Per un momento consideriamo il più semplice dei Metazoi, la spugna del tipo Ascon, che, in accordo con l’etimologia della parola, è un semplice “sacco”. La collettività di cellule sorelle forma una sorta di piccola coppa o urna fissata alla base e aperta dalla parte opposta. Ma le cellule non sono tutte simili: presentano tre varietà, ciascuna con la propria specializzazione. All’esterno dell’urna, cellule epiteliali formano un rivestimento contrattile e sensoriale; grazie alla loro sensibilità, avvertono la colonia dei pericoli esterni.Nello spessore del tessuto altre cellule, che hanno conservato il potere di scissione proprio dei Protisti, sono in grado di assicurare la riproduzione; e secernono anche lo scheletro che sostiene l’edificio. Infine, all’interno dell’urna vi sono le cellule caratteristiche degli Spongiari: munite di una frusta assomigliano esattamente a certi Flagellati, il che ha fatto pensare che gli Spongiari o Spugne fossero in origine colonie di Protozoi di questo tipo. I flagelli oscillano senza posa creando una corrente di acqua che entra nell’urna attraverso piccole aperture che formano la parete, i “pori inalanti”; e tutte le correnti escono attraverso l’apertura superiore; “l’osculo”. In tal modo l’acqua ricca di nutrimento bagna le cellule flagellate che non solo ne fissano l’ossigeno, ma catturano le particelle organiche, che minuscoli vortici, creati dalla forma dei collarini che circondano le fruste, portano a loro contatto. Ciò può anche essere dimostrato sperimentalmente; se l’acqua contiene del carminio, anche le cellule flagellate si colorano ben presto di rosso.

In altri Spongiari lo schema primitivo dell’urna o coppa si complica notevolmente; le pareti del sacco s’ispessiscono; tutta una rete di canali mettono in comunicazione numerose cavità, ciascuna dotata di un osculo che rimanda l’acqua; e le cellule flagellate si localizzano in zone dette “cestelli vibratili”. La prova migliore che una spugna non è un semplice aggregato di cellule, ma costituisce un organismo integrato, sta nel fatto che essa reagisce globalmente. Se è stimolata in un punto, se si punge, se si tocca con una sostanza tossica, se una delle sue parti è semplicemente esposta all’aria, tutti i pori si chiudono grazie al gioco delle cellule contrattili del rivestimento esterno. Così l’essere collettivo si difende e si conserva una provvista d’acqua. Queste reazioni sono però estremamente lente. Occorrono parecchie decine di secondi affinché si chiudano gli osculi posti a qualche centimetro dal punto d’eccitamento e lunghi minuti affinché l’insieme della spugna chiuda tutte le sue aperture.

L’organizzazione collettiva è dunque ancora assai primitiva. Ma l’importante è che essa esista, e che sia toccato un certo grado di complessità, poiché un insieme di Protozoi ha fondato una repubblica in cui ciascun membro compie, per il bene comune, lavori specializzati.

Pertanto se si divide una spugna in sottili particelle, se si passa il tutto in un setaccio minuti, si ricuperano cellule indipendenti, capaci di condurre una certa vita indipendente e perfino di spostarsi in un raggio limitato. Si trattava dunque proprio di esseri elementari uniti in colonie. E quando il caso fa incontrare di queste cellule così staccate, esse aderiscono l’una all’altra e ricostruiscono in tal modo la Spugna.

Conoscendo queste esperienze di frammentazione, si comprende la pratica di certe zone ove si pescano le spugne e in cui si tagliano a pezzi gli esemplari meno belli per “seminare” la zona che dopo sette o otto anni potrà essere di nuovo sfruttata. Questo tipo particolare di moltiplicazione avviene per opera dell’uomo. Normalmente la riproduzione si attua per via sessuale. Se anche le cellule dei due sessi sono prodotte dal medesimo tessuto di un medesimo individuo, ai fini dell’evoluzione il fatto è altrettanto importante quanto che sia abbandonata la divisione, di norma fra i Protozoi, o che abbia avuto inizio la fecondazione degli ovuli da parte degli spermatozoi. Le larve , nate nell’interno della Spugna, fuoriescono dagli osculi e fondano altrove una nuova colonia. Questa sciamatura, che è la norma nelle Spugne più semplici, non avviene nelle più complesse, in cui i giovani restano sul posto, cosicché la colonia “germoglia” sempre nuovi annessi, come una città attorno alla quale “s’innestano” nuovi quartieri.

Questa è l’organizzazione degli animali che formano la spugna delle nostre case. Queste colonie più o meno sferiche, diffuse nelle acque tiepide, sono oggetto di una vera industria nel mare Egeo, in Tunisia, in Siria, nelle Antille, in Florida. Alla pesca col tridente, alla raccolta per nuda immersione che richiede mare calmo e permette di raggiungere soltanto qualche decina di metri di profondità e mina la salute dei subacquei, costretti a scendere a 30 o 40 metri in due o tre minuti; alla raccolta con la draga, che strappa tutto e devasta zone intere, si è sostituita la pesca con lo scafandro, più razionale, meno sfibrante, ma abbastanza costosa. Quando vengono tolte dall’acqua, le Spugne sono nerastre, vischiose. Bisogna batterle e lavarle ripetutamente; scomparsa la materia organica – che non tarda a marcire – rimane solo il tessuto di sostegno, lo scheletro. Nei generi Euspongia e Hippospongia, sfruttati commercialmente, questo tessuto è fatto di fibre cornee che gli conferiscono l’elasticità.

Ma questa elasticità è eccezionale. Gli spongiari sono per la gran parte calcarei o silicei. Gli elementi di cui sono costituiti sono le “spicole”, bastoncini microscopici, aghi spinosi, arpioni, ancore, stelle, che si aggrovigliano talora in modo complicato e che, restando anche dopo la morte degli animali, costituiscono in certi mari caldi una parte importante, se non predominante, dei depositi dei fondali. Le spugne calcaree formano cuscinetti, incrostazioni, mammelloni, stalattiti o stalagmiti, di consistenza dura. Quelle silicee possiedono uno scheletro tanto fragile da essere dette “spugne di vetro”. Alcune come l’Euplectella dei mari tropicali profondi, presentano una mirabile delicatezza e una grande bellezza di forma, formando una sorta di cornucopia tessuta con sottilissimi fili di vetro. Benché ciò sia sorprendente, gli Spongiari possono essere dei distruttori formidabili. Alcuni perforano rocce e conchiglie, come le Clionidi, spugne silicee incrostanti assai comuni da noi. Falesie gessose, minate da gallerie, crollano; colture di ostriche vengono attaccate; quando le conchiglie sono forate da piccoli buchi gli ostricoltori dicono che hanno la “malattia del pan pepato”. Senza un organo speciale per fare dei buchi, senza una secrezione acida, come riesce la Spugna a forare il calcare?