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Il Mediterraneo, e le acque italiane in particolare, hanno la “febbre”? Parrebbe di sì, a giudicare dalla stagione estiva decisamente afosa che stiamo vivendo, le cui ondate di calore hanno interessato anche le acque superficiali fin dalla tarda primavera.

Secondo recenti dati osservati da alcuni ricercatori, a giugno la superficie del mare era più calda di quanto sia stata in media negli ultimi trent’anni. Un focus del 19 giugno scorso, da parte del programma UE di monitoraggio “Copernicus”, annunciava temperature superiori di 5 gradi in alcune zone del mare nostrum rispetto alla norma. Differenziale che, perdurando, potrebbe avere effetti disastrosi e irrimediabili su vita marina e habitat già messi a dura prova da fattori antropici invasivi e deleteri.

Eleonora de Sabata con responsabili Guardia Costiera

Per monitorare meglio il fenomeno, in atto ormai da tempo, nel 2021 l’organizzazione MedSharks ha ideato e implementato MedFever, una rete di stazioni di rilevamento delle temperature del mare lungo le coste tirreniche rese operative grazie al contributo determinante della “citizen science” (in questo caso sub) e della Guardia Costiera, che ha recentemente aderito al progetto con mezzi, attrezzature e operatori.

Grazie all’attiva partecipazione di una decina di diving center e dei cinque nuclei sub della Guardia Costiera, il supporto di Lush e la collaborazione scientifica di Enea, OGS e Università di Roma, il network MedFever è costituito da una dozzina di stazioni in Toscana, Lazio, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna, a cui se ne sono aggiunte altre nel mar Ligure e in Adriatico, con subacquei-sentinelle pronti a cogliere, registrare e segnalare ogni cambiamento anomalo sui fondali. “Si parte da una rete di termometri marini in siti costieri strategici nel mar Tirreno, che consentono misure ad altissima frequenza temporale, rappresentanti uno strumento di indagine ambientale di estrema importanza”, ha detto Ernesto Napolitano, oceanografo dell’ENEA coinvolto in MedFever.

I dati raccolti, pubblicati a febbraio 2022 sulla piattaforma open source Seanoe in aggiornamento, consentiranno ai ricercatori di osservare e comprendere meglio fenomeni di dinamica costiera di estrema importanza anche per l’ecosistema locale. L’idea di questa rete di monitoraggio volontario nasce da MedSharks, che da 6 anni registra costantemente le temperature in un’oasi sottomarina nel golfo di Napoli.

Questi dati, raccolti per lo studio del piccolo squalo gattopardo, hanno aperto a oceanografi e biologi una prospettiva pressoché inedita su quanto accade sotto il pelo dell’acqua. Chi studia le correnti, ha individuato onde di calore propagarsi in mare, mentre chi si occupa del riscaldamento climatico ha trovato un registro prezioso per comprendere le cause, o concause, delle sempre più frequenti morie di madrepore e gorgonie.

Inoltre, in acque più calde molte specie tipiche mediterranee faticano ad adattarsi, lasciando possibilità sempre maggiori di adattamento alle specie cosiddette alloctone, o aliene, come quelle arrivate dal canale di Suez o dagli oceani col trasporto marittimo.

Nonostante il Mediterraneo sia un’area molto sensibile ai cambiamenti climatici, sono pochi i sensori termici posizionati nei suoi fondali. “Solo i subacquei possono osservare l’impatto che queste ondate di calore possono avere sugli organismi marini” ha sottolineato Eleonora de Sabata, responsabile di MedFever. “Chiunque, armato di macchina fotografica o GoPro può dare una mano: basta un video o qualche foto, scattate prima dell’estate, e poi altrettante all’inizio dell’autunno. Servono per cristallizzare il “prima” e confrontarlo poi con il dopo-estate. Sperando che il “dopo” sia bello tanto quanto il prima, ma preparandoci, nel caso, a testimoniare l’impatto che queste lunghe ondate di calore hanno in mare”, ha concluso de Sabata.

Maggiori info sul web, per chi volesse collaborare, su medfever.it e social relativi.

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