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Design for All è un principio da applicare a qualsiasi forma di progettazione che voglia davvero definirsi inclusiva. Non fa eccezione la nautica, che oggi può contare sulle preziose linee-guida di un libro importante.

L’invenzione nasce spesso da un bisogno: è il problema che ti porta a nuove soluzioni, spesso migliori di quelle normalmente utilizzate.” Con queste parole Andrea Stella, velista disabile e fondatore della Onlus “Lo Spirito di Stella” impegnata in campagne per l’abbattimento delle barriere architettoniche e di sensibilizzazione sulla disabilità, introduce il libro di Paolo Ferrari “Progettare imbarcazioni accessibili, un nuovo approccio per lo yacht design” recentemente pubblicato da Tecniche Nuove.

In questo libro l’architetto Paolo Ferrari, uno dei massimi esperti di progettazione di imbarcazioni accessibili a vela e a motore, esamina il tema della disabilità a bordo dell’oggetto barca in modo completo e rigoroso, al fine di offrire soluzioni progettuali inclusive, ma soprattutto un approccio alla progettazione della barca che tenga realmente conto delle esigenze di tutti. Stiamo parlando del Design for All (DfA), in italiano progettazione inclusiva, un approccio alla progettazione relativamente recente che, però, si sta affermando sempre più in particolare in edifici destinati ad uso collettivo.

Nel capitolo “stato dell’arte nella progettazione di imbarcazioni accessibili” sono illustrate e commentate imbarcazioni realizzate negli ultimi anni, così come alcuni progetti provenienti dal mondo accademico, tutti corredati da un’analisi critica che ne mette in luce pregi e difetti. I rendering in alto sono relativi al progetto “Cat senza barriere”, contenuto nella tesi elaborata da Maurizio Redaelli nel 2006 presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, relatore il prof. Andrea Ratti. Si può notare come una carrozzina possa muoversi lungo tutta la coperta in assoluta sicurezza, grazie alla protezione di una falchetta di altezza importante integrata con candelieri alti un metro, sormontati da un mancorrente. Un concetto ripreso dall’esperienza del catamarano di 58 piedi Impossible Dream (qui sotto) realizzato nel 2001 su misura per l’imprenditore britannico Mike Browne.

Nei nuovi edifici pubblici, così come nella ristrutturazione di quelli preesistenti, è oramai normale prevedere rampe di accesso e percorsi idonei ad una sedia a rotelle, la cosiddetta eliminazione delle barriere architettoniche.

D’altronde Paolo Ferrari nel suo libro ci ricorda che “Le sole persone con disabilità in Italia sono 4,1 milioni e secondo una stima del Censis arriveranno a quota 6,7 milioni nel 2040. Il numero di anziani poi è in costante crescita (gli over 65 rappresentano il 21,7 per cento degli italiani). Sono pochi dati, ma sufficienti a dare un’idea del numero di persone discriminate da progetti ideati in riferimento a un astratto utente standard”.

Eccoci dunque arrivati al punto focale di questa rivoluzione rappresentata dal Design for All che affronta “due questioni emergenti nella società contemporanea: il tema sociale dell’inclusione e della diversità umana e la crescente consapevolezza che l’uomo ‘standard’ non esista”, come ricorda il Presidente di Design for All Italia, prof. Giuseppe Di Bucchianico, nella prefazione al libro di Paolo Ferrari.
«Ognuno di noi potrebbe essere considerato disabile una volta che si trovasse in una situazione inusuale o scomoda. Per quanto riguarda la disabilità fisica in una situazione che chiameremmo “normale”, è compito dei medici e degli assistenti aiutare una persona con necessità particolari mentre è dovere del progettista lavorare sul progetto dell’ambiente. Il primo principio che motiva un progetto dedicato alla disabilità è che solo la conoscenza dei problemi e l’analisi progettuale portano alle soluzioni. La seconda linea guida è comprendere che le abilità di una persona dipendono dal contesto.

Il terzo e ultimo criterio è che il nostro lavoro è fortemente condizionato dai vincoli progettuali.” Sono parole del noto designer Massimo Gregori Grgič (riportate sempre nel libro di Paolo Ferrari), che continua: “Il progetto di una nave destinata a una persona disabile deve essere improntato a caratteristiche ed ergonomia particolari, a volte abbastanza inusuali. L’attenzione ai bisogni di armatori disabili darebbe a un maggior numero di persone la possibilità di godere della navigazione e allo stesso tempo allargherebbe le potenzialità di mercato per i costruttori. Tutti i temi che riguardano la disabilità dovrebbero catalizzare una nuova filosofia progettuale che, come conseguenza, dovrebbe influenzare una più ampia cultura del design.”

Progetto Life 44
Durante tutte le fasi dell’elaborazione del progetto Life 44, sviluppato da Massimiliano Fabris e Ubaldo La Monaca, sotto la supervisione dell’arch. Paolo Ferrari, come esercitazione finale di un corso di alta formazione in progettazione di imbarcazioni accessibili, si è sempre tenuto conto della necessità di transitare in ciascun ambiente con una sedia a rotelle standard, rispettando gli spazi minimi per la sua movimentazione e consentendo la possibilità di farla ruotare completamente su se stessa in almeno due punti. Il risultato è stata una nuova idea di imbarcazione di 44 piedi con linee tipiche di un ocean racer caratterizzata da una sovrastruttura molto ampia e bassa e, soprattutto da due rampe distinte, poste lungo le murate opposte, per poter accedere in autonomia a tutti gli spazi, sopra e sottocoperta. Ne consegue un layout rivoluzionario, se confrontato (come si può notare nelle due immagini in pianta) con quello classico di una barca della stessa lunghezza.

Insomma, tutti hanno diritto all’inclusione, a poter fruire di ambienti e prodotti in maniera autonoma, confortevole, godendo della gradevolezza degli spazi. Tutto questo si chiama progettazione inclusiva, Design for All, ovvero disegnare per tutti quindi e non “per i disabili”, partendo certo dalle esigenze anche loro. Un approccio progettuale che tiene conto dell’uomo nelle sue varie accezioni che sta sempre più prendendo piede e che, come ci ricorda Paolo Ferrari, “inizia ad avere risvolti concreti e riscuotere ampio successo nel campo del design di prodotto, dove i vantaggi della sua applicazione sono subito tangibili: si fidelizza il cliente e si amplia il mercato, con un ritorno positivo anche sull’immagine aziendale. È quindi necessario traslare questi princìpi nella cantieristica. In questa disamina è infatti emerso che il mercato nautico è carente di un’offerta di mezzi accessibili, che permettano a persone disabili o fasce deboli di accedere alla navigazione velica, nonostante la crescente domanda da parte sia di soggetti singoli sia di scuole vela.”

Le zone che, sulla tipica coperta di un’imbarcazione cabinata a vela, determinano l’impossibilita di accesso, movimentazione e circolazione, oltre che fruizione, sono: 1. specchio di poppa; 2. zona d’imbarco; 3. timoneria; 4. pozzetto e manovre; 5. sovrastruttura; 6. passavanti laterali; 7. tambuccio d’accesso sottocoperta; 8. zona di prua.

Ancora oggi, infatti, quando si pensa a una barca idonea ad ospitare un disabile spesso si pensa ad una barca esistente sulla quale siano stati installati dei dispositivi per poter imbarcare il disabile a bordo, oppure fatte delle modifiche in modo che si possa muovere senza ostacoli. Ed è questo l’approccio che quasi sempre è stato utilizzato anche per le imbarcazioni utilizzate da quei navigatori disabili divenuti famosi, primo fra tutti Andrea Stella.

Rendere una barca accessibile a tutti significa renderla utilizzabile in modo semplice e sicuro da parte di chiunque. Una passerella troppo stretta (a sinistra) oppure tavole di fortuna vanno evitate per lasciare il posto a una passerella con bordi anticaduta che permetta al disabile un accesso sicuro anche in autonomia (al centro). In quest’ottica offrire la possibilità di imbarcarsi anche da prua in carrozzina significa ripensare completamente il progetto dell’imbarcazione, per renderla totalmente accessibile (a destra).

Ma si tratta di un approccio che, evidentemente, ha dei limiti strutturali perché una barca può essere modificata solo fino a un certo punto. E oggi, che sempre più persone disabili hanno la voglia di continuare a coltivare le loro passioni senza farsi condizionare dai limiti che la vita ha imposto loro, che le persone anziane vogliono continuare a fare una vita attiva, il lavoro di Paolo Ferrari getta le basi per ripensare all’oggetto-barca fin dall’inizio per renderlo maggiormente funzionale alle esigenze di un’utenza allargata che comprenda anche le persone che oggi sono definite – in maniera sconveniente – non standard, ovvero disabili, persone anziane, donne in gravidanza eccetera.

Lo stesso Paolo Ferrari ci dice che lo scopo del libro è duplice: “Innanzi tutto fornire informazioni riguardanti le soluzioni progettuali più adatte a sostenere e accogliere le persone con disabilità, anche attraverso l’uso di “ausili speciali”; quindi, indicare le linee guida utili alla progettazione di imbarcazioni ex novo, che rispondano a requisiti precisi al fine di consentire ai progettisti di concepire e sviluppare barche fin da subito totalmente accessibili e inclusive e ai cantieri navali di costruirle”.

Insomma, un libro che ribalta l’approccio al tema della disabilità che, come si può notare, in queste righe non è mai stato definito un problema, come invece spesso siamo abituati a pensare. Un libro non solo per addetti ai lavori ma per tutti coloro che, appassionati di nautica, hanno voglia di conoscere un nuovo modo di pensare la barca, di approcciare il tema della disabilità per vedere, come ci insegna Galileo Galilei, l’opportunità che si nasconde dietro ad ogni problema.

A sinistra, un altro ostacolo all’accessibilità a bordo su imbarcazioni a vela tra i 10 ed i 15 metri è rappresentato dalla ruota del timone, che non permette l’accesso al pozzetto e al tambuccio posti poco più a prua. L’innovativa timoneria con ruota centrale passante, i cui meccanismi sono collocati sotto il piano di calpestio, permette alla carrozzina di attraversare la ruota e accedere al pozzetto, senza stravolgere l’impostazione della barca.
Nelle due figure sotto, lo sbandamento di un’imbarcazione in navigazione rende inutilizzabile il mezzo da parte di persone in carrozzina, a causa del forte rischio di ribaltamento di quest’ultima. Per ovviare a ciò, oltre ad assicurare la carrozzina alla coperta per mezzo di sistemi di blocco delle ruote (come quelli montati su treni e bus cittadin)i, è necessario collocarla su una pedana basculante che, controllata elettronicamente, assecondi il rollio dell’imbarcazione.

A tu per tu con l’architetto Paolo Ferrari

La lettura del lavoro di Paolo Ferrari è stata decisamente interessante e ci ha fatto venir voglia di saperne di più. Abbiamo allora posto qualche domanda all’autore, anche in relazione ad alcuni aspetti un po’ controversi.

Ing. Paolo Ferrari

Progettare per tutti significa tener conto anche delle particolari esigenze del disabile. Lei ritiene che ciò sia possibile anche per la barca?
Questa è una domanda che mi sono posto più volte durante la mia ricerca, iniziata ormai 20 anni fa, domanda che ho fatto anche alle persone direttamente interessate le quali, certamente più di me, sono state in grado di rispondere. È necessario premettere che la mia ricerca è limitata a individui con difficoltà motorie in genere e, da quanto ho potuto sperimentare affiancandoli in diverse occasioni sia a terra sia a mare, ritengo che le imbarcazioni a vela, se progettate fin dal principio con le dovute attenzioni, possono essere utilizzate da chiunque, nonostante le problematiche tipiche di mezzi di trasporto che si muovono contemporaneamente lungo i tre assi cartesiani. Certo, lo sbandamento, in particolare di bolina, rende instabile e problematico l’equilibrio delle carrozzine così come delle persone in piedi, perciò è necessario pensare a dispositivi per la sicurezza a bordo. Tali dispositivi sono già utilizzati in altri settori: basta quindi importarli nella nautica e disporli secondo criteri oggettivi. L’accessibilità in coperta e sottocoperta invece dev’essere predisposta fin dalla fase progettuale di concept.

Quali sono le linee guida per una progettazione nautica inclusiva?

Come già detto, bisogna tenere sempre ben presenti i due elementi base: l’accessibilità e la sicurezza. In relazione allo spazio esterno (imbarco/sbarco, mobilità in pozzetto e coperta), l’accessibilità deve essere esaminata considerando che l’utente con problemi di mobilità, anche temporanei, può essere semplice ospite “trasportato” oppure membro attivo nella conduzione del mezzo. Per lo spazio interno, invece, bisogna partire dai problemi di accesso attraverso il tambucio che consente la discesa per il raggiungimento delle funzioni principali (servizi igienici, letto) e di quelli relativi alla preparazione del cibo e dell’utilizzo del tavolo anche in carrozzina. La sicurezza deve essere quindi considerata per ciascuna delle funzioni suddette.

In genere, in un cabinato di 10 metri ci sono un paio di cabine, una dinette e un bagno. Sono standard possibili anche quando si progetta secondo i principi del DfA?
È ovvio che minore è la lunghezza dello scafo, maggiori sono i problemi per rendere accessibile un mezzo. È quindi necessario ripensare completamente l’oggetto “barca” partendo dal sistema di imbarco, facilitando al massimo la mobilità a bordo con percorsi lineari e sacrificando alcuni ambienti, tipici delle barche attualmente in produzione, in modo da favorire una corretta disposizione e fruizione degli spazi vitali. Molto probabilmente su una barca di 10 metri si potrà ricavare un solo bagno, ma di dimensioni più ampie e certamente più comodo per chiunque.

La forma della carena, dello scafo, è indipendente dai principi del DfA?
La forma della carena non deve limitare la progettazione “for All”. Uno scafo molto stretto avrà un minore numero di ambienti internamente, purché siano tutti accessibili.

Parliamo di normative. Per esempio, come è possibile coniugare la necessità di eliminare la mastra o soglia nel pozzetto, per accedere sottocoperta, con la normativa di sicurezza CE che invece prevede espressamente mastre di adeguate dimensioni? In categoria di progettazione A parliamo di 30 cm per le unità a vela e 20 cm per quelle a motore.
Il ruolo dei progettisti è fondamentale in questo senso ed è altrettanto importante che i designer collaborino con gli ingegneri, gli strutturisti e con i registri, allo scopo di ripensare la progettazione anche dal punto di vista della normativa. Il fatto, ad esempio, che la mastra che delimita il pozzetto dalla discesa sottocoperta sia temporaneamente abbattibile, in modo da favorire il passaggio, non significa che essa non ci sia.
Si tratta quindi di individuare soluzioni intelligenti e flessibili. È altresì fondamentale che il lavoro di un gruppo di specialisti, atto a standardizzare le soluzioni tipo per ciascuna macro fascia dimensionale di yacht a vela (e a motore), venga sottoposto a una commissione di Confindustria Nautica allo scopo di definire un nuovo regolamento, non obbligatorio, che premi i cantieri virtuosi che vogliono costruire imbarcazioni accessibili. Tutto questo però deve poter contare sulla volontà e sull’appoggio del mondo politico.

I cantieri hanno colto le potenzialità commerciali insite in una barca progettata in tal modo?
Ad oggi, le imbarcazioni accessibili si contano sulle dita di una mano poiché, se esistono, si deve solo alla volontà di persone spinte in primis da un desiderio e, in secondo luogo, da una necessità personale.
I cantieri non hanno, a mio parere, ancora compreso la dimensione del potenziale pubblico interessato a fare almeno un’esperienza di navigazione nella propria vita. Non dimentichiamo che l’aspettativa di vita aumenta sempre più e con essa anche le problematiche legate all’anzianità (tra cui la difficoltà motoria): le attuali stime prevedono un numero di oltre 2 miliardi di anziani (il 21{2e3577d2bd6aebaa150c85c33fcd353783f1aa6c690283591e00ef60b3336fc8} della popolazione mondiale) entro il 2050; per quell’epoca ci saranno più ultra-sessantenni che ragazzi sotto i 16 anni e sarà la prima volta nella storia dell’umanità. Se poi consideriamo che, grazie alla scienza e alla tecnologia (tra cui la già ampiamente diffusa “easy sailing”), le persone anziane sono ancora molto attive, viene da sé che il primo cantiere che sarà in grado di offrire uno o più modelli di imbarcazioni progettate secondo i princìpi del Design for All, potrà intercettare una notevole percentuale del totale suddetto. Questo significa consentire a un’enorme quantità di potenziali clienti ai quali, fino ad oggi, è stata negata la possibilità di godere della vita in mare e dei benefici della navigazione in sicurezza e libertà. Se poi il Governo concedesse forti detassazioni ai cantieri che scelgono di costruire questa tipologia di yacht, oppure ai potenziali armatori di rottamare la vecchia imbarcazione non accessibile con un generoso sconto sull’acquisto di una nuova barca completamente accessibile, così come oggi avviene per le automobili, potremmo finalmente dire che tutti hanno compreso quanto valore si nasconde dietro al nuovo approccio progettuale che ho definito nel mio libro.

Consentire ad un disabile di accedere sottocoperta è uno dei primi temi che il progettista di una barca che vuole essere per tutti deve affrontare. Se sulle barche esistenti la scelta è inevitabilmente focalizzata su dispositivi di elevazione, riconsiderando il progetto nella sua interezza, secondo i princìpi del Design for All, è invece possibile creare innovazione con soluzioni accessibili da chiunque senza alcun ausilio.

Il libro

Progettare imbarcazioni accessibili. Un nuovo approccio per lo Yacht Design” di Paolo Ferrari edizioni Tecniche Nuove, è un testo che si concentra sulla definizione di un nuovo approccio per la progettazione di yacht a vela accessibili e inclusivi ispirato ai principi del Design for All, allo scopo di permettere a chiunque, anche agli utenti con disabilità e agli individui appartenenti alle fasce deboli, di navigare a vela senza più barriere. Partendo dall’analisi delle imbarcazioni da diporto esistenti è stato possibile determinare una serie di casi che limitano l’accessibilità o la fruibilità degli spazi esterni e interni e mostrare le soluzioni più adatte, al fine di creare uno standard di riferimento nel campo della progettazione nautica per promuovere l’integrazione e l’inclusione.

I bagni di una normale barca da diporto (nelle due figure sotto, sono quasi sempre inaccessibili. Questo accade anche su barche medio grandi dove la tendenza è quella di avere un bagno per ogni cabina. Rinunciando a qualche bagno è invece possibile avere ambienti di dimensioni adeguate. Una cellula bagno prefabbricata, da inserire a bordo di qualunque imbarcazione dai 10 metri in su, costituisce una soluzione interessante per l’accessibilità.

Per una corretta progettazione inclusiva è imprescindibile porre attenzione alle necessità delle persone in carrozzina. Ad esempio, il mobile lavabo del bagno, come ogni piano di lavoro, deve offrire la possibilità di inserire le gambe nel sottolavello.

L’approfondimento di questo tema, non semplice da affrontare, ha portato alla stesura di un testo che analizza una serie di soluzioni progettuali applicabili agli spazi ristretti degli yacht, nel rispetto delle regole antropometriche e dimensionali, funzionali all’utente con disabilità per eliminare le barriere architettoniche presenti a bordo.

Nei due disegni, con il nuovo approccio della progettazione inclusiva, la barca cambia i suoi connotati. Questo progetto sperimentale di una imbarcazione di 13,70 metri, elaborato nel 2003 dagli architetti Paolo e Mario Ferrari, lo mostra pienamente: anziché mantenere la comune concezione di barca installando ausili meccanici ingombranti, pesanti e costosi, il mezzo è stato totalmente ripensato per essere accessibile e confortevole per tutti, senza rinunciare a un design sportivo ed elegante. Caratteristiche principali sono l’assenza della tuga e la riduzione del dislivello tra pozzetto e pagliolo sottocoperta che, in questo modo, possono essere uniti da una rampa di accesso che rende il percorso lineare e privo di intralci. La sezione chiarisce perfettamente il percorso lineare che un disabile compie per raggiungere gli ambienti sottocoperta, che sono tutti sullo stesso piano.

I sei capitoli in cui si divide il libro, riportati in fondo, non vogliono essere un manuale ma un primo strumento utile alla progettazione di imbarcazioni a vela inclusive, nonché uno spunto per soluzioni applicabili anche a imbarcazioni a motore. In essi si propongono infatti soluzioni alternative alla tradizionale metodologia progettuale di un’imbarcazione: è stata ridefinita la distribuzione degli spazi e sono state adottate soluzioni e individuati dimensionamenti più attenti alle esigenze di persone portatrici di ausili di deambulazione. Sono state inoltre studiate soluzioni per migliorare le condizioni di accessibilità di una barca, a partire dal sistema di passaggio tra terraferma e ponte dell’imbarcazione, contribuendo a rendere questi mezzi inclusivi e aggreganti, oltre che privi di elementi discriminanti.

Le indicazioni tecniche sono state testate con quattro “progetti sperimentali” redatti su scafi di lunghezza variabile dai 28 ai 77 piedi. Questi progetti hanno interagito con le soluzioni che si andavano definendo e, in un processo di feedback, hanno evidenziato ulteriori problemi da tenere in considerazione e fornito inoltre precise indicazioni sulle criticità e sulle difficoltà di una progettazione inclusiva.

Adottando integralmente o anche in parte le soluzioni proposte nella ricerca è possibile dare vita a una nuova tipologia di imbarcazione a vela e non solo consentire a tutti di navigare in autonomia e sicurezza, ma anche creare nuove opportunità di business come il charter per utenze allargate, scuole vela inclusive e lo sviluppo di ulteriori soluzioni via via sempre più utili a rendere le imbarcazioni davvero “per tutti”.
Infine, aspetto per nulla secondario, il libro riempie un vuoto nella letteratura di settore quasi completamente priva di specifiche pubblicazioni e rappresenta un punto di partenza per chiunque voglia approcciare il tema della disabilità in barca.

Indice del libro

Ragioni della progettazione inclusiva
Yachting inclusivo
Stato dell’arte nella progettazione
di imbarcazioni accessibili
Analisi critica delle imbarcazioni tradizionali
Linee guida per l’accesso, la movimentazione e la fruizione degli spazi
Proposte progettuali<p style=”text-align: center;”>Scarica pdf Nautica Marzo 2021</p>