “passeggio”. La poppa a specchio, leggermente inclinata verso l’esterno, era più svasata rispetto a quella della «passera», una barca simile, spesso più piccola, ma più larga e leggera, con poppa larga a specchio a forma di cuore.

Tipica dell’isola di Lussino, la passera poi si diffuse lungo la costa orientale adriatica dove era impiegata soprattutto per la pesca ed il diporto. Un pò più snello della passera il caicio risultava molto manovriero, in grado di procedere bene nelle andature di bolina e garantiva una buona tenuta del mare. I gozzi, localmente «guzzi», erano invece caratterizzati da prua e poppa stellate, quasi uguali, e sembra siano arrivati nel nostro golfo grazie ad un maestro d’ascia livornese. Anticamente erano impiegati per il servizio passeggeri e per la pesca costiera nel golfo triestino ed anche in Istria e Dalmazia. Molto particolari risultavano quelli usati ad Abbazia e Laurana per le gite turistiche.

Da queste barche da lavoro sono poi derivate anche quelle da diporto, più eleganti e filanti nelle forme, in grado di sfruttare la vela ed anche di costruzione più leggera. Oltre ai remi, come tutte le barche tradizionali dell’epoca, erano attrezzate con una vela al terzo o, più raramente, con una semplice vela aurica, a scotta libera, o a tarchia, più facili da manovrare. Successivamente si impiegò una vela al terzo più adatta per il diporto velico: inferita superiormente ad un’antenna quasi verticale e parallela all’albero, mentre inferiormente vi era un vero e proprio boma. Si trattava quindi di un’attrezzatura velica di passaggio, prima di giungere all’impiego dell’attuale vela Marconi.

Il veloce “Nibbio” è un «caicio» costruito nel 1921 a Trieste da Francesco Bucovaz di Pirano, che aveva maturato una grande esperienza nel noto cantiere Apollonio della cittadina istriana, specializzato nella costruzione di trabaccoli e brazzere. Trasferitosi a Trieste, lavorava in Via dei Fabbri, aiutato dal marangon Pietro Frausin, di Muggia.

Per la realizzazione di chiglia, aste, bagli ed ordinate è stato impiegato il rovere; lo scafo è stato poi rivestito con fasciame di pitch-pine dello spessore di 2 centimetri, mentre per la coperta si sono impiegate tavole di douglas di 1,8 centimetri di spessore. Risulta lungo, da prua a poppa, 6,06 metri con una larghezza massima di 1,98 metri ed un puntale di 0,84 metri.

In origine aveva un albero di circa sei metri armato con una tradizionale vela aurica da lavoro (una tradizionale lug-sail) sospesa quindi ad un terzo circa della lunghezza dell’antenna, su cui era inferita, mentre inferiormente non aveva boma ed era quindi a scotta libera; naturalmente aveva anche un bompresso su cui si armava il fiocco. Battezzato “Darlyng” dall’ex-caposala di bordo che l’aveva commissionato per il proprio divertimento, fu venduto nel 1933 e l’anno successivo ribattezzato “Furio”, in onore del figlio appena nato, dal nuovo proprietario, Antonio Redivo che la tenne – dotandola poi di tuga – fino al 1942. Fu quindi acquistata da Ariodante Leon, e poi passò in proprietà a Giuseppe Piazza, venendo ribattezzato “Nibbio”.

Già giovinetto Bruno Rossetti faceva equipaggio su questa barca e nel 1938 aiutò a sostituire l’albero originale con quello più lungo (11 m) della iole adriatica “A 40” “Mirella”, armato poi con una vela Marconi. La storia della barca è poi legata alle vicende della guerra. Infatti il proprietario, ebreo, pensò di affidarla al giovane Rossetti ma, deportato, non fece più ritorno. “Brunetto”, che aveva accudito con amore la barca, le si era affezionato e nel 1946 potè acquistarla dall’ultimo erede di Giuseppe Piazza.

Il “Nibbio”, costruito per il diporto, è stato interamente pontato con un grande boccaporto al centro, da cui poi è stata ricavata una tuga per una cabina con due panche, che in crociera consentono di avere due giacigli “spartani”. Un piccolo boccaporto a prua, davanti all’albero, dà accesso al gavone dove sono sistemate le vele, mentre a poppa è stato ricavato un comodo pozzetto per manovrare. La barca, veloce, è bilanciata da una zavorra di 280 chili e dalla chiglia in rovere, anche se non troppo profonda.

Questo caicio di 6 metri, con al timone il suo proprietario “Brunetto” Rossetti, quasi coetaneo alla barca, in assoluto vanta più vittorie tra le barche partecipanti alla regata divenuta la più nota del Mediterraneo. Soprattutto è l’unica che è stata sempre presente a tutte le venticinque edizioni svoltesi fino ad oggi: una bella serie di record invidiabili.

Per la Barcolana ’93 il tempo ha voluto fare da interprete: due nodi di vento in partenza, un sole splendido, che ha permesso di ammirare questa moltitudine di barche, schierate per oltre un’ora con gli scafi immobili nel tentativo di gonfiare tutta la superficie di vela disponibile a bordo e di vincere la fastidiosa corrente contraria che il grande afflusso di acqua portato in golfo dall’Isonzo ha creato. Poi una lieve brezza sfruttata al massimo – in particolare da Checco Battiston col “Fanatic” – ha consentito il proseguimento della festa mentre il cielo si copriva e le imbarcazioni lentamente si avviavano verso la prima boa. Alle 13.25 “Fanatic” concludeva vittorioso il percorso, ridotto per il “grande assente” – il vento -, e così veniva fissato alle ore 17.30 il termine utile per giungere al traguardo di Sante Croce. 316 sono risultati alla fine i concorrenti arrivati in tempo utile, tra i quali si è classificato 196° nonno “Gildo” De Grassi – il più anziano della compagnia – con la sua vecchia barca a spigolo, conosciuta in tutto il golfo: il “Bucaniere”.

Anche quest’anno Brunetto Rosetti ha preso il via e abbiamo voluto – nello spirito di questa competizione e grazie alla collaborazione della Società Velica di Barcola Grignano – seguire con un occhio attento la regata di questa piccola imbarcazione. Il “Nibbio” rende molto bene con venti leggeri, purtroppo qui il vento era praticamente assente e quindi il buon Rossetti, pur in prima fila alla partenza, ha faticato non poco per arrivare a virare alla prima boa e, anche se ben piazzato nel primo pomeriggio tra la moltitudine di barche che sfilavano davanti al castello di Miramare, Brunetto non ce l’ha fatta a coprire in tempo utile il percorso ridotto. Le compensazioni in questa regata non esistono per cui il vecchio “Nibbio” pagava troppo a barche sofisticate come i nuovi “Città di Trani”, ” Pegaso”, “Stradivaria” o lo stesso”Fanatic” per sperare in una felice conclusione. Ma Rossetti ed il suo equipaggio non hanno mai mollato anche perché prima di tutto in lotta con se stesso; alla fine una sola passera è giunta in tempo all’arrivo, “Koala”, ma il “Nibbio” sarà puntuale nuovamente alla partenza al prossimo appuntamento.

Articolo di
Mario Marzari

Pubblicato su Nautica prima del 1993