Nel dorato mondo delle barche d’epoca, fra aristocratiche signore di nobile lignaggio e grintosi levrieri a vela, capitano a volte barche diverse, dalle origini magari un pò confuse nel tempo ma capaci anch’esse, o forse più delle altre, di raccontare una bella storia di mare. L’albero genealogico di quella che è oggi «Weatherbird», già «Irina», e già non si sa bene cosa, non è, ad esempio, del tutto chiaro. Forse non è neanche illustre, anche se la barca dimostra un’insolita originalità di soluzioni. Si sa che fu costruita in Normandia nel 1931, con una struttura semplice e robusta che richiama tecniche utilizzate per i pescherecci professionali, e da una tavoletta di legno incisa (ritrovata su una paratia durante recenti lavori di ristrutturazione) conosciamo i nomi di tre persone che certo lavorarono alla sua costruzione. Di chi disegnò la barca, uno “stay-sail-schooner” dalle linee d’acqua alquanto inusuali, non sappiamo invece nulla.Altro dato certo, anche se non strettamente tecnico, è che la barca fu costruita per un celebre attore americano, Gerald Audie Murphy, che la portò per qualche anno a New York e cominciò poi a fare la spola fra l’America e la Costa Azzurra. Per « Weatherbird» l’Atlantico è quindi una vecchia conoscenza, mentre della sua storia mediterranea si sa che la barca condivise stranamente il suo destino con un’altra vecchia signora del mare, il «Vagrant». Le due barche, non si sa bene perché, passarono insieme attraverso vari proprietari, fino a giungere una trentina d’anni fa nelle mani di un imprenditore greco residente in Austria, un certo Pappas. Lui, il greco, preferiva il «Vagrant», e quando la barca finì sugli scogli di un isolotto, in Grecia, per ripararla in modo adeguato pensò bene di attingere pezzi e legno dal «Weatherbird». Lei, «Weatherbird», finì così un pò negletta e abbandonata sullo scalo del Marina Hannibal di Monfalcone, e fu qui che incontrò un personaggio che con lei non aveva proprio niente a che fare, ma che comunque se ne innamorò a tal punto da dedicarle un non indifferente impegno, di soldi e di lavoro.

Angelo Della Valle lo conosciamo in molti, e in molti sappiamo che con la vela non ha mai avuto molto a che spartire. Non certo per divergenza di opinioni ma solo perché Angelo, che di barche gestite o in proprietà ne ha avute ben 63, il mare lo ha sempre vissuto ed osservato da un altro punto di vista. Chi ricorda lo splendido «Makatea» riallaccerà facilmente il nome di Della Valle a quello di uno dei più profondi conoscitori del Mar Rosso subacqueo, specialità Sudan. Quindici anni di vagabondaggi fra reef affioranti, splendide pareti di gorgonie, cernie, squali, relitti di ogni tipo e soprattutto tanti anni di permanenza in luoghi e situazioni in cui i problemi (parliamo di quelli delle barche) o si risolvono da soli o non si risolvono, hanno dato ad Angelo un’esperienza decisamente notevole. Ma per muoversi fra i reef, avendo a bordo una banda di subacquei assetati di mare, la vela non è certo il massimo: così, anche quando le sue barche avevano alberi e tanta tela, questa veniva issata solo per i lunghi trasferimenti.

C’è voluto un incidente di percorso, di quelli che segnano sempre come una boa certe storie di mare, ovvero il naufragio del suo «Guglielmo R», e c’è voluta la nascita di una figlia per riportare Angelo in Italia. E, infine, c’è voluto «Weatherbird« per portare alla vela questo irriducibile innamorato del mare. Acquistata la barca, Angelo Della Valle dedica l’intero inverno del 1989 alla sua ristrutturazione, seguendo personalmente tutti i lavori, con la massima fedeltà all’originale per quel che riguarda le strutture, ma modificando pianta ed impiantistica per fare di «Weatherbird» una barca di mare, e non di banchina. Viene leggermente ampliata la tuga per migliorare l’abitabilità del quadrato, sottocoperta un saloncino si trasforma in cabina armatoriale con annessi servizi, e il totale dei servizi stessi viene portato a quattro per migliorare il comfort di chi deve vivere a bordo per lunghe crociere. Anche gli alloggi equipaggio vengono rivisitati e portati a tre posti letto, più la cabina del comandante. Il totale delle cuccette disponibili sale così a tredici, rendendo «Weatherbird» una barca particolarmente adatta a quello che è oggi il naturale destino di molte barche d’epoca: il charter d’alto livello.

Per il resto la barca mantiene le sue strutture originali, inclusa la coperta in mogano, salvo le varianti attuate quando nel 1942, in seguito alle avarie subite durante una burrasca, subì una modifica del piano velico. In quell’occasione, su progetto di Orloff, l’albero di maestra fu portato da 32 a 28 metri di altezza, quello di trinchetta, anch’esso in douglas, fu accorciato a 18 metri, e conseguentemente fu rivista la velatura dando particolare importanza all’uso dei “fisherman”, vele di strallo issate fra i due alberi. Nel piano velico di «Weatherbird» ne figurano tre, la più grande delle quali raggiunge i180 mq e rende la barca particolarmente veloce nelle andature portanti.

Costruita interamente in rovere, con fasciame da 50 mm e ordinate molto avvicinate, «Weatherbird» ha un carena di disegno molto particolare, caratterizzata da linee d’acqua piuttosto tondeggianti, che si allungano solo in chiglia per scendere, con un bulbo di zavorra in ghisa da 23 tonnellate, fino ad un pescaggio di m 3,80. Una carena in fondo molto moderna, che rende la barca particolarmente veloce nelle andature di lasco e traverso, nelle quali con 32 nodi di vento a «Weatherbird» è stata misurata una velocità di 16 nodi. Nelle stesse condizioni, navigando di bolina, la velocità è scesa a 11 nodi, mentre in condizioni di calma, con soli 7,5 nodi di vento, sono stati comunque registrati 4,6 nodi di velocità.

Per navigare a secco di vele, ovvero a motore, la barca dispone invece di un Mercedes da 210 HP totalmente revisionato, motore che da qualche decina d’anni ha sostituito l’originale 30 HP adibito unicamente alle manovre d’ormeggio. Con una nuova trasmissione, riduzione 3,2:1, ed elica fissa tripla con diametro di cm 96, «Weatherbird» raggiunge i 9 nodi, con un’autonomia che, grazie ai 4000 litri di carburante, supera ampiamente le 1000 miglia. Anche l’impiantistica è stata ristudiata per rendere confortevoli al massimo i lunghi soggiorni a bordo, con un impianto elettrico supportato da un generatore Mercedes quadricilindrico da 12,5 kw, e un impianto idrico che ai 2500 litri di riserva d’acqua affianca un dissalatore da 120 litri. Radar, ecoscandagli, navigatore satellitare, SSB, VHF e via dicendo, costituiscono invece il parco elettronico in dotazione, poiché per navigare seriamente il buonsenso suggerisce, parafrasando un noto slogan: barche anche d’epoca… ma la strumentistica no.