Questa è la prima puntata di un corso di iniziazione alla vela. Chi voglia avviarsi alla pratica di questo sport ne trarrà qualche idea, speriamo chiara, per apprendere le nozioni di base per condurre in sicurezza una piccola barca a vela. Queste semplici note teoriche, naturalmente, non potranno essere di grande aiuto se non saranno verificate nella pratica. Ogni puntata, ad eccezione di questa, sarà aperta da un quiz di verifica relativo alla puntata precedente e alcune saranno corredate da disegni, tabelle riassuntive e fotografie, che aiuteranno ad assimilare e memorizzare meglio i vari argomenti.Non si pretende di fornire per ogni problema la soluzione unica e nemmeno la migliore in assoluto, ma solo quella che, a nostro parere, è in molti casi consigliabile. Sarà poi, come abbiamo detto, l’insostituibile esperienza individuale a fornire sul campo, di volta in volta, la soluzione migliore in funzione di tutte le variabili in gioco (barca, equipaggio, condizioni meteorologiche).

TIPI DI DERIVA

Riteniamo opportuno trattare di piccole barche a vela (meglio dette derive) perché più idonee per il primo approccio. La deriva infatti permette di acquisire più rapidamente sensibilità e padronanza nella manovre, amplificando errori e non, che su un’imbarcazione più grande perderebbero di evidenza e soprattutto di immediatezza.Le derive più adatte per un corso d’iniziazione, che troviamo oggi sul mercato, hanno nomi e caratteristiche diverse. Cerchiamo di orientarci.

L’Optimist (monoposto con una sola vela) rimane ancora il mezzo ideale per i bambini dai 6 ai 10 anni. La deriva Equipe (biposto con due vele) è invece il mezzo brillante per continuare fino a 12 anni. Il 420 (biposto con due vele) è la deriva che offre la possibilità di affinare le manovre e volendo anche di regatare seriamente. Oltre al 420 l’adulto trova, magari con qualche difficoltà, il 470 e il Flying Junior (biposto con due vele), molto simili al 420, più comodo per il diporto, e il Vaurien (biposto con due vele) ancora più tranquillo, che è a nostro parere particolarmente didattico e adatto ad un principiante adulto, anche grazie al suo scafo a spigolo. Altre due derive che troviamo spesso nei club di vacanze e nelle scuole estive sono i Laser, che si propongono nelle versioni mono e biposto. Il primo (una vela), è veloce, facile e divertente ma forse meno didattico del moderno Laser 2 (biposto con due vele)

NOMENCLATURA GENERALE DELL’IMBARCAZIONE E DELLE VELE

Cominciamo a descrivere sommariamente la nomenclatura di una deriva, nelle parti che sono comuni alla maggior parte di imbarcazioni a vela. È importante imparare questi termini in quanto permettono un’immediatezza negli ordini a favore della comprensione, della sicurezza e della rapidità di esecuzione, indispensabile nelle manovre.Una qualsiasi barca ha uno scafo parzialmente immerso nell’acqua: è l’opera viva. La parte che sta invece fuori dall’acqua si chiama opera morta. La linea di galleggiamento separa l’opera viva dall’opera morta. Lo scafo sarà poi formato da una parte anteriore detta prora o prua e da una parte posteriore detta poppa. Questa quasi sempre termina con una tavola più o meno piatta, perpendicolare all’asse longitudinale della barca, detta specchio di poppa. Ai lati le fiancate, quella di sinistra e quella di dritta (in barca la destra non esiste) definite guardando da poppa verso prora. Lo scafo avrà anche dei fori tappati che si possono aprire detti svuotatoi se sono sul fondo della barca, e ombrinali se sullo specchio di poppa, che servono a far defluire, in velocità o quando la barca è in secco, l’acqua entrata in navigazione per spruzzi, pioggia e infiltrazioni. A poppa c’è anche il timone, per mantenere e modificare la rotta (direzione della barca), cioè per governare, formato da pala e barra e incernierato allo specchio di poppa con degli agugliotti (perni) inseriti nelle femminelle (fori). Circa a metà scafo, sull’asse longitudinale della barca, c’è un’altra tavola chiamata deriva, alloggiata in apposito vano detto scassa della deriva. La deriva è mobile e potrà essere immersa nell’acqua o tirata su, con un sistema basculante o a baionetta.

Come vedremo, lo scopo della deriva è quello di diminuire lo spostamento in senso trasversale dell’imbarcazione. Per sfruttare il vento come mezzo propulsivo, la barca a vela possiede un’attrezzatura apposita costituita da un palo verticale detto albero, al quale è fissato un lato della vela. L’albero è appoggiato sul fondo in un apposito alloggiamento detto scassa dell’albero, ed è tenuto in piedi da cavi d’acciaio: le sartie sui due lati e lo strallo a prora. Per distribuire meglio lo sforzo delle sartie e per evitare che l’albero si fletta troppo in senso laterale ci sono le crocette. La scassa dell’albero si trova a proravia (più verso prora) della scassa della deriva, così come la deriva si trova a poppavia (più verso poppa) dell’albero.

La velatura, che è l’apparato propulsore della barca, è composta nel caso più frequente da due vele triangolari, il fiocco a proravia e la randa a poppavia dell’albero. Fissato perpendicolarmente all’albero, per mezzo della trozza, c’è un altro palo detto boma, cui è fissato il lato orizzontale della randa. Il movimento in senso verticale del boma è impedito da una cima che da questo arriva al piede dell’albero, il vang. Le vele sono alzate e ammainate (tirate giù) mediante delle cime chiamata drizze, che sono fissate alla vela con dei grilli, e all’albero, su delle gallocce. Le vele sono poi orientate, in funzione della direzione del vento, mediante delle cime dette scotte che scorrono in delle carrucole dette bozzelli. Le due vele, essendo triangolari, hanno tre lati e tre angoli che possono essere chiamati allo stesso modo sia per la randa che per il fiocco. Il lato verso prora si chiama caduta prodiera, il lato inferiore base, quello verso poppa balumina, lungo la quale, nel caso della randa, sono realizzate le tasche nelle quali vengono infilate le stecche per tenere la vela nella giusta forma. La caduta prodiera del fiocco ha quasi sempre cucito nel suo orlo un cavetto d’acciaio detto ralinga, che a vela alzata si mette in forza parallelo allo strallo, mentre, sia lungo la caduta prodiera che lungo la base della randa, sono cucite delle cime dette sempre ralinghe che vengono inferite (infilate) nelle canalette, ovvero scanalature esistenti sulla faccia poppiera dell’albero e su quella superiore del boma.

L’angolo inferiore delle vele, verso prora, che viene fissato alla base dello strallo per il fiocco, e alla trozza per la randa, si chiama punto o angolo di mura. Quello invece inferiore, verso poppa, cui nel caso del fiocco vengono assicurate le scotte, e nel caso della randa una cimetta detta tesabase, si chiama angolo di scotta. Infine l’angolo superiore delle vele, quello cioè cui viene fissata la drizza per alzarle e ammainarle, si chiama angolo di penna o di drizza.

ARMARE E DISARMARE

Dopo aver fatto una prima conoscenza con la barca, vediamo di armarla, ovvero di prepararla per la navigazione. Cerchiamo di fissare i punti essenziali dei controlli e delle manovre da effettuare.Con la barca a terra, sul carrello o sull’invaso (sella, realizzata normalmente in legno, su cui appoggiare la barca) cominciamo a preparare quanto più possibile prima di mettere l’imbarcazione in acqua. Il tutto senza mai salirci sopra per non danneggiare il fondo col nostro peso.

Facciamo una verifica generale della barca e soprattutto dell’attrezzatura. Controlliamo il fissaggio delle sartie e dello strallo, la chiusura degli svuotatoi, verifichiamo le vele e soprattutto le tasche, le stecche e le ralinghe, la deriva, il timone e lo stato delle varie cime. Un’altra verifica, che non dobbiamo dimenticarci di fare, sarà quella delle cinghie che disposte longitudinalmente sul fondo della barca, servono per ancorare i piedi quando bisogna sporgersi fuori bordo per compensarne l’inclinazione.

Ora armiamo la randa, cominciando coll’inferire la base della vela nella canaletta del boma partendo dal punto di scotta e, dopo aver inserito il boma nella trozza dell’albero, fissiamo il punto di mura. Assicuriamo poi il punto di scotta al tesabase e mettiamolo in forza. Infiliamo le stecche nelle tasche lungo la balumina della randa e fissiamo il grillo della drizza (attenzione a non farsela scappare di mano) al punto di penna.

Subito dopo armiamo la scotta della randa, facendola correttamente passare nei vari bozzelli e accertiamoci che non sia incattivata (ingarbugliata), ovvero che sia bene in chiaro. Passiamo poi ad armare il fiocco. Fissiamo il punto di mura della vela alla base dello strallo e fissiamo la drizza alla penna del fiocco (facciamo ancora attenzione a non farci sfuggire di mano la drizza). Poi assicuriamo le due scotte con un nodo (lo vedremo in una prossima puntata) al punto di scotta del fiocco, quindi passiamole nei due bozzelli o, qualora essi non vi siano, nei due golfari (ponticelli) che si trovano sui lati di dritta e sinistra della barca.

Ora la barca è pronta per essere messa in acqua. È bene che le vele non siano alzate con barca a terra; eventualmente se c’è poco vento, alzeremo solo il fiocco che non essendo vincolato al boma, potrà sventolare libero come una bandiera.

Solleviamo la barca a mano, o utilizziamo l’apposito carrello, e facciamola scivolare in acqua. Quindi completiamo i nostri preparativi. A vele ancora ammainate, regoliamo la tensione delle cinghie per la nostra statura: ancorandoci bene con i piedi alle cinghie, proviamo a sporgerci fuori bordo. La tensione sarà quella giusta solo quando tutto il busto, compreso il sedere, potrà sporgersi fuori. Naturalmente, per non ribaltarvi, questa operazione richiederà l’aiuto di un compagno che, sporgendosi dall’altro lato, dovrà compensare con il suo peso l’inclinazione della barca. Prima di alzare le vele facciamo in modo di mettere la barca con prora al vento, vincolandola dallo strallo con una cima alla banchina se è possibile, o anche ad una boa; più comodamente un compagno potrà tenerla con una mano al “guinzaglio”, sempre dallo strallo. Così facendo la barca si disporrà da sola con la prora al vento.

A questo punto alziamo la randa fino in cima all’albero e, dopo aver mollato il vang, agevoliamo la salita dell’ultimo tratto della vela alzando con una mano il boma e facendo attenzione che la ralinga della caduta prodiera si infili correttamente nella canaletta dell’albero. Tesiamo bene la drizza e diamole volta (fissiamola) alla galloccia, vedremo poi come. Se abbiamo la prora al vento, e se la scotta della randa è ben in chiaro, libera di scorrere nei bozzelli senza bloccarsi, la vela fileggerà, ovvero sbatterà senza gonfiarsi a centro barca. Alziamo poi il fiocco, se non l’abbiamo già fatto prima. Tesiamo bene la drizza, diamole volta alla galloccia e verifichiamo che le due scotte siano libere di scorrere nei bozzelli. Armiamo adesso il timone e abbassiamone la pala parzialmente o completamente, a seconda del fondale che abbiamo; stessa cosa per quanto riguarda la deriva, e siamo pronti a partire.

Supponiamo ora di rientrare dalla navigazione e quindi di dover disarmare la barca. Come criterio generale dovremo eseguire le stesse operazioni che abbiamo effettuato per armarla, ma in ordine inverso.

IL VENTO COME RIFERIMENTO

Su una barca a vela, rotte, posizioni, manovre, sono sempre considerate in relazione al vento, e soprattutto alla sua direzione. In base a questa, regoliamo le vele, determiniamo la rotta, le andatura, le regole di precedenza, ed effettuiamo le varie manovre.Quindi, in barca, tutto è relativo al vento e risulta essenziale determinarne, prima di ogni altra cosa, la direzione. Il miglior indicatore che abbiamo è proprio la vela della nostra barca: quando la vela sbatte (ossia non si gonfia correttamente) vuol dire che è quasi in asse con la direzione del vento, e la vela si comporta come una bandiera. Ruotando lentamente la testa, la pelle della nostra faccia e le orecchie, colpite dall’aria, sentiranno per un momento più intensamente il vento; in questo modo individueremo rapidamente la sua origine. E ancora, i segnavento (nastrini attaccati alle sartie), le increspature della superficie dell’acqua (e non le onde che spesso non corrispondono al vento), le barche all’ancora (che in assenza di corrente si dispongono con la prora al vento), le bandiere che sventolano, il fumo dei camini a terra e i gabbiani che pinneggiano sempre col becco al vento, sono altri utili indicatori.

Consideriamo ora la nostra barca in navigazione, e in particolare la sua posizione rispetto al vento. Essa ha un lato sopravvento, che viene cioè investito per primo dal vento, e l’altro sottovento, dove si dispongono le vele. Se tracciamo una linea immaginaria, perpendicolare alla direzione del vento, e che passa per la nostra barca, dividiamo la superficie dell’acqua in due zone: una sopravvento, che viene spazzata dal vento prima della barca, e una sottovento, che riceve il vento dopo la barca.

E ancora, proseguendo con la terminologia, questa volta relativa alla posizione delle vele in barca, se è la fiancata di dritta ad essere colpita per prima dal vento, la barca ha mure a dritta e le vele saranno disposte sull’altro lato, a sinistra. Se invece il vento colpirà per prima la fiancata di sinistra, la barca ha mure a sinistra.

MODIFICARE LA ROTTA

Una qualsiasi barca che modifica la sua rotta, accosta a dritta o a sinistra. Per far questo spostiamo la barra del timone dalla parte opposta di dove vogliamo accostare. Anche sulla barca a vela questo è vero, ma poiché qui è tutto relativo al vento, oltre al termine accostare, si devono usare altri due termini, orzare e puggiare.Orziamo con la barca quando accostiamo verso il vento, ovvero quando avviciniamo la prora al punto da dove il vento soffia. Puggiamo invece, quando accostiamo allargandoci dalla direzione del vento, ovvero quando allontaniamo la prora dal vento. Se spostiamo la barra del timone verso il lato sottovento, ovvero verso le vele, orziamo Se spostiamo la barra del timone sopravvento, puggiamo.

Anche per mantenere una rotta, ovvero per andare diritti, dovremo puggiare e orzare leggermente in continuazione, per compensare le deviazioni dovute alle onde e al vento.

è bene dire subito che il timone risponde solo se la barca ha abbrivo (velocità). Infatti la barca per accostare ha bisogno, oltre che dell’inclinazione della pala, anche di un flusso d’acqua che colpisca questa pala. Ciò è possibile solo se la barca si muove. Succede spesso all’inizio infatti di trovarsi con la barca quasi ferma, le vele gonfie, la barra completamente sottovento (all’orza) e di non capire perché la barca non manovri. Non ha sufficiente abbrivo.

è bene anche sapere che, quando spostiamo il timone, oltre a modificare la rotta, freniamo, perché la pala oppone più superficie al flusso dell’acqua. Tale freno sarà più evidente quando abbiamo poco vento e per rendere minimo questo effetto indesiderato, non dobbiamo spostare la barra del timone bruscamente e, soprattutto, non dobbiamo spostarla con angoli eccessivi, rispetto all’asse longitudinale della barca.

IL TIMONE – Il timone ha effetto solo se la barca ha abbrivo (velocit&agrave) – Il timone è un freno.

REGOLAZIONE DELLE VELE

Per sfruttare il vento come mezzo propulsore dobbiamo, a seconda della rotta che teniamo, regolare le vele, ovvero orientarle rispetto alla direzione del vento. Per far questo utilizzeremo le scotte che teseremo o allenteremo. Se tesiamo la scotta cazziamo la vela e la avviciniamo all’asse longitudinale della barca, se allentiamo la scotta laschiamo la vela e la allontaniamo.Se la vela sbatte dovremo cazzarla perché è troppo lascata, mentre sarà ben più difficile accorgersi quando una vela è troppo cazzata, perché sarà bella gonfia. Per una giusta regolazione dovremo quindi cominciare sempre col lascare gradualmente la vela (che normalmente si tende a cazzare troppo) fino a quando comincia a fileggiare per poi ricazzarla quel minimo indispensabile per farla portare (gonfiare). Il segreto è quello di essere sempre vicini al limite del fileggiamento. Solo in questo modo avremo la vela ben regolata e il vento eserciterà su di essa tutta la sua spinta propulsiva.

ANDATURE

A seconda dell’angolo che il vento forma con l’asse longitudinale della barca possiamo definire le diverse andature, ovvero le rotte che scegliamo, non più rispetto alla meta che vogliamo raggiungere, ma solo rispetto alla direzione del vento. È abbastanza intuitivo che la barca a vela non può navigare controvento e, più esattamente, non può navigare in un certo settore, detto angolo morto, prossimo alla direzione del vento. Le vele, per quanto noi le cazziamo, si trovano in asse, o quasi, con la direzione del vento, senza riuscire a gonfiarsi. Se siamo nell’angolo morto e, tenendo le vele cazzate, puggiamo un pò fino a far gonfiare le vele, la barca naviga di bolina. Se dall’andatura di bolina puggiamo ancora un pò, fino a mettere la fiancata della barca perpendicolare alla direzione del vento la barca naviga al traverso. E puggiando ancora abbiamo il lasco, e infine, quando il vento viene esattamente da poppa, l’andatura di poppa. Se da questa andatura continuiamo a puggiare abbiamo un cambiamento di mure, ovvero le vele si spostano sull’altro lato. Da questo momento quindi, quello che prima era puggiare diventa orzare e, continuando a orzare, passiamo all’andatura di poppa, al lasco, al traverso, alla bolina per poi tornare a fermarci nell’angolo morto.Le andature portanti, sono i laschi (vedremo che ce n’è più di uno) e la poppa. In queste andature è intuitivo capire perché la barca si muove. Il vento incontra le vele come un ostacolo, spinge su di esse e permette alla barca di navigare. Un pò meno intuitive, per capire il movimento della barca, sono invece le andature strette, ovvero le boline (anche di bolina ce n’è più di una). In queste andature il vento viene deviato dalle vele e, torneremo in seguito sull’argomento, ciò permette alla barca, grazie anche alla deriva, di avanzare e di guadagnare acqua sopravvento, cioè di risalire il vento.

GLOSSARIO

Abbiamo usato molti termini nuovi per descrivere gli argomenti di questa prima puntata, termini che se riusciremo ad assimilare, ci consentiranno il prossimo mese di cominciare a navigare. Li riportiamo nell’elenco qui di seguito. Leggeteli e se avete dei dubbi, toglieteveli riguardando le pagine precedenti.

Abbrivo
Accostare
Agugliotto
Albero
Ammainare La Vela
Andature
Andature Portanti
Andature Strette
Angolo Di Drizza
Angolo Di Mura
Angolo Di Penna
Angolo Di Scotta
Angolo Morto
Armare
Balestrare La Drizza
Balumina
Barra Del Timone
Base Della Vela
Bolina
Boma
Bozzello
Caduta Prodiera
Canaletta
Cazzare La Vela
Cima
Cima In Chiaro
Cima Incattivata
Cima Intrecciata
Cima Ritorta
Cinghie
Cogliere La Cima
Corrente
Crocette
Dare Volta Alla Cima
Deriva
Disarmare
Dormiente
Dritta
Drizza
Duglia
Far Portare Una Vela
Femminella
Fileggiare
Fiocco
Galloccia
Golfare
Governare
Grillo
Inferire La Vela
Invaso
Lascare La Vela
Lasco
Linea Di Galleggiamento
Mure
Mure A Dritta
Mure A Sinistra
Ombrinali
Opera Morta
Orzare
Pala Del Timone
Poppa
Prora
Proravia
Puggiare
Ralinga
Randa
Rotta
Sartie
Scafo
Scassa Dell’Albero
Scassa Della Deriva
Scotta
Sopravvento
Sottovento
Specchio Di Poppa
Stecca
Strallo
Svuotatoi
Tasca
Tesa-Base
Timone
Traverso
Trozza
Vang

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