Nautica 718 Febbraio 2022

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L’editoriale

LA TRAGICA LEZIONE DEL CONCORDIA

Dieci anni fa, il 13 gennaio 2012, la tragedia del Concordia. Stavo per aggiungerci l’aggettivo “assurda”, come per distinguerla dalle altre, ma poi mi sono fermato perché, al contrario, quell’aggettivo l’avrebbe concettualmente omologata alla maggior parte di quegli avvenimenti che, dal Titanic in poi, hanno segnato le pagine più nere della marineria moderna. Quasi tutti assurdi, appunto.
Leggo e guardo, in questi giorni di ricorrenza, servizi speciali dedicati a quella che, all’epoca del varo, il 2 settembre 2005, era l’ammiraglia non solo della Costa Crociere ma dell’intera marina mercantile italiana.

E – lo confesso – un po’ mi innervosisco. Perché assisto a qualcosa di molto simile a quei dibattiti televisivi tra commentatori dello sport nazionale, durante i quali ciascuno, per contratto, deve dire la sua mostrandosi capace di entrare in dettagli che agli altri sfuggono. La conseguenza, nel caso del Concordia, è che, nelle mille pieghe di queste minuziose argomentazioni, si perde l’orientamento lungo quel percorso a ritroso che, anello per anello, dovrebbe permettere di risalire alla causa prima dell’incidente e porla al centro dell’attenzione. Perciò la polemica infuria e si appassiona su temi del tipo: il comandante Schettino avrebbe dovuto ordinare molto prima l’abbandono nave; l’ancora di dritta non doveva essere calata; le scialuppe del lato sinistro dovevano essere ammainate per prime; la bugia del blackout elettrico. Eccetera eccetera.

Costa-Concordia-Giglio-(ph_Corbo')-webTutto molto più intrigante, attraente, ghiotto rispetto a quell’unico argomento indiscutibile che sta all’origine del tutto ma sul quale, guarda caso, si sorvola con estrema leggerezza: la pericolosa manovra del cosiddetto “inchino” non doveva essere fatta. Punto. La sola idea di portare una nave a ridosso di una costa per rendere omaggio a qualcuno è una semplice gravissima idiozia. Esattamente come è una gravissima idiozia sfrecciare con un gommone all’interno di un’area riservata ai bagnanti, tanto per fare una bravata.

Questo paragone apparentemente sproporzionato – non lo è affatto – mi riporta automaticamente alle discussioni nate circa quattro mesi fa, dopo l’approvazione della nuova patente nautica per il diporto. Da una parte, chi ha lodato le semplificazioni – a scanso di equivoci, compreso il sottoscritto – e, dall’altra, chi invece avrebbe voluto un appesantimento dei programmi e un maggiore rigore da parte degli esaminatori. Anche in questo caso, dimenticando del tutto che il “primo anello” del comportamento di un marinaio non è costituito dalla quantità di nozioni possedute, bensì dalla presenza o dalla mancanza del buonsenso.

E così torniamo al comandante Schettino, che, per questa vicenda, sta scontando 16 anni di carcere. È completamente fuori strada chi lo accusa di incompetenza, poiché il curriculum che lo aveva portato al comando del Concordia riporta tuttora il risultato di esami estremamente complessi, sostenuti di fronte a commissioni che, a quanto pare, non gli hanno fanno sconti; certifica anni di imbarco e di esperienza lungo tutta la scala gerarchica.
Quella notte di vent’anni fa, trentadue persone sono rimaste vittime di ben altro.

Corradino Corbò


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