Per praticare la pesca sportiva dalla barca occorrono determinate attrezzature: canne, mulinelli, fili, esche, ami, raffi, coppi, ecc.In questo articolo cominceremo ad occuparci delle attrezzature per la traina che comprendono anche quelle per il drifting.

La canna ha due scopi primari. Primo: ammortizzare le strattonate del pesce allamato, sempre più violente subito dopo l’abboccata e nelle ultime fasi del recupero quando il “predatore predato” vede la barca pericolosamente (per lui) vicina; secondo: produrre un effetto leva utilissimo nel combattimento. La canna è composta da due elementi: il manico e il cimino detto anche fusto. Il manico è la parte rigida dell’attrezzo realizzata di solito in lega metallica; esso reca, partendo dal basso, una crociera a incastro, una ghiera per il fissaggio del mulinello e un cilindro cavo con relativa ghiera per l’accoppiamento con il cimino. Per il combattimento pesante dalla seggiola esistono anche canne con il manico curvo destinate ad agevolare l’azione dell’angler. Il cimino, che rappresenta la parte flessibile del tutto, ha l’impugnatura rivestita da materiale antiscivolo, i passanti guidafilo a carrucola o ad anello e il puntale anche esso a carrucola o ad anello; i passanti hanno lo scopo di assicurare la direzionalità della lenza e di evitare che, qualunque sia la curvatura della canna, il filo venga a contatto con la stessa; essi servono inoltre a distribuire uniformemente la forza applicata sull’attrezzo. La flessibilità del cimino è determinata dalla sua maggiore prontezza nel raddrizzamento e quindi agevolano notevolmente l’angler quando è necessario ricorrere al pompaggio per portare a galla le grandi prede “inchiodate” a picco sotto la barca; sono quindi da preferirsi senza alcun dubbio nella caccia al grosso. Negli altri casi la superiorità delle canne vuote rispetto a quelle piene, notevolmente meno costose, tende ad attenuarsi man mano che si scende nella potenza. Il cimino è ad azione di punta (quasi sempre più catturante) quando, al momento dell’impatto, la flessione iniziale è limitata al solo vertice per poi estendersi progressivamente a tutto il resto della struttura man mano che aumenta la forza di trazione; è invece ad azione parabolica quando, fin dal principio, la flessione tende a distribuirsi su tuto l’attrezzo.

La potenza delle canne (che è commisurata ad una curvatura di 90° oltre la quale l’attrezzo diventa inerte) è espressa in libbre e, di solito, è indicata con apposita dicitura impressa sul cimino. I libraggi di uso e di reperibilità più correnti sono il 6, il 12, il 20, il 30, il 50, l’80 e il 130. Per il recupero di esemplari non superiori ai 4-5 chili il manico può essere appoggiato direttamente sul corpo del pescatore; ma via via che sale la taglia saranno utili e, alla fine, indispensabili, la cintura con bicchierino, le bretelle addominali e/o dorsali e, addirittura, la seggiola o il seggiolino da combattimento.

La misura standard delle canne da traina e da drifting è di m 2,10 circa. Però da qualche tempo si stanno diffondendo anche canne più corte (m 1,60 circa) denominate stand up, realizzate per il combattimento in piedi condotto con piegamenti delle ginocchia ed acconci movimenti di arretramento di tutto il corpo. Tale tecnica ha la sua ragion d’essere nel proposito di offrire al gran pesce, con la rinuncia alla seggiola, una maggior dose di pari opportunità. Queste canne hanno un manico molto lungo e un cimino di proporzioni ridotte; il loro libbraggio è comunemente indicato con due diversi valori (es. 20-50) corrispondenti il primo all’azione di punta (piuttosto accentuata), il secondo all’azione parabolica integrale. Per il corretto impiego dello stand up è prevista una speciale cintura composita. Chi non ha cognizioni veramente complete in fatto di combattimento con le grandi prede (tonni giganti e squali volpe che potrebbero trascinare fuoribordo il pescatore al minimo sbaglio) farà bene a non cimentarsi con tali colossi operando in piedi. A parte ciò, le stand up risultano validissime nei confronti di tutti i predatori; e non è da trascurare il vantaggio connesso al loro ingombro ridotto.

Siamo arrivati al dunque. Di quali canne, fra le miriadi offerteci dal mercato, dovremo provvederci? Se volessimo raggiungere il top della completezza teoricamente possibile in rapporto alle singole specie o gruppi di pesi insidiabili dovremmo disporre di dozzine di tali attrezzi naturalmente completi di mulinelli, fili, ecc. Il che è assurdo. Cerchiamo quindi di ragionare per giungere a soluzioni pratiche accettabili. Ecco il ragionamento.

In traina costiera, che è quella esercitata dalla grande maggioranza dei dilettanti italiani, potremo incontrare prede più o meno impegnative: dall’occhiata di un etto alla ricciola scatenata di 60 chili ed oltre, la quale però, salvo rarissime eccezioni, non aggredirà mai un’esca artificiale. Molto più probabili saranno invece le possibilità di imbatterci, sempre in costa e con artificiali, in pesci meno combattivi e comunque di minor taglia massima: spigole, dentici, lecce stella, ricciole minori, sgombri, sugarelli e, scendendo ancora nelle dimensioni, aguglie, occhiate, costardelle, tracine ecc. Per tutto questo popolo di pinnuti sarà sufficiente, o in molti casi addirittura sproporzionata in eccesso, la canna da 12 libbre; potremo scendere fino alle 6 se preferiremo, rischiando, esaltare il nostro senso di sportività, ovvero salire fino alle 20 se vorremo stare relativamente tranquilli. Tuttavia, sempre in costa, saremo indotti in varie occasioni ad usare esche naturali (in primis l’aguglia viva) che sono molto spesso indispensabili nei confronti dei dentici in determinate stagioni, dei serra di taglia e delle grandi lecce e ricciole, ivi compresa quella enorme di cui sopra. Perciò, quando e se traineremo con esca naturale e non disporremo di grande esperienza, non dovremo mai scendere sotto le 30 libbre.

In altura cercheremo l’incontro soprattutto con i tonni di branco (quelli giganti si prendono quasi esclusivamente in drifting), con le alalunghe, con le lampughe e, in quei posti dove ancora ci sono, con le aguglie imperiali. Per questi pesci, che di solito non sono di taglia eccessiva, saranno più che sufficienti le 20-30 libbre. Peraltro, se vorremo andare sul sicuro (può capitare il tonno rosso intermedio di 70-80 chili) dovremo spingerci fino alle 50 libbre.

D’altra parte, se la zona alturiera ove opereremo sarà pressoché esclusivamente popolata da pesci minori, come accade in autunno con le alalunghe a 20-25 miglia dalle coste pugliesi, nessuno ci impedirà di adoperare attrezzi di sole 12 libbre. Le canne da 80 o da 130 libbre ci serviranno soltanto nel drifting pesante.

In generale, sia per la traina sia per il drifting, saranno preferibili le versioni in fusto vuoto; come già accennato, solo per potenze inferiori alle 20 libbre potremo orientarci, senza subire eccessive penalizzazioni, verso i fusti pieni ad azione di punta.
In conclusione, dopo avere valutato i pro e i contro, possiamo dire che un equipaggiamento standard ragionevolmente differenziato potrebbe essere questo: una o due canne da 20-30 libbre; una o due canne da 50 libbre (che i più esperti possono anche impiegare nel drifting pesante); una o due canne (ma solo se si ambisce al molto grosso sempre in drifting) da 80 o addirittura da 130 libbre. Per chi comincia può andar bene la sola coppia da 12 o da 20 libbre; e, al limite – se le aspirazioni sono circoscritte alla cattura di occhiate, sugarelli, maccarelli e simili – una sola coppia da 6 libbre.

Un discorso a parte lo merita l’alternativa: passafilo a carrucola o ad anello? Le carrucole assicurano una maggiore direzionalità della lenza in fase di combattimento ma sono spesso troppo strette e non consentono o rendono difficoltoso il passaggio di eventuali girelle e, addirittura, di semplici nodi; gli anelli non creano tali problemi ma producono una direzionalità meno precisa e, inoltre, sono molto più soggetti ad usura per l’attrito provocato da lenze madri di monel. Sulle scelte le opinioni sono piuttosto discordi. A mio modesto avviso, nei nostri mari, funzionano bene sia le carrucole di dimensioni accettabili sia i semplici vecchi anelli per i quali le case costruttrici impiegano ottimi materiali sconosciuti in passato.
C’è infine una regola inderogabile sull’impiego delle canne: quando sono in pesca debbono sempre essere assicurate alla barca con robuste sagole agganciate ai mulinelli.