Immagini di qualità oscillante, raramente perfette, più spesso sfuocate, mosse o scolorite: comunque sempre chiarissime nel dimostrare quali sono i pericoli derivanti dai comportamenti sconsiderati di chi naviga per diletto o per professione.

Una galleria sulla quale deve riflettere soprattutto chi, patentato o meno, è al comando di un’unità e, in tale funzione, è responsabile delle azioni proprie e di chi, a bordo, è sotto la sua tutela

È sempre stato così, da che esistono la fotografia e il cinema. Tuttavia, soprattutto nell’era dei social, appare evidente che una singola immagine o un video di pochi secondi possono avere valenze opposte a seconda dei punti di vista di chi li pubblica e di chi li guarda.

L’esempio più classico è quello di una bravata – quasi sempre da idioti ma spesso anche delinquenziale – postata con l’intento di suscitare ammirazione e approvazione ma che, insieme con queste, suscita pure sdegno e condanna, com’è facile comprendere dai diversi commenti che l’accompagnano. Ma poi ci sono anche le riprese fortuite di incidenti, avarie, errori involontari, abitudini pericolose, comportamenti di candida incoscienza che, seppure meno odiosi, offrono comunque la stessa occasione di riflettere in modo responsabile sul mondo che ci circonda.

È esattamente con questo intento che abbiamo scandagliato il web e i nostri archivi alla ricerca di situazioni degne di essere commentate. Ovviamente la gamma dei cattivi comportamenti è molto più ampia di quella costituita dagli esempi di queste pagine, che tuttavia rappresentano pur sempre ottimi spunti di riflessione per affrontare con prudenza l’inizio della nostra tipica stagione diportistica.

Salite/discese acrobatiche

L’esposizione al pericolo incomincia spesso al momento di salire a bordo o di scendere a terra. In questo caso, la responsabilità personale può essere ricercata nella scelta di una passerella del tutto inadatta (cosa assai frequente quando si tratta di barche a vela) o nella sua errata regolazione, nell’errata scelta del punto di imbarco/sbarco o, più semplicemente, nella sopravvalutazione delle proprie capacità atletiche.

 

Scalzi o con scarpe inadatte

Stare a piedi nudi può essere un piacere senza controindicazioni purché non si passeggi per la coperta in lungo e in largo (anche in questo caso, soprattutto se si tratta di barche a vela) o di dover eseguire manovre di qualsiasi tipo: le fratture alle dita dei piedi (soprattutto al quinto dito) sono purtroppo molto frequenti.

 

Per questo motivo, la raccomandazione è quella di indossare calzature adatte, esclusivamente dedicate alla vita di bordo (per intenderci, da non usare a terra), evitando nella maniera più assoluta scarpe e stivali che non abbiano le suole di gomma, sia per evitare possibili scivoloni sia per non causare danni ai pagliolati.

Da evitare assolutamente anche le sole calze tradizionali, che risultano scivolosissime; ne esistono però di speciali che, dotate di microtasselli di gomma, garantiscono un’ottima presa.

Balneazione ad alto rischio

Situazione a dir poco agghiacciante quella di questo signore che, nel fotogramma 1, sta facendo il bagno a pochi centimetri dall’elica del fuoribordo in moto con la marcia avanti innestata.

Quando ci sono bagnanti intorno alla barca, i motori devono essere rigorosamente spenti e perciò, prima di accenderli, ci si deve assicurare che tutte le persone siano risalite a bordo, ovvero che nessun bagnante (anche se proveniente da un’altra barca) si trovi nel raggio d’azione della propria unità.

Bagno in porto

La balneazione deve essere assolutamente evitata (o anche vietata, soprattutto quando si tratta di bambini, come nel caso della foto 2, scattata addirittura all’interno di un porto) in tutti quei casi in cui è possibile venire a contatto con mezzi in movimento.

Tuffi azzardati

Tuffi azzardati

Rientrano spesso nella categoria “bravate” quei tuffi dalla barca che possono costare molto cari, poiché, per essere a effetto, devono necessariamente comportare qualche pericolo. Particolarmente eloquente è il fotogramma 1, che congela il momento dello slancio dal fly di due supereroi, uno dei quali, nel prosieguo dell’azione, sembra urtare violentemente contro lo scafo.

Non ci sono dubbi, invece, per la signora del fotogramma 2, la quale, nel suo maldestro tentativo, ricade rovinosamente sul bordo della sua barca inarcando la schiena in un modo che non lascia presagire nulla di buono. Decisamente più stiloso è il tuffo della foto 3, dove a inquietare è piuttosto l’evidente scarsezza di fondale che – ce lo dice la statistica – è la principale causa di gravi danni a carico della colonna vertebrale. Il comandante di un’unità da diporto ha il dovere di vietare ai suoi ospiti comportamenti di questo genere.

Panico

Questi tre fotogrammi congelano una situazione tutt’altro che rara, soprattutto a inizio stagione, quando ai comandi non c’è un marinaio professionista bensì un armatore decisamente arrugginito dalla lunga inattività.

Generalmente, a danni compiuti, la scusa è che c’è stata una qualche avaria alle leve dei motori o al timone, ma il più delle volte si è trattato di panico.

La morale è semplice: a imitazione di quanto si impone ai piloti delle compagnie aeree, che anche dopo brevi intervalli di attività devono fare sedute di addestramento prima di rimettersi ai comandi, qualsiasi serio diportista, dopo il classico “letargo” invernale, dovrebbe avere l’intelligenza e l’umiltà di farsi affiancare da una persona esperta e allenata prima di riprendere con un minimo di dimestichezza il timone della sua barca.

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