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Se la sua presenza sui grandi motoryacht e la sua assenza sugli scafi più minuscoli sono pressoché scontate, esiste una fascia entro la quale la controplancia costituisce un importante fattore di scelta. E di riflessione.

Esiste una fascia dimensionale che pone al futuro armatore, in cerca della sua barca ideale, l’alternativa tra l’acquistare una barca con fly o senza. Cosa che capita, in particolare, quando un cantiere gli propone queste due versioni dello stesso modello.

Una scelta che per alcuni è scontata in partenza, magari per esperienza pregressa, ma che per altri costituisce un vero e proprio dilemma da affrontare con argomentazioni solide. Infatti, messo subito da parte l’aspetto estetico della questione, in quanto basato esclusivamente sull’indiscutibile gusto personale, conviene concentrarsi sui pro e sui contro che, in definitiva, costituiscono gli unici fattori tecnici oggettivi in grado di far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra.

fly
Il Queens 50 è un tipico esempio di motoryacht prodotto sia nella versione hard top sia in quella flybridge.

I pro del flying-bridge

Il principale vantaggio offerto dal flying-bridge è, a nostro parere, costituito dall’incremento di superficie praticabile che, rispetto a uno stesso modello di barca che ne fosse privo, è orientativamente del 20-30 {2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} sulle sole superfici esterne e del 10-20 {2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} sul totale dell’imbarcazione. Tuttavia, tenendo conto della particolare forma di questo elemento – molto spesso più regolare di qualsiasi altro ambiente di bordo – il vantaggio che ne deriva è di gran lunga superiore, in quanto il suo rapporto tra superficie e abitabilità è praticamente ottimale.

Le due versioni del Merry Fisher 1095.

In altri termini e per assurdo, se un armatore che avesse in odio il flying bridge volesse fare in modo che la sua pilotina di 9 metri avesse la stessa superficie praticabile di un modello di pari lunghezza, provvisto di ponte superiore, dovrebbe allungarla di almeno un paio di metri e allargarla in proporzione.
Esiste poi una serie di fattori positivi derivanti dalla particolare posizione di questa struttura.

La rumorosità. Anche senza ricorrere a un fonometro, è facile scoprire che, in navigazione, soprattutto alle andature più tranquille, il flying bridge è di gran lunga l’ambiente nel quale l’inquinamento acustico è inapprezzabile. In alcuni casi, i rumori della combustione e quelli meccanici del motore e della trasmissione risultano addirittura impercettibili. È pur vero che, rispetto agli ambienti interni, aumenta il fruscio del vento apparente ma, come si sa, esso risulta assai meno fastidioso di qualunque altro suono.

La ventilazione. Restando al vento apparente, va detto che questo continuo passaggio d’aria è, con quello della zona di prua, il più “sano” di cui si possa godere a bordo: esso, infatti, non presenta quelle tracce di gas combusti che sono tipiche invece del wagon-back, cioè di quel fenomeno di risucchio a causa del quale molte barche finiscono per avere aria “sporca” nel pozzetto e, talvolta, persino all’interno se, durante la navigazione, non si ha l’accortezza di mantenere ben chiusi i portelli d’ingresso.

La panoramicità. In questo caso, il discorso deve essere affrontato sotto diversi aspetti. Se si tratta del controllo a vista del traffico marittimo, non c’è dubbio che l’assenza di grosse strutture schermanti consenta un eccellente sguardo, per tutto il giro di orizzonte. Il che vale ancor più del fattore di elevazione in sé stesso, il quale, a ben vedere, non amplia in modo così eclatante il raggio della visuale. Infatti, se a causa della curvatura terrestre un uomo di media statura, in piedi nel pozzetto, riesce a osservare la superficie del mare per un raggio di circa 3 miglia, in piedi sul flying bridge, la sua visuale guadagna sì e no un miglio.

L’utlilità del fly ai fini della visuale di manovra dipende soprattutto dalla posizione della sua stazione di guida: minore se questa è avanzata; maggiore se questa è arretrata.

Quanto alla manovra, invece, bisogna distinguere tra le varie architetture possibili. Un flying bridge studiato particolarmente per la crociera, quindi aggettante sulla poppa, con spazio prendisole e divani perimetrali, può facilmente eclissare tutto il pozzetto e una notevole porzione di mare in direzione della scia. Il che diventa assai fastidioso, per non dire negativo, se si manovra in acque molto strette, come per esempio in attracco alla banchina fra altre imbarcazioni.

Se invece si tratta di un flying bridge all’americana, cioè con la stazione di guida arretrata (come vuole la regola per i fisherman, nei quali è fondamentale il contatto visivo fra il timoniere e chi pesca), allora il vantaggio è assai elevato anche all’interno del porto più minuscolo e affollato.

L’intimità. Ecco una dote che, molto spesso, non viene considerata da chi non ha esperienza diretta. Può sembrare un discorso marginale o a doppio senso: prendetelo come meglio credete. Resta il fatto che, nel corso di una crociera con più persone, il flying bridge diventa immancabilmente un punto di riferimento per chi voglia godersi un poco di intimità – magari soltanto per avere un colloquio riservato – lontano da orecchie e occhi indiscreti loro malgrado.

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La posizione defilata della controplancia la rende l’ambiente più intimo tra quelli esterni, sia in navigazione sia in porto.

I contro del flying-bridge

Esistono solo due fattori che, in modo inversamente proporzionale alle dimensioni dell’imbarcazione, possono far considerare negativamente la presenza del flying bridge.

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Il disegno della sezione di uno scafo dotato di flying-bridge mette in evidenza l’importanza della sovrastruttura, in termini di peso e quindi di baricentro, sul piano di coperta; è il motivo per il quale alcuni cantieri la realizzano in fibra di carbonio.

Il peso

Contrariamente a quel che può sembrare, l’allestimento di una controplancia non consiste nella semplice aggiunta di una seconda stazione di guida e di un divanetto sul tetto della cabina principale. Innanzi tutto perché questo tetto, con tutti i suoi montanti, deve essere ben più solido di quando svolge esclusivamente la sua funzione di copertura; poi perché c’è l’esigenza di aggiungere delle piccole impavesate, dei tientibene, un parabrezza, una solida scala di accesso, elementi di arredo.

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Un insieme che – facendo un raffronto tra le versioni con e senza fly di uno stesso modello – può costituire, in una costruzione di sola vetroresina, un incremento di peso tra il 5 e il 10 per cento: dunque, non certo tale da poter incidere in modo schiacciante sulle prestazioni velocistiche di un tranquillo cabinato da crociera ma sufficiente, invece, a incidere più profondamente sul comportamento dello scafo sull’onda e in condizioni di vento forte.

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In presenza di moto ondoso accentuato e di frequenti onde di scia provocate da altre unità, è sempre consigliabile evitare di salire sul fly, soprattutto per motivi di stabilità.

Ciò accade perché questa massa viene a distribuirsi a notevole distanza dal cosiddetto “centro-barca” e, pertanto, ad aumentare proporzionalmente quel che in fisica si chiama “momento d’inerzia”. Per chi ama le formule, diciamo che tale “momento” è uguale alla massa moltiplicata per il quadrato della distanza, dunque I = md2. Come a dire che, al raddoppiare della distanza, l’inerzia della barca rispetto alle sollecitazioni dell’onda si quadruplica. Ma ad approfondire gli aspetti fluidodinamici di questo importantissimo tema ci pensa in un riquadro a parte il nostro Andrea Mancini, nella sua veste di ingegnere navale.

Qui ci interessa piuttosto sottolineare quanto questa struttura elevata subisca negativamente gli effetti generati da quei movimenti ondulatori dello scafo che, per molti, sono l’innesco della famigerata cinetosi.

onde

Il mal di mare, insomma. Basti pensare che un rollio di ampiezza pari a 20 gradi può corrispondere a un movimento pendolare di circa 70 centimetri all’altezza di un divano posto sul fly e, pertanto, risultare pressoché insopportabile agli stomaci deboli. Se ne può ricavare che, quando le condizioni navigazione non sono ideali, vuoi per il moto ondoso vivo, vuoi per lo stile di guida, conviene senz’altro restare ai piani bassi.

Va detto che, al fine di contenere le problematiche legate al peso delle sovrastrutture, i cantieri tecnologicamente più avanzati ricorrono per la loro costruzione alla fibra di carbonio – che è assai più leggera della vetroresina – riproponendo su scala più piccola quel che fanno i cantieri dei superyacht quando utilizzano l’alluminio per realizzare tutto quel che si sviluppa al di sopra del piano di coperta di uno scafo d’acciaio.

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L’ottima visuale in manovra consentita da una pilotina molto aperta e vetrata.

Il prezzo

Come si sa, il prezzo di un bene diventa un fattore negativo quando non corrisponde pienamente al valore della cosa acquistata. Questo riguarda anche il flying bridge, soprattutto quando la sua presenza non è giustificata da particolari esigenze, come, per esempio, nel caso della visuale di manovra che, può essere perfettamente soddisfacente anche in una piccola pilotina.

scaletta
Nelle barche più piccole, la scaletta del fly, spesso costruita in tubolare d’acciaio, può rappresentare una barriera architettonica importante e diventare un gioco pericoloso per i bambini… e per gli adulti. Per fortuna non manca qualche eccezione, rappresentata soprattutto dalle scale strutturali, dotate di veri e propri gradini e di solidi mancorrenti lungo i lati.

Sicurezza ed ergonomia. Ecco due aspetti interconnessi non sempre presi nella dovuta considerazione ma che, soprattutto quando tra i passeggeri ci sono bambini e/o persone con problemi di scarsa agilità, possono avere una valenza importante.

Per i più piccoli, il fly è qualcosa che assomiglia molto a un gioco da parco, con quella scala che spesso (non dimentichiamoci che parliamo anche di barche relativamente piccole) assomiglia a quella che permette di salire sullo scivolo e che, nel caso specifico, consente di raggiungere un luogo meravigliosamente appartato, talvolta lontano dallo sguardo dei genitori: dunque un’opportunità meravigliosa o un serio motivo di preoccupazione a seconda dei punti di vista.

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Se a queste caratteristiche di fondo si aggiunge un insufficiente livello di protezione da inciampi e cadute (a bordo e fuoribordo), la presenza di un fly mal progettato può diventare un motivo di preoccupazione anche per chi, magari per motivi anagrafici diametralmente opposti, non possiede particolari doti atletiche.

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LA PAROLA AI NUMERI

di Andrea Mancini

Le possibili considerazioni tecniche riguardo alla presenza o meno del fly, soprattutto su una barca definibile come “piccola”, sono fondamentalmente legate al suo posizionamento in altezza: un peso significativo posto a un paio di metri al di sopra della coperta per permettere l’abitabilità della tuga sottostante.

Figura 1

La figura 1, che riporta dati riferiti a due imbarcazioni realmente esistenti, mostra con chiarezza le condizioni di cui stiamo parlando: se su un 15 metri, largo oltre 4.5 metri, il fly si trova a circa 4,20 metri dalla chiglia (sezione a sinistra), su un 10 metri della stessa tipologia largo 3,60 m (dunque circa il 30 {2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} più stretto del primo), il fly si trova a 4 m di altezza, perciò solo 20 cm più in basso (in termini percentuali, – 5 {2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}).

Figura 2

Tutto ciò determina una significativa riduzione di stabilità dovuta alla minore larghezza (minore stabilità di forma) a fronte di una posizione del baricentro praticamente immutata e un’area laterale emersa (la sagoma della barca sulla quale, per esempio, agisce il vento) anch’essa rimasta elevata.

Ma vediamo di capire meglio aiutandoci con la figura 2 che mostra, a sinistra, la condizione di equilibrio in cui la forza peso (il dislocamento D agente nel baricentro G) e la spinta idrostatica (spinta di Archimede agente nel centro di carena B) oltre ad essere uguali e contrarie sono anche allineate. Se, però, interviene una forza esterna, ad esempio un’onda o un colpo di vento, che inclina lateralmente la barca, il centro di carena B si sposta dalla parte dello sbandamento in B’, dove c’è più volume di carena, e le due forze – dislocamento D e spinta idrostatica – non sono più allineate, generando una coppia raddrizzante data da

Δ x GZ

dove GZ, che rappresenta il braccio della coppia o momento, è proprio la distanza tra le due rette di azione del dislocamento D e della spinta idrostatica.

Quando le dimensioni della barca si riducono, anche la coppia raddrizzante si riduce, non soltanto per effetto della riduzione del dislocamento ma anche per la riduzione del braccio GZ determinato dalla minore larghezza della barca e dal conseguente minore spostamento laterale del centro di carena B’. Ovviamente, tutto questo incide sulla stabilità dell’imbarcazione.

Figura 3

Orbene, se il fly costituisce già di per sé un peso significativo posizionato molto in alto, quando su di esso ci sono delle persone, la condizione diventa ulteriormente peggiorativa per la stabilità della barca. Prendiamo ad esempio due versioni di un piccolo fisherman come quello della figura 3 con 10 persone a bordo: la prima di 12 m per 16.000 kg di dislocamento; la seconda di 10 m per 9.000 kg di dislocamento. Ebbene, se 6 persone salgono sul fly disponendosi tutte su un lato, nel caso del 12 metri la barca si inclina di 2.3 gradi mentre nel caso del 10 m la barca si inclina di quasi 5 gradi: più del doppio. E stiamo parlando di una barca più corta “solo” del 20{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8}.

Il quadro sotto riportato è particolarmente esaustivo.

Gli angoli di sbandamento statico e dinamico riportati sono stati calcolati secondo quanto previsto dalle norme CE applicando un vento che investe trasversalmente la barca di intensità pari a 21 m/s (circa 40 nodi), intensità prevista per la categoria di progettazione B dalla ISO 12217 (norma tecnica che riguarda la stabilità), condizione nella quale l’imbarcazione deve comunque mantenere adeguate riserve di stabilità.

L’angolo di sbandamento statico rappresenta l’angolo di equilibrio quando il vento è costante, mentre l’angolo di sbandamento dinamico rappresenta il massimo angolo di rollio raggiunto quando il vento inizia improvvisamente a soffiare.

flybridge

Nella tabella si può notare come, a fronte di altezze baricentriche molto simili se non uguali, la versione 10 metri risenta molto di più della presenza del fly e delle persone sul fly con uno sbandamento raddoppiato rispetto alla versione 12 metri. Ciò dimostra quanto la stabilità di una barca tenda a ridursi con il ridursi delle sue dimensioni.

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