DISTRIBUZIONE E HABITAT
È presente lungo tutte le coste italiane, comincia ad accostare a maggio per poi passare a una presenza più massiccia a settembre-ottobre. Gli esemplari più grandi preferiscono le acque limpide in mezzo al mare, mentre allo stato giovanile è possibile trovarla soprattutto nel sottocosta. Il suo habitat preferito sono le dighe foranee e i manufatti portuali, dove si concentra a causa della ricchezza di cibo, ma il suo istinto predatorio la porta a cacciare lungo le coste rocciose, intorno agli scogli affioranti e alle secche. Nonostante sia uno dei pesci più predati dei nostri mari, è lei stessa un formidabile cacciatore, che si nutre in prevalenza di piccoli pesci e cefalopodi.

LA PESCA
La traina all’aguglia si è sempre effettuata per lo più con esche naturali, e tra queste ce ne sono due che riescono a dare i risultati migliori in ogni situazione. La prima è il filetto della stessa aguglia conservato sotto sale. Il filetto d’aguglia deve essere sottile e lungo 6/10 centimetri, meglio ancora se ricavato dalla parte vicina alla coda, inoltre, deve avere forma leggermente triangolare. Questo può essere innescato con un amo singolo del n° 6/7 o con due ami del n° 8; nel primo caso sarà un gambo lungo, mentre nel secondo saranno a gambo corto. La seconda esca è il verme, che s’innesca come il filetto d’aguglia. Il verme è molto catturante, ma poco resistente, quindi se attaccato anche una volta soltanto, va controllato, dando seguito a una notevole perdita di tempo. Generalmente si utilizzano i coreani, ma anche il lombrico di terra dà ottimi risultati. Trainando con le esche naturali, bisogna procedere a una velocità non superiore a 1,5 nodi, e controllare continuamente il vettino della canna, alla prima toccata, si dovrà concedere lenza allentando la tensione del filo con un movimento verso poppa della canna, e ferrare, se l’aguglia non rimane allamata, bisogna ripetere l’operazione.

Essendo un predatore molto vorace, l’aguglia si insidia anche con esche artificiali, soprattutto dopo l’avvento delle matassine. Questa esca non è altro che una serie di filamenti sintetici che trattengono l’aguglia senza bisogno dell’amo, sfruttando la porosità e l’abrasività del rostro di questo pesce. La matassina è stata un’innovazione importantissima per la pesca dell’aguglia, in quanto è molto catturante e soprattutto non danneggia il pesce non avendo amo. Le matassine si montano due o tre per terminale, a una distanza di 40-50 centimetri l’una dall’altra. Il pesce si deve ferrare da solo, anche se spesso non si attacca al primo tentativo, data la sua abitudine di tramortire la preda con un colpo di rostro. È comunque utile muovere le matassine dopo aver sentito un colpo non seguito dalla ferrata. Gli attrezzi per la traina all’aguglia sono costituiti da canne molto leggere lunghe 2/2,5 metri, che devono avere un vettino molto sensibile e un’azione di punta che va ad ammorbidirsi gradualmente. Si usano mulinelli a tamburo fisso di dimensioni medie, con in bobina del nylon di diametro compreso tra lo 0,20 e lo 0,25, o multifibre da 0,15-0,17, che con la sua rigidità consente meglio sia di avvertire le toccate che di trasmettere la ferrata. Alla lenza madre si fissa una girella molto piccola, ma che abbia una buona fluidità di rotazione, per evitare il torcersi del filo. Il terminale può variare tra lo 0,14 e lo 0,20, a seconda della limpidezza dell’acqua.

DIMENSIONI
Può raggiungere il chilo di peso e la lunghezza di 70/80 centimetri, la taglia media si agira tra i 200 ed i 400 grammi.