Il sestante è rimasto immutato

Se James Cook, il grande navigatore inglese della fine del 1700, potesse visitare la plancia di una nave moderna, sicuramente sarebbe sconcertato e forse anche impaurito.

Una piccola leva al posto del timone; una scatola con il coperchio di vetro su cui si vedono la costa e le navi che sono oltre l’orizzonte; un’altra scatoletta su cui si susseguono latitudine e longitudine; una bussola che funziona senza aghi.

La sua prima considerazione, passato lo stupore e la paura, sarebbe che del suo modo di navigare e degli strumenti a lui conosciuti non è rimasto nulla.

Eppure non è proprio così.

Se il grande navigatore avesse l’opportunità di assistere ad una osservazione astronomica, che nonostante il GPS su molte navi si continua ad effettuare, potrebbe constatare che lo strumento più importante tra quelli di cui disponeva a suo tempo, il Sestante, è rimasto praticamente immutato.

Ma anche il sestante impiegato da Cook oltre duecento anni fa, era il risultato di secoli di esperienze di astronomi e navigatori.

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Il quadrante

Quadrante
Quadrante

Il primo strumento usato dai naviganti europei per misurare l’altezza degli astri fu il Quadrante  che, sebbene menzionato per la prima volta in un documento del 1456, era sicuramente in uso ben prima di quella data.

Consisteva in un settore circolare di 90°, in legno o metallo, con il lembo graduato, che recava su uno dei lati due traguardi per osservare l’astro, mentre un filo a piombo consentiva di misurarne l’altezza.

Astrolabio Nautico

Astrolabio Nautico
Astrolabio Nautico

Verso la fine del XV secolo venne in uso l’Astrolabio Nautico derivato dal complesso astrolabio astronomico di età ellenistica, perfezionato dagli Arabi che ne fecero largo impiego. Si componeva di uno spesso cerchio metallico sul quale erano incise due scale diametralmente opposte; un’alidada munita di due traguardi permetteva di osservare gli astri e determinarne le altezze, mentre un anello girevole consentiva di tenerlo sospeso e il suo notevole peso (5-6 kg) ne assicurava la stabilità anche in presenza di vento. Per impiegarlo occorrevano tre operatori: uno sosteneva Io strumento, uno traguardava l’astro ed il terzo procedeva alla lettura. Questa procedura consentiva di ottenere una maggior precisione nella misura delle altezze.

Con l’astrolabio nautico ed il quadrante partirono per le loro imprese Cristoforo Colombo, Vasco De Gama e Magellano.

Balestriglia o Mazza di Giacobbe

Balestriglia o Mazza di Giacobbe
Balestriglia o Mazza di Giacobbe

Nel corso del XVI secolo venne ideata la Balestriglia o Mazza di Giacobbe, un nuovo strumento per misurare gli angoli che soppiantò, per la sua facilità d’impiego, il quadrante e l’astrolabio; era generalmente di legno e si componeva di uno o più regoli di varia lunghezza, scorrevoli su una staffa a sezione quadrata, graduata secondo una scala delle cotangenti.

Quadrante di Davis

Quadrante di Davis
Quadrante di Davis

Nel 1549 il navigatore inglese John DAVIS ideò uno strumento rivoluzionario che da lui prese il nome di Quadrante di Davis. L’innovazione principale di questo strumento fu che si usava dando le spalle al Sole – da cui il nome inglese di Back-Staff – così da misurare l’altezza senza essere abbagliati. Sempre nel XVI secolo fu ideato il Notturlabio, (fig 6) descritto per la prima volta nel 1581, impiegato per determinare l’ora di notte.

l’Ottante

Ottante
l’Ottante

Nel 1731 John HADLEY presentò alla Royal Society il primo strumento costruito sul principio della doppia riflessione: l’Ottante (fig 7) Lo strumento aveva l’ampiezza di un ottavo di circonferenza – da cui il suo nome – e, grazie al principio di ottica su cui si basava, permetteva di misurare angoli fino a 90°.

La validità dell’Ottante di Hadley fu subito riconosciuta e lo strumento, sperimentato in mare nel 1732, fornì precisioni di 1-2 primi, fino ad allora impensabili.

Il sestante moderno

Il sestante moderno
Il sestante moderno

Il sestante moderno, direttamente derivato dall’ottante di Hadley è costituito da un’armatura metallica che porta le due superfici riflettenti realizzate da due specchi piani. Lo specchio mobile è montato su un braccio mobile, denominato alidada, che gli consente di ruotare e che è dotato di una linea di fede rispetto alla quale si legge l’angolo misurato dalla graduazione riportata sul lembo del sestante. La graduazione è fatta in modo che su di essa si legge direttamente il doppio dell’angolo di cui ha ruotato lo specchio mobile. Lo specchio fisso è solidale con l’armatura e realizzato in maniera tale da essere una superficie riflettente solo nella metà situata verso lo strumento. L’altra metà è trasparente. Completa lo strumento un cannocchiale a forte ingrandimento e piccolo campo.

Negli ultimi anni il sestante ha subito un’ulteriore evoluzione che comunque non ne ha cambiato la fisionomia fondamentale. La struttura anziché in metallo viene realizzata in resina con il risultato di poter costruire strumenti molto più leggeri.

Un’altra miglioria è stata la possibilità di accoppiare al sestante un accessorio chiamato “orizzonte artificiale”. Questo accessorio consente di effettuare le osservazioni anche quando la situazione atmosferica non permette di vedere chiaramente l’orizzonte, oppure quando è necessario effettuare misure di astri che si trovano verso costa.

Alcuni anni fa alcune ditte produttrici lanciarono un nuovo modello di sestante il cui impiego era semplificato grazie all’utilizzo dell’elettronica. Le uniche operazioni richieste all’operatore erano il riconoscimento dell’astro e la sua collimazione sull’orizzonte. Quando l’immagine dell’astro era sull’orizzonte era sufficiente pigiare un tasto posto sull’impugnatura per misurare automaticamente, tramite alcuni sensori posti sulla struttura capaci di determinare l’angolo di inclinazione dell’alidada, il valore dell’altezza dell’astro, e trasferire tale valore ad un calcolatore tascabile che faceva parte integrante del sestante cui era collegato tramite un cavo.

La pressione del tasto provocava anche la lettura dell’orologio posto nel calcolatore e quindi la memorizzazione dei due dati, altezza e istante di osservazione. Effettuate tutte le misure era sufficiente richiamarle dalla memoria, associare a ciascuna di esse il nome della stella cui si riferivano e lanciare il programma di calcolo che consentiva di ottenere in uscita la posizione dell’osservatore.

Questo ibrido tra meccanica di precisione ed elettronica non ha però trovato un largo impiego e sono scomparsi molto velocemente dal mercato. Un pò per il loro prezzo, decisamente superiore a quello dei due componenti separati; ma anche perché sono stati realizzati poco prima della diffusione di massa dei sistemi di posizionamento satellitare.

Ciò non vuol dire che il sestante sia un apparato obsoleto. È tuttora l’unico strumento di posizionamento d’altura che non dipende da fonti esterne e che non necessita di alimentazione elettrica. Un buon sestante, un orologio affidabile, una copia delle effemeridi ed una bella serata senza nuvole sono tutto ciò che serve per raggiungere qualsiasi punto della terra.

La maggior parte dei naviganti moderni non sarebbero in grado neanche di allontanarsi da costa senza GPS; Sir James Cook sarebbe ancora oggi in grado di partire dall’Europa ed arrivare in Nuova Zelanda nella massima sicurezza.
Principio di funzionamento del sestante

Principio di funzionamento del Sestante

Il sestante è uno strumento a riflessione che sfrutta il seguente principio dell’ottica: se un raggio luminoso subisce una doppia riflessione in uno stesso piano, l’angolo di cui esso viene deviato è il doppio dell’angolo formato dalle superfici riflettenti
principio di funzionamento del sestante

Lo strumento, costruito in maniera da realizzare il principio ottico descritto in precedenza, è costituito da una armatura che porta due superfici riflettenti formate da due specchi. Lo specchio mobile è portato da un braccio mobile, l’alidada, che lo fa ruotare e che è dotato di una linea di fede, detta anche indice, rispetto alla quale si legge l’angolo misurato sulla graduazione riportata sul lembo del sestante. Il lembo è un arco di cerchio il cui centro coincide con l’asse intorno a cui ruota l’alidada; la graduazione è fatta in modo che su di essa si legge direttamente il doppio dell’angolo di cui ha ruotato lo specchio mobile. Lo specchio fisso è realizzato in modo che solo la sua metà situata verso lo strumento sia riflettente. L’altra metà è trasparente. A corredo si trova il cannocchiale astronomico a forte ingrandimento e piccolo campo.


I pezzi unici

Fino all’avvento degli strumenti di radioposizionamento (comparsi solo alla fine del secondo conflitto mondiale), il sestante è stato l’unico strumento in grado di determinare la posizione in mare ed in aree desertiche o non già cartografate.

Per questo motivo, immediatamente dopo l’affermazione del sestante in campo nautico, si accese tra i costruttori una vera e propria gara, nel tentativo di realizzare strumenti sempre più piccoli ed adatti ad essere impiegati anche in qualsiasi luogo o situazione, anche le più “estreme”.

Nei musei o nelle collezioni private è possibile ammirare tantissimi tipi di sestante, ognuno con una propria peculiarità: da quello di dimensioni minuscole (scomodo da impugnare a bordo di una nave che rolla e beccheggia, ma ideale per essere trasportato alla cintura di un esploratore che volesse averlo sempre a disposizione); a quello realizzato montando la parte meccanica e quella ottica all’interno di un cilindro per preservarla dagli urti (box sextant).

La caratteristica comune ai sestanti, alle bussole ed ai cannocchiali – ferri del mestiere degli “esploratori” terrestri e marini del secolo scorso – è che erano tutti realizzati in ottone.

Questo metallo, che ai nostri giorni viene impiegato quasi esclusivamente con finalità decorative, ha una serie di caratteristiche che lo rendevano ideale per realizzare strumenti di precisione: si lavora con facilità e consente di realizzare pezzi piccoli e precisi; pioggia e salmastro non lo intaccano (la patina di ossidazione che si crea sulla sua superficie è facilmente asportabile e contemporaneamente protegge l’oggetto); non è necessaria la lubrificazione delle parti meccaniche (viti, ghiere, ecc.); ed è perfettamente amagnetico. Sarebbe affascinante riuscire a classificare tutti questi piccoli gioielli della meccanica, ma purtroppo è un’opera pressoché impossibile. La maggior parte di essi, infatti, erano pezzi unici, costruiti da artigiani secondo le specifiche necessità – e talvolta secondo la bizzarria – di coloro che li ordinavano.