Dici “Wally” e tutti pensano a Luca Bassani.
Dici “Luca Bassani” e tutti pensano a un Wally. È davvero incredibile come il nome di un grande inventore della nautica internazionale sia così strettamente legato al suo “inventato”, tanto da formare un binomio pressoché indissolubile.

 

Wally
Wally Why200

Il fatto è che, a partire dal 1994, cioè appena cinque anni dopo aver lasciato la guida dell’azienda di famiglia, questo signore ha incominciato a dare poderose spallate al mondo del design e della progettazione, stravolgendo regole, demolendo luoghi comuni, sorprendendo il mercato, generando accese discussioni.
Insomma, un combattente inflessibile, definizione quest’ultima che, seppure in linea con i suoi successi di regatante e di top manager, in qualche modo contrasta con la sua proverbiale cordialità, le sue maniere gentili, il suo aspetto sempre sorridente.

 

Wally
Wallypower 58X

Intervista a Luca Bassani Antivari

Nel 2024 saranno 30 anni di Wally. Come festeggerà?

Innanzi tutto con due barche nuove molto belle: il Why100, che sarà pronto a fine anno ed è ancora da decidere dove presentarlo, e il WallyWind110 che verrà consegnato il prossimo giugno all’armatore – un cliente al suo terzo Wally – e che vedremo a Monaco. Sarà un altro bello step nel mondo della vela. Le dico solo che ha un pozzetto che, forse, si può trovare giusto in un 60 metri. Il layout della coperta è fantastico. È un open space che puoi decidere di fare come vuoi tu.

Una meravigliosa possibilità che tuttavia può spiazzare.

È vero. Certe volte tu dici all’armatore “fa’ quel che vuoi” e lui ti risponde: dimmelo tu che cosa devo fare! Se ai miei tempi mi avessero offerto un’opportunità del genere avrei fatto i salti mortali. Ma eravamo in meno, come clienti. Ed eravamo più appassionati, più competenti.

 

Wally
Wallywhy150

Wally da Wallygator, il simpaticissimo personaggio creato da Hanna e Barbera negli anni ’60. Nel cartone animato, cercava in tutti i modi un sistema per scappare dallo zoo. Il riferimento al mondo della nautica è puramente casuale?

La verità è molto più semplice: quando in famiglia decidemmo di acquistare una barca a vela più comoda, per andare tutti insieme in crociera, pensammo che dovesse essere di colore verde scuro. Quindi volevamo un nome che da una parte andasse bene con quel colore, dall’altra che fosse amichevole e rassicurante per il nostro bambino che aveva appena un anno e, come tale, avrebbe anche potuto aver paura – per come uso io la barca a vela – dello sbandamento, delle manovre concitate eccetera.  Sinceramente non ricordo a chi di noi venne l’idea, ma a un certo qualcuno di disse: ti ricordi Wallygator? È un coccodrillo, è verde, è un cartone animato, è simpatico e, soprattutto, piace tanto al bambino. Aggiudicato.

 

Wally
Wallygator

 

Quel Wallygator era una barca molto bella che però era già sul mercato. Ci racconti piuttosto come le è venuta in mente l’idea di progettare e realizzare una barca che non esisteva. Il primo Wally insomma.

Devo riconoscere di aver goduto di alcuni vantaggi per poter fare tutto questo. Per prima cosa, sono stato un cliente, per tanti anni e per tante barche. Un cliente molto appassionato, che faceva crociere ma anche regate in modo molto serio. Quindi conoscevo l’argomento da utente, che è una grande fortuna. Pochi architetti navali o titolari di cantieri sono anche clienti.

Questa è una cosa che mi ha aiutato molto nel capire che cosa mancava nelle barche per farle migliori. Poi ho avuto la fortuna di incominciare in un momento della mia vita in cui avevo grosse risorse finanziarie e potevo rischiare. Perché queste barche, così innovative, così di rottura, devi farle prima di tutto per te, perché non trovi un cliente che te le compra a scatola chiusa. Quindi, fatta la prima, fatta la seconda, sono partito. Tutto sulle mie spalle. Una grande fortuna. Con una libertà totale. 

Vogliamo ricordare qualcuno di quegli elementi così innovativi e di rottura?

Il primo Wally, del 1991, uno sloop di 83 piedi da me sviluppato con l’aiuto di Luca Brenta e costruito da Sangermani, ne presentava davvero parecchi: il primo albero in carbonio in una barca da crociera, la cabina dell’armatore a prua, il fiocco autovirante, niente volanti, un piano di coperta molto semplice. Tre anni dopo, il secondo Wally.

Stavolta, un ketch di 105 piedi progettato con l’aiuto delle prove in vasca navale, molto più tecnologico, tanto che, per costruirlo, dovetti cercare un cantiere già preparato a fare un salto del genere: scelsi Concordia, di Dartmouth. Nacquero così le vele in carbonio, il meccanismo dell’ancora in carena e tanto altro.

Tutto, però, sempre secondo la filosofia del “fast & easy”.

Ma certo. Trovo che sia una delle cose fondamentali. Tutte le nostre barche a vela sono nate per essere più comode, più veloci e più facili. Anche se grandi, devono poter essere governate da due, tre, quattro persone e non da otto, dodici, sedici. Quando ho iniziato con la Wally, avevo la presunzione di pensare: se riesco a fare una barca a vela che è veramente comoda, che è veramente facile oltre che essere divertente, sono convinto che ruberò tanti clienti dal mondo del motore, per farli diventare velisti.

 

Luca Bassani
Luca Bassani Antivari

Ma non è andata esattamente così.

È vero. Se non si diventa velisti è anche perché tuttora le barche a vela sono scomode, sono troppo difficili, se non sei molto pratico non le puoi far andare. Inoltre, la clientela più giovane appartiene al mondo digitale, dove tutto è immediato, alla portata di un tocco sullo schermo, e pensa che la barca a vela ti dia poco e sempre tardi.

Anche il mondo delle regate non aiuta, a quanto pare. Notoriamente lei è molto critico nei confronti dei sistemi di rating.

Basti pensare che penalizzano qualsiasi manovra che non sia manuale, che è assurdo per varie ragioni. Oggi hai il tuo uomo palestrato che ti fa girare il winch più velocemente e poi, quando ha finito, porta il suo peso sopravento modificando di fatto le condizioni. Se invece potessi usare il tuo motorino con pompa idraulica, che va più lento ed è sempre là, fisso al suo posto, sarebbe tutto più normalizzato. Insomma, il sistema idraulico o elettrico mi rallenta e tu mi penalizzi. Cambieremo questa cosa.   

Insomma, ha dovuto rinunciare a fare la sua nuova barca full-electric.

Per il momento sì. Mi sarebbe piaciuto farla subito tutta elettrica: winch, motore e tutto il resto. Ma il mio primo obiettivo è competere con gli altri e vincere. La classe di regata verrà dopo.

Crede molto nell’elettrico?

Credo nell’elettrico soprattutto se si tratta di sostituire il generatore. Quest’estate, per esempio, ho fatto due settimane di crociera su un Wally 144 piedi. Tutte le notti, aria condizionata alimentata solo dalle batterie. Ottimo.

 

Wally
WallyCento Tango

 

E che cosa pensa dei foil?

I foil non sono adatti alla crociera. Prima di tutto perché possono essere molto pericolosi. Ho visto persone gravemente ferite per essere cadute in acqua da una barca a vela a 10 nodi. A 30 si può morire. Non ci penso neanche per sogno.

Fino ad ora abbiamo parlato di vela, la sua grande passione. Tuttavia lei, a partire dal 2001, è stato rivoluzionario anche nel mondo del motore. Oggi i suoi WallyWhy sono, molto probabilmente, le barche che attirano più pubblico ai saloni internazionali.

Il motivo – mi dicono – è che, attualmente, dal punto di vista del volume, degli spazi, del comfort, il mercato non offre nulla di comparabile. Parlando di estetica, talvolta aggiungono: non hai fatto la barca più bella. Io dico: attenzione, parti dal fatto che questo è lo scafo di un rimorchiatore, perciò non può essere lungo, basso, slanciato.

Ma poi che colpa ne avrebbe lei, che neppure sa disegnare?

(Bassani ride alla battuta scherzosa) Ha ragione, è vero, ricorda bene. Nella mia testa è tutto chiaro e ben definito ma, a differenza di un bravo pittore, che immagina la sua opera e la sa realizzare, io ho bisogno di qualcuno che sappia usare la matita per trasformare le mie idee in un disegno.

E qual è il procedimento?

Mi siedo a fianco del mio disegnatore e gli dico: questo è il tipo di barca che dobbiamo disegnare. Potrà essere veloce o lenta, a motore o a vela. Lui comincia a metterlo giù e io gli dico: questo un po’ più così, quest’altro un po’ più su, ora riempiamo questa parte e alleggeriamo quest’altra. Così, pian piano arriviamo al risultato finale. Nel caso specifico della vela, abbiamo sul computer uno scafo di base, già sviluppato, sul quale, sempre procedendo in questo modo, apportiamo le modifiche necessarie.

Non deve essere facile, soprattutto per il disegnatore. Immagino che si tratti sempre di un superprofessionista.

La capacità e la professionalità sono essenziali, ovviamente, ma non sono le prime qualità che cerco.  La mia prima scelta va più sulla persona che sul professionista. Con quella persona devo trovarmi bene, devo poter interloquire con piacere.

Durante questa fase creativa, oltre a ottimizzare il più possibile il concetto di “fast & easy”, c’è anche una ricerca di bellezza? Oppure questa passa in secondo piano, prevalendo l’idea che quando si è a bordo della propria barca non se ne può cogliere l’estetica complessiva?

Io penso che la bellezza esteriore sia un fattore molto importante. Perciò sì, c’è una ricerca anche in questa direzione. L’armatore più contento è quello che, dopo aver usato la sua barca, scende a terra, si gira e dice “la mia è la più bella”. Però è anche vero che, normalmente, la percezione estetica è molto più limitata. In un porto o in un salone nautico si vedono soprattutto poppe o prue.

A proposito di saloni, ho il sospetto che, girando per una qualsiasi mostra nautica, lei non possa trovare qualcosa che le piaccia.

È vero. Ma non è presunzione. È che vedo sempre le solite cose, tutte già passate.

La sua abitudine a operare in piena libertà ha in qualche modo trovato un freno nel momento in cui, nel 2019, Wally è entrato nell’orbita del Gruppo Ferretti?

Semmai, il contrario. Devo dire che hanno avuto davvero tanto coraggio a puntare su barche così originali. Fino ad oggi è stato tutto ottimo.