Prendiamo questi polipi raggiati, rimpiccioliamoli e riuniamoli in colonie: eccoci nel mondo dei Coralli. Mentre le Attinie sono sempre suddivise in 6 parti, le forme coloniali possono avere 6 o 8 raggi. Negli Ottocoralli, ecco due esseri stranissimi, meravigliosi: gli Alcionacei e le Pennatule. Un asse carnoso, grosso quanto un manico da scopa, è conficcato nella sabbia. Se una sorta di sacca rosa è cosparsa di fiori cristallini, si ha un Alcionaceo che può paragonarsi a un giacinto; se invece uno stelo flessibile porta dei rametti sottili, si ha una Pennatula, che tanto nel nome quanto nell’aspetto ci ricorda una piuma. Purtroppo è assai raro, e per molti di noi sarà addirittura impossibile, vedere le Pennatule emettere di notte bagliori verdastri. Ogni polipo ha vita propria. Tuttavia la comunità di sposta per mezzo di movimenti ondulanti dell’asse della colonia. Chi comanda? Il grande zoologo Edmond Perrier che ha studiato a fondo gli esseri collettivi ha osato parlare di “coscienza sociale”. Se questi polipi di Ottocoralli non fioriscono su piedi carnosi, ma su scheletri calcarei, il supporto è detto “polipaio”; ne abbiamo molte forme ramificate. Se il polipaio è corneo, si hanno le Gorgonie, il cui nome ricorda le mitiche Gorgoni dai capelli di serpenti; le loro arborescenze si spiegano appiattite in larghi ventagli caratteristici sulle nostre coste, nei fondali siti da 10 a 50 metri di profondità. Se il polipaio è calcareo, si hanno le Tubipore dell’Oceano Indiano, dette “organi di mare” per i loro tubi accostati: e siamo così giunti al corallo.Il vero “corallo rosso” vive solo nel Mediterraneo; ambito ornamento femminile, ha rovinato la salute di tanti subacquei che oggi arrivano a 100 m e oltre; costituisce il tesoro agognato dai palombari di oggi. A lato delle rupi, al riparo degli strapiombi, il minuto candelabro di corallo è smorto, azzurrognolo nell’azzurro cupo dell’acqua profonda; ma basta che l’uomo porti un sole artificiale, una lampada, e subito il corallo diventa due volte rosa, per il suo albero spesso e per i fiori traslucidi a 8 petali denticolati che sbocciano o si ritraggono nella cavità punteggianti l’arborescenza calcarea. Se i polipi hanno 6 raggi, si hanno invece gli Esacoralli, le Madrepore, cioè i coralli delle scogliere tropicali. Il loro scheletro è assai differente. In realtà non è più solo un sostegno; il calcare si tramezza e l’animale, quando si ritrae, penetra entro le sue lamelle come cera molle. Minuscolo polipo, l’individuo fondatore si fissa, poi secerne calcare prima sotto il suo piede, poi in muraglie e setti raggianti; si forma così una colonna che va lentamente alzandosi. Frattanto il polipo produce per gemmazione altri polipi che, molli alla nascita, ben presto secerneranno a loro volta del calcare. Secondo che le gemmazioni divergano tra loro o si allineino, si hanno madrepore a rametti, a cespugli, a meandri, a palla. Generalmente le forme ramificate sono quelle delle acque calme, delle lagune; le forme massicce sono quelle delle acque mosse. Quasi sempre bianchi, questi “coralli” non sono affatto di “corallo”. Ammucchiandosi nei millenni, queste impalcature morte hanno costituito nel passato formidabili depositi (come le gole di Verdon e le Dolomiti) e formano oggi gli atolli tropicali ove, nelle acque superficiali tiepide e sabbiose, proliferano innumerevoli Esacoralli, frammisti a una meravigliosa esuberanza di tutta la vita marina.