Davvero tante le novità mostrate o presentate al Salone di Düsseldorf dal Gruppo Ferretti. A manifestazione in corso, ci soffermiamo su quelle che ci sono sembrate le più rivoluzionarie, con l’aiuto del Managing Director e Chief Commercial Officer, Stefano De Vivo.

La conferenza stampa di Ferretti Group al Boot di Düsseldorf è terminata da poco. Ancora una volta, lei e l’avvocato Galassi avete dimostrato di essere una formidabile coppia di front-men. La perfetta armonia che mostrate sul palco corrisponde al rapporto che avete in azienda?

Assolutamente sì. Devo dire che uno dei tanti pregi del mio capo è che decidiamo insieme le strategie ma poi mi lascia andare, pur restando sempre pronto a un confronto per verificare. C’è molta interazione. È una gran bella cosa anche perché l’avvocato è qualcuno dal quale c’è sempre da imparare.

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Stefano De Vivo durante la presentazione dell’El-Iseo

Il “la” di quest’intervista è l’elettrico. Trovo che in questo settore ci sia una sorta di contraddizione in atto, poiché dagli USA arrivano notizie inquietanti: la Hertz che vende un terzo del suo parco di automobili elettriche, senza sostituirlo; il dichiarato calo di fiducia da parte degli industriali dell’automotive. Nella nautica da diporto, il contrario: le aziende si stanno tutte orientando in questa direzione.

La nautica lo deve fare perché ancora non l’aveva fatto. È un settore che ha dei poteri di spesa infinitamente più bassi dell’automotive, per cui ha dovuto aspettare che quest’ultimo sviluppasse motori, batterie e tecnologia per poter poi trasferire tutto questo sulle barche. Oggi lo stiamo facendo soprattutto perché la nautica da sempre cerca di ridurre i consumi, magari più per limitare la spesa di carburante che per questioni ecologiche. Resta il fatto che, al di sopra di una certa dimensione, l’elettrico non funziona. Il peso di tutto il sistema è molto elevato e il peso è nemico della nautica. Tant’è che noi abbiamo iniziato con un 27 piedi – il Riva El-Iseo – perché su una barca più grande non avrebbe dato gli stessi risultati.

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Alberto Galassi sull’EL-Iseo

Se non sbaglio, infatti, siete riusciti a far pesare l’El-Iseo, in ordine di navigazione, più o meno quanto l’Iseo dal quale origina con il pieno di carburante.

Il target era effettivamente quello, cosa che ci ha costretto ad alleggerire laddove possibile, senza incidere sulla solidità della struttura. È anche vero che il range dell’El-Iseo è 50 miglia, mentre quello dell’Iseo è 180. Ma è un ottimo risultato perché quelle 50 miglia – o anche le 25 a velocità sostenute – sono statisticamente più di quello che si percorre con una barca simile in un’intera giornata. Voglio dire che sono molto più che sufficienti per andare a pranzare in un certo posto per poi tornare alla base. Senza contare che bastano 2-3 ore, collegati a una nomale presa di banchina, per ricaricare un buon 40-50% delle batterie.  Oppure 8 ore per fare il pieno.

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La raffinata plancia del Riva El-Iseo

Insomma, un tipo di utilizzo assai diverso rispetto a quello di uno yacht che deve percorrere grandi distanze.

Esattamente. Il discorso è questo: qualsiasi sistema alternativo funziona soltanto se garantisce lo stesso tipo di comfort e di utilizzo offerto da una barca “convenzionale”. In altre parole e in altro campo, se la Tesla non ti desse le stesse sensazioni di una BMW tu non te la compreresti mai.

Molte delle sensazioni derivano dal motore. Per l’El-Iseo avete scelto un Parker da 300 KW: come mai questa scelta?

È un motore incredibile, fenomenale, e tutte le sue qualità sono esaltate dalle batterie prodotte su misura da quell’eccellenza italiana che è la Podium. Devo dire che il merito di questo successo tecnologico va al nostro CTO (Chief Technical & Operation Officer – ndr) Matteo Cecada e a tutto il suo team, che ha trasferito nel progetto anche la sua grande esperienza in campo aeronautico.

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De Vivo e Galassi durante la consegna della certificazione Rina per il full electric El-Iseo

Immagino che il suo evidente entusiasmo nasca dall’aver provato e riprovato la barca in acqua. È così?

È così: ho partecipato in prima persona a un anno e mezzo di test sul prototipo, cioè quell’Iseo che, completamente rielaborato, abbiamo mostrato a Cannes e a Monte Carlo suscitando un grande interesse.

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Il Wallypower50 al salone di Dusseldorf

Si tratta peraltro del primo full electric certificato come tale dal Rina. Ma so che state lavorando su un progetto, sempre full electric, di maggiori dimensioni.

È vero e stavolta, non a caso, parliamo di foiler. Stiamo studiando per Wally un 43 piedi con le “ali” capace di uscir fuori dall’acqua riducendo la richiesta di energia.

Mi sbaglio o è un po’ un’inversione di tendenza rispetto alla convinzione di Luca Bassani (inventore e chief designer del marchio Wally – ndr), che si è sempre dichiarato contrario ai foil, ritenendoli molto pericolosi?

Chiariamo bene. Anche io come lui sono contrario ai foil, ma è una nostra opinione che riguarda le barche a vela. Se qualcuno ci dimostrerà che esiste un foil capace di garantire maggiore stabilità a una barca di quel tipo, diventando un elemento di comfort, ne riparleremo. Ma per ora, volare sull’acqua con un 50-60-70 piedi a vela da crociera, oltre a non garantire lo stesso comfort di una barca “normale”, sarebbe soprattutto molto pericoloso.

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Wallywind11

Ci racconti qualcosa di più di questo 43 piedi.

Partendo dal presupposto che sulla barca a motore il foil ti dà la possibilità di ridurre l’attrito, cioè la resistenza all’avanzamento, abbiamo posto la condizione che il nostro 43 offra le stesse cose che ha un 43 “normale”. Forse, chissà, per contenere il peso potremmo rinunciare allo stabilizzatore, ma – tanto per dire – l’impianto stereo, la passerella idraulica per scendere a terra dovranno esserci. Ovviamente ci sono cantieri che la pensano diversamente e che, rinunciando anche a quegli accessori che noi riteniamo fondamentali, hanno realizzando dei gusci pressoché vuoti. Francamente non credo che incontreranno il gradimento del pubblico.

Quando ne sapremo qualcosa di più?

Quasi certamente presenteremo il progetto ai prossimi saloni di autunno e il varo potrebbe esserci verso la fine d’anno o agli inizi del 2025.

Pershing GTX80

Sempre parlando di imminenti novità, avete presentato il nuovo Pershing GTX80 mostrandone un’immagine frontale che mi ha colpito. Si notavano i pattini della carena estremamente accentuati, quasi degli step longitudinali.

È un’immagine che effettivamente mette bene in risalto una caratteristica progettuale propria della linea GTX, della quale fa parte anche il 116. Volevamo realizzare gli scafi più veloci della categoria garantendo al contempo grandi volumi, ampiezze, comfort: qualità che inevitabilmente comportano peso. Per ottenere questo risultato dovevamo perciò lavorare tanto sulla carena, in particolare per contenerne la larghezza al galleggiamento e ridurre al minimo possibile la resistenza all’avanzamento.  Ci siamo riusciti e ne siamo davvero molto soddisfatti.

Abbiamo parlato della velocità dei nuovi Pershing ma, per questa intervista, lei ha scelto di incontrarci nello stand del Wallypower 50, un altro campione di prestazioni al suo debutto mondiale. Sarà perché sente questo modello un po’ come una sua creatura?

In un certo senso sì, tanto è vero che ho detto al mio capo che dovrà darmi un aumento (ride). Scherzi a parte, è davvero magnifico e mi piace davvero tantissimo soprattutto in questa versione con le trasmissioni IPS. Durante la conferenza stampa, l’avvocato Galassi l’ha descritto molto bene e, perciò, gli rubo volentieri la sua frase che mi sono appuntato: ‘E’ una purezza di stile e di eleganza sportiva che consente di assaporarne le prestazioni anche da fermo’. Ecco, lui ha espresso bene quel concetto di “velocità statica” che spesso richiamiamo tra di noi del Gruppo. Perché le barche – tanto quelle a motore quanto quelle a vela – hanno una loro velocità statica. Tu le guardi e ti sembra che stiano correndo anche se sono ferme.

Wallyrocket51

Direi che è una caratteristica propria di tutti i Wally ma, a proposito delle sue barche a vela, si è parlato addirittura di una svolta. Per un marchio che ha la “rivoluzione” nel suo DNA, che cosa può mai significare?

È vero: quando diciamo che si sta aprendo una nuova era per la vela Wally sappiamo di affermare qualcosa che è difficile da spiegare. Ma quando le barche che segnano questa evoluzione saranno in acqua, sarà tutto ben chiaro ed evidente. La numero uno della serie Wallywind110 la stiamo verniciando e sarà consegnata a giugno; la numero due è in fase di laminazione e sarà pronta a luglio del 2025. Si tratta di unità completamente diverse tra loro grazie all’estrema customizzazione consentita soprattutto dai loro incredibili pozzetti. Poi ci sarà la serie Wallyrocket51: essenza pura da regata. Solo regata.