Ci sono alcune situazioni in cui anche la traina si fonde con l’immediato sotto costa. Non è nuovo infatti che, se si creano le condizioni idonee, i predatori costieri arrivino a cacciare nell’acqua bassa. Nei mesi freddi la fascia costiera rappresenta un florido territorio di caccia sia per i piccoli che per alcuni dei grandi predatori, grazie al novellame che vi cerca riparo e nutrimento, datogli dal rimescolamento dei microrganismi che vivono nelle alghe e nelle rocce porose. Approfittando dei momenti in cui le nostre coste riposano placide dall’aggressione estiva delle orde dei bagnanti, si possono insidiare quei predatori che in estate latitano su fondali più profondi e tranquilli.

LA TECNICA
Stiamo prendendo in esame una tecnica di pesca che, pur effettuandosi da un imbarcazione, non richiede scafi particolarmente attrezzati. La sua attuazione in pochi metri e in molti casi in poche decine di centimetri d’acqua, la rende praticabile anche con imbarcazioni o gommoni non troppo grandi, equipaggiati con piccoli fuoribordo. In alcune circostanze sono addirittura più idonee le barche con poco pescaggio e con bassa motorizzazione che, producendo poco rumore, allarmano meno i predatori costieri. La barca in oggetto va equipaggiata soltanto con due portacanna, lasciando da parte addirittura l’ecoscandaglio, che, conoscendo bene i fondali su cui si pesca, non è indispensabile. La traina va effettuata seguendo l’andamento della costa, sia con la barca che con le esche, prediligendo le situazioni di mare in scaduta, nelle quali si ha una maggiore attività di caccia nel sotto costa. Le aree da prendere maggiormente in considerazione sono: le scogliere a picco sul mare, le praterie di posidonia con pozze di sabbia, i manufatti portuali, i canali di sbocco a mare, le dighe foranee e i tratti di costa sabbiosa dove frange l’onda.

LE ATTREZZATURE
Partendo dal presupposto che potremo avere a che fare sia con piccoli predatori, che con prede di tutto rispetto, dovremo regolarci sull’attrezzatura in base all’esperienza personale e alle possibilità oggettive delle prede catturabili. Se operiamo in un’area in cui le possibili prede sono occhiate, sugheri, aguglie, tracine e altri piccoli pesci, si possono impiegare canne molto flessibili (telescopiche o in due pezzi) del tipo da spinning, abbinate a mulinelli a tamburo fisso caricati con nylon 0,20 – 0,25. Se invece ci sono possibilità di incontrare grandi spigole e ricciolette, si dovranno impiegare canne da traina ultraleggere (massimo 8 libbre) con piccoli mulinelli rotanti. Nella pesca alle occhiate e alle aguglie, il terminale non dovrà essere di diametro maggiore allo 0,18, mentre per prede più qualificate si può salire fino allo 0,30. Il calamento è molto semplice; alla lenza madre si fissa una girella, in grado di passare comodamente negli anelli della canna, che farà da collegamento con il terminale lungo dai 6 ai 10 metri.

Le esche da impiegare sono quelle classiche della traina costiera, che possiamo dividere in due categorie: le esche morbide e quelle rigide. Per esche morbide s’intendono le piume soffici di marabù, le anguilline e i vermoni in silicone, mentre le rigide sono i piccoli minnow (galleggianti o affondanti) e i cucchiaini. La scelta dell’esca artificiale è sempre dettata dall’esperienza, ma per i neofiti possiamo consigliare l’impiego di esche morbide con acqua limpida e rigide con acqua scura.

In questo genere di traina si sono rivelati molto catturanti (specialmente per occhiate, aguglie, sugheri e piccole ricciole) le esche naturali. Ovvero si tratta di esche molto sottili e sinuose, come il saltarello coreano, la striscia di calamaro e quella di grasso di prosciutto, innescate con due ami n° 5 distanziati di 3-4 centimetri l’uno dall’altro.

LA PESCA
Come già accennato, lo scopo principale di questa tecnica è quello di cercare i predatori nell’acqua molto bassa; ne consegue che tutta l’azione di pesca dovrà essere impostata cercando di muovere le esche quanto più possibile vicino alle rocce o in acqua bassa nel caso si peschi su fondali di sabbia e posidonia. Pescando in superficie la direttrice dell’imbarcazione, sarà spesso la stessa delle esche, e comunque, il rumore del motore è sempre un possibile disturbo per il pesce.

Per limitare il fastidio è necessario calare le esche almeno a 50 metri da poppa e, per essere sempre sicuri della quantità di lenza calata, conviene inserire dei segnalini sul filo alla distanza desiderata. Trainando nell’immediato sotto costa è importante cercare di far passare le esche nei punti dove si notano i mulinelli della corrente, dove frange l’onda e fare attenzione ai movimenti sulla superficie dell’acqua, che potrebbero segnalare la presenza di pesci come le spigole o le ricciolette.

Anche se al primo impatto le cose dette possono sembrare scontate, questa tecnica è stata, negli ultimi anni, messa da parte per lasciare più spazio alla traina con le esche affondate, senza considerare che questo tipo di pesca, nelle condizioni giuste, può dare delle grandi soddisfazioni.